ANTITRUST

Cook, Schmidt & Co in tribunale: accusa di cartello sulle assunzioni

I numeri uno delle multinazionali dell’hi-tech chiamati a deporre per presunta violazione delle leggi antitrust: Apple, Google, Intel tra le altre accusate di accordi sottobanco per non assumere i rispettivi dipendenti

Pubblicato il 18 Gen 2013

apple-jobs-111111124559

Tim Cook, amministratore delegato di Apple, è stato chiamato a deporre in tribunale per presunta violazione delle leggi antitrust: la sua e altre aziende dell’hi-tech, tra cui Google, Intel, Adobe (ma anche le cinematografiche Pixar e Lucasfilm), si sarebbero messe d’accordo per non assumere i rispettivi dipendenti, evitando così di vedersi scippare i più talentuosi ma soprattutto di dover aumentare lo stipendio ai possibili fuggitivi per evitare il passaggio alla concorrenza.

A convocare in aula a San José (California) il numero uno del colosso fondato da Steve Jobs è stata la giudice Lucy Koh, già salita agli onori delle cronache per aver presieduto la causa per violazione di brevetti di Apple contro Samsung, che ha visto gli statunitensi prevalere sui sudcoreani, costretti a versare alla Mela 1,05 miliardi di dollari di risarcimento, poi ridotti a 664 milioni.

Stavolta si tratta di un’azione legale privata avviata da alcuni ex impiegati di un gruppo di aziende tecnologiche americane. Durante l’udienza di ieri, il giudice Koh ha sottolineato che Tim Cook era stato messo in copia nelle email scambiate dalle aziende in relazione a questo accordo, perciò “è difficile credere” che non sapesse. Quindi ha deciso la convocazione del top-manager. Sempre dietro richiesta di Koh, il presidente di Google, Eric Schmidt, dovrà deporre il 20 febbraio, mentre i legali dell’accusa hanno chiesto la deposizione del Ceo di Intel, Paul Otellini, per la fine di questo mese.

Già nel 2010 il Dipartimento di Giustizia statunitense appurò, al termine di un’indagine, che queste stesse aziende tenevano una lista di persone da non chiamare per evitare intromissioni nello staff dei competitors. Il Dipartimento dichiarò che un comportamento del genere limitava la competizione e danneggiava i dipendenti. Tra le altre cose scoprì che, a maggio 2005, alti dirigenti di Apple e Adobe avevano concordato di evitare “cold calls” (cioè chiamate dirette) ai reciproci impiegati, mentre nel 2006 erano stati stretti analoghi accordi tra Apple e Google, e l’anno seguente tra la Mela e Pixar.

In realtà la pratica di evitare le “cold calls” è piuttosto nota tra gli addetti ai lavori, ma stavolta il caso è approdato in tribunale.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati