Gli ultimi mesi di drammatici cambiamenti geopolitici, economici e persino climatici successivi alla pandemia, avranno un forte impatto sulle strategie di innovazione delle aziende italiane. Esse si trovano davanti uno scenario improvvisamente mutato dall’onda devastante del Covid e dalla guerra in Ucraina, con ricadute immediate sulle scelte di allocazione degli impianti produttivi e dei centri di ricerca e sviluppo (R&D). Un lungo ciclo di globalizzazione “estrema” sembra giunto alla fine a causa della crescente instabilità geopolitica.
Il paradigma del “mondo infinito” delle produzioni e dei commerci appare messo parzialmente in discussione dalla grande crisi logistica indotta dalla pandemia e poi dalla brutale aggressione russa nel cuore dell’Europa. Si è così accelerato un già esistente trend mondiale verso il rimpatrio degli impianti produttivi e del know-how strategico. Le imprese che hanno fabbrica e magazzino in luoghi vicini e sicuri scoprono di avere un vantaggio competitivo nei confronti di chi deve fare i conti con catene “lunghe” di approvvigionamento divenute fragili e dai costi crescenti.
Nuove tecnologie consentono di realizzare fabbriche di dimensioni più contenute a basso impatto ambientale, luoghi di produzione che l’architettura può trasformare in opere d’arte contemporanea mimetizzate con i preziosi paesaggi della vecchia Europa. La crescente importanza nella comunicazione commerciale di valori come l’eticità del lavoro e la sostenibilità ambientale spinge le imprese più consapevoli a ripensare profondamente le loro logiche produttive, con una crescente attenzione al benessere dei lavoratori e alla tutela del territorio.
Questi trend ormai evidenti – se accompagnati da adeguate scelte politiche e fiscali – favoriranno (insieme alla spinta al digitale dei fondi del Pnrr) gli investimenti produttivi in Italia generando una accelerazione tecnologica che potrebbe essere di dimensioni mai viste negli ultimi decenni. Si tratta di una straordinaria opportunità che però può essere colta solo se vi sarà una crescita dimensionale e culturale delle nostre imprese.
Per poter costruire un corretto percorso di innovazione (nei processi produttivi, nella organizzazione aziendale, nella comunicazione) occorrono imprese almeno medio – grandi, dotate di risorse finanziarie adeguate e di un management colto e consapevole della complessità della sfida. L’Italia ha moltissime micro e piccole imprese e poche imprese grandi e medie. Occorre sfatare il mito del “piccolo è bello” e favorire la crescita delle nostre Pmi. Il cuore delle aziende e sempre più “intangibile” e legato alla proprietà intellettuale (IP). La piccola impresa per quanto straordinaria nella qualità dei suoi prodotti, non ha le risorse finanziarie e di management necessarie per accompagnare ai processi produttivi la costruzione di adeguati “intelligenti” portafogli di IP che sono oggi indispensabili per affrontare i settori più avanzati del mercato. Innovare significa imboccare nuove strade spesso presidiate da concorrenti con brevetti e altri diritti di Ip. Non basta quindi investire in R&D, ma occorre avere visione della “geografia sotterranea” dei diritti IP dei concorrenti.
L’aumento degli investimenti in R&D delle imprese italiane deve comportare un aumento della brevettazione, riducendo il gap attuale, in particolare con la Germania. Attualmente le domande di brevetti europei depositate in sede Epo provenienti dalla Germania sono circa 26.000, contro le poco meno di 5.000 dall’Italia (Patent Index 2021). Se si considera che Germania e Italia competono in settori chiave come la meccatronica si capisce quanto sia importante aumentare in dimensione e qualità i portafogli brevettuali delle nostre aziende. Maggiori dimensioni e risorse sono necessarie anche per le nuove sfide dell’economia digitale, con l’affermazione di nuovi asset come i “Non Fungible Token” (Nft) e più in generale il nuovo mercato virtuale del “Metaverso” che imporrà un ripensamento radicale dell’uso dei segni distintivi (in primo luogo i marchi di impresa) coniugando l’uso del “brand” con nuove strategie di marketing digitale.
Insomma per l’economia italiana si tratta di valorizzare l’enorme competenza produttiva delle nostre imprese attraverso l’adozione di una cultura dell’innovazione per affrontare da una posizione di forza le sfide del prossimo futuro