La cattiva gestione del debutto in Borsa di Facebook, il 18 maggio scorso, potrebbe costare a Nasdaq Omx Group, società che controlla il listino tecnologico statunitense, una multa da circa 5 milioni di dollari.
Lo rivela il Wall Street Journal, specificando che la cifra è circa l’1% dei costi provocati a Wall Street dai problemi avvenuti durante l’Ipo (Initial Public Offering), stimati in 500 milioni di dollari.
Sempre secondo il quotidiano finanziario, il Nasdaq è in colloqui preliminari con la Sec (Securities and Exchange Commission, la Consob statunitense) per raggiungere un accordo in merito. La cifra si andrà ad aggiungere ai rimborsi ai clienti per 62 milioni di dollari che il listino dei titoli tecnologici si è già offerto di pagare.
L’indagine della Sec è durata 8 mesi. Se la sanzione verrà emanata, sarà la seconda volta nella storia americana in cui l’organismo di vigilanza sulla finanza Usa infligge una multa a un organismo di Borsa. La prima era stata a settembre, quando il Nyse Euronext, società capogruppo del New York Stock Exchange, aveva accettato di versare 5 milioni di dollari per presunte comunicazioni di dati sul mercato ad alcuni clienti prima di altri.
Nel giorno dell’Ipo di Facebook i sistemi del Nasdaq si sono inceppati, provocando l’accumularsi di una lunga fila di ordini prima dell’inizio delle contrattazioni, che peraltro sono iniziate con 30 minuti di ritardo rispetto all’ora prevista. E, nelle 3 ore successive, il listino dei titoli tecnologici non ha inviato conferme di vendita degli ordini ai broker.
Ma non è soltanto il Nasdaq ad avere responsabilità nel flop iniziale in Borsa del titolo Facebook. I banchieri di Morgan&Stanley e altre società di Wall Street sono stati criticati per aver gestito un’operazione in cui il prezzo iniziale delle azioni di Fb era stato fissato a 38 dollari, per poi scendere rapidamente.
In sostanza, a detta di tutti gli osservatori, l’Ipo è stata un flop. A pesare sul titolo il contesto economico generale ma anche le perplessità del mercato sulle reali prospettive di Facebook, in particolare sulla sua capacità di generare utili. Nel mirino soprattutto il business pubblicitario, che pesa per l’85% sui ricavi di Facebook, e i ritardi del social network sul fronte dell’advertising via smartphone.