È stata chiesta oggi dal sostituto procuratore generale di Milano Laura Bertolé Viale la conferma della condanna a sei mesi di reclusione inflitta in primo grado nel febbraio 2010 a tre fra dirigenti ed ex dirigenti di Google, ritenuti colpevoli di violazione delle norme sulla privacy: non hanno impedito la pubblicazione di un video sulla piattaforma web Google Video in cui si vede un minore disabile insultato e umiliato dai compagni di classe.
Al termine della requisitoria a conclusione del processo di appello, il sostituto pg ha affermato in aula che “non solo è stata violata la privacy dei minori ma sono anche state date lezioni di crudeltà a 5.500 visitatori”. Ha inoltre sostenuto che i “dirigenti di Google hanno omesso il controllo per fare profitto”. I sei mesi di reclusione richiesti sono con la sospensione condizionale della pena.
Pronta la replica di uno dei tre difensori di Google, Giulia Bongiorno. “Come è emerso chiaramente dalle indagini della polizia giudiziaria – ha detto – non vi era alcun messaggio pubblicitario connesso a Google Video e pertanto Google non ha tratto alcun profitto da questo o altri video”.
Un altro dei legali del big della tecnologia, Giuseppe Vaciago, ha sostenuto che il controllo non andava esercitato da Google ma dalla professoressa di quell’istituto tecnico di Torino dove il minorenne disabile venne insultato e ripreso dalla videocamera. Il filmato, caricato su Google Video l’8 settembre 2006, rimase online per due mesi, fino al 7 novembre, totalizzando 5.500 contatti. Quando le autorità italiane chiesero a Google di rimuoverlo, il motore di ricerca lo fece in meno di 24 ore.
La sentenza del processo d’appello è attesa per il 21 dicembre.
Giorgia Abeltino, Policy Manager di Google in Italia, ha commentato: “Come abbiamo sempre detto, ci sentiamo vicini al ragazzo, vittima di un atto di bullismo in quel video riprovevole. I bulli, responsabili per la violazione della sua privacy, sono già stati puniti. Confidiamo che nel processo d’appello verrà dimostrata l’innocenza dei nostri colleghi”.
Si è trattato di uno dei primi casi in cui un gigante dell’hi-tech finiva sotto accusa per violazione della privacy. Per questo fu definita “storica” la sentenza con cui, il 10 febbraio 2010, il Tribunale di Milano condannò a 6 mesi di reclusione David Carl Drummond (ex presidente del cda e legale di Google Italy), George Reyes (ex membro del cda di Google Italy, ora in pensione) e Peter Fleischer (responsabile policy sulla privacy per l’Europa di Google). Il giudice assolse invece Arvind Desikan (responsabile progetto Google Video per l’Europa).
All’epoca Google disse che la sentenza rappresentava “un attacco ai principi fondamentali di libertà sui quali è stato costruito Internet” e sottolineava che “la normativa vigente è stata definita appositamente per mettere al riparo dal danno di responsabilità gli Isp, a condizione che rimuovano i contenuti illeciti non appena informati della loro esistenza. Se siti come i blog, Facebook, Youtube vengono ritenuti responsabili del controllo di ogni video, significherebbe la fine di Internet come oggi lo conosciamo”.