Un piano di risanamento finanziario pensato per abbattere il debito ma non corredato da un efficace piano industriale sarebbe inutile. È questo il giudizio dei sindacati alla notizia di una prossima vendita della società guidata da Stefano Pileri, pubblicata oggi dal settimanale Il Mondo.
“Il rilancio di un’azienda ricca di attività come è Italtel – spiega Alberto Monticco, segretario nazionale della Fim-Cisl – deve necessariamente ripartire dall’elaborazione di un serio piano industriale in grado di rafforzarla e mantenerla solida anche dopo un’eventuale vendita. Ma finora da parte dell’amministratore delegato Stefano Pileri non è arrivato nessun segno in questo senso”.
Secondo Moniticco l’ulteriore taglio dei posti di lavoro – secondo il piano di vendita i dipendenti passeranno da 1700 a 1000 unità – rischia di depauperare le professionalità interne all’azienda “Al nuovo taglio di 700 unità previsto – ricorda il sindacalista – vanno aggiunte altri 600 addetti che in questi ultimi due anni hanno lasciato. Non c’è modo di rendere competitiva un’impresa solo tagliando e non valorizzando la forza lavoro; forza lavoro che, nel caso di Italtel, è altamente qualificata”.
Della necessità di puntare a un piano industriale parla anche Roberta Turi, segretario nazionale della Fiom-Cgil e responsabile Ict che analizza anche i potenziali acquirenti: “Se fosse vero quanto riportato – spiega Turi – credo che solo le cinesi Huawei e Zte abbiano la possibilità di rilevare Italtel perché sono le sole che stanno cercando di penetrare nel mercaio italiano. Dubito che Alcatel Lucent, che versa in una situazione finanziaria difficile e sta pensando a dismissioni, sia in grado di sostenere un simile investimento. Non vedo incece che interesse potrebbe avere Siemens, a meno che non voglia investite tramite la joint venture Nsn che però, come sappiamo, sta affrontando non pochi problemi”.
Il prossimo 16 gennaio è previsto un incontro tra azienda e sindacati per discutere dei contratti di solidarietà e della cassa integrazione riguardante alcuni addetti. “Vediamo se in quella sede riusciamo a sapere di più”.
Secondo quanto riportato oggi dal settimanale Il Mondo, Italtel sarà venduta nella primavera del 2014, come riporta Il Mondo. Secondo il settimanale, la procedura è già stata decisa nelle bozze di patto di sindacato tra i possessori degli strumenti partecipativi (sfp) che verranno emessi a conversione di 153 milioni di prestiti: a decidere saranno dunque Unicredit, Ge Capital, Bpm e Cisco, con il residuo degli strumenti equity in mano a Telecom Italia. All’asta – sottolinea il settimanale – saranno invitate almeno 5 cinque società interessate tra cui spiccano Huawei, Zte, Siemens e Alcatel Lucent nonché altre aziende di sistemi di tlc. Nella trattativa saranno coinvolti solo i detentori di sfp con un obiettivo di prezzo a tendere non inferiore a 300 milioni.
Se la vendita dovesse andare a buon fine verranno prima rimborsate le banche che hanno erogato la nuova finanza e poi i prestiti prededucibili e super senior. Infine verranno ripagati pro-rata i titolari di sfp e l’eventuale eccedenza andrà ripartita tra chi ha accettato il sacrificio del debt equity swap e gli attuali azionisti, Telecom e Cisco, con il 44% a testa.
L’intero piano prevede che Unicredit, Ge Capital, Bpm e altre banche meno esposte convertano 98,5 milioni di crediti riscadenzandone altri 60 a sette anni e confermando 132 milioni di linee di revolving. Cisco convertirà 50 milioni di crediti, accordando a Italtel forniture massime per 71 milioni di dollari, mentre Telecom Italia si impegnerà a comprare prodotti fino al 2016. Inoltre la compagnia di Franco Bernabè pagherà subito ad Italtel 10 milioni a transazione e stralcio di vecchi contenziosi.
Ultimo capitolo del piano riguarda la nuova finanza. Italtel ha già incassato 23 milioni da Unicredit, Cisco e Telecom; altri sostegni finanziari serviranno come back up per coprire i pagamenti ai fornitori (15,8 milioni) e i due terzi dei costi di ristrutturazione.
Sul versante occupazionale, i dipendenti passeranno da 1700 a 1000 nel giro di due anno (un taglio di 18 milioni a regima) con costo on-off di 33 milioni inclusi i 28 stanziati per incentivi alle uscite.