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Garante Privacy: wi-fi “libero” negli esercizi pubblici

I negozianti possono mettere a disposizione dei clienti connessioni e pc senza richiedere i dati personali. Stoppani (Fipe): “Così si favoriscono i progetti di smart city”

Pubblicato il 14 Feb 2013

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“Dando ragione all’interpretazione di Fipe, l’Autorità garante della Protezione dei dati personali ha confermato che gli esercenti pubblici possono mettere liberamente a disposizione degli utenti la connessione wi-fi ed eventualmente Pc e terminali di qualsiasi tipo”. Lo annuncia in una nota la Federazione italiana pubblici esercizi aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia. “A sollevare la questione – sottolinea la Fipe – era stata un’interpretazione controversa sollevata da provider che forniscono programmi di archiviazione. A loro dire, sui gestori di bar e ristoranti incombeva l’obbligo di registrazione dei dati da parte degli utenti, così come dovevano essere anche ritenuti corresponsabili dei siti visitati dai loro clienti in caso di connessione alla rete con l‘accesso telematico fornito dal locale”.

Secondo il presidente Fipe, Lino Stoppani “la connessione wi-fi libera nei pubblici esercizi va verso la direzione delle smart city“. “Bar, ristoranti, discoteche, stabilimenti balneari diventano sempre più interattivi e sono così in grado di offrire ai clienti un servizio importante nell’era del digitale”.

“Con questa interpretazione, che conferma quella da subito data da Fipe, i gestori dei locali – continua la Fipe – saranno sollevati da qualsiasi responsabilità rispetto alla navigazione in Internet da parte dei loro clienti e, nel caso volessero entrare in possesso di informazioni più dettagliate riguardo all’uso della rete, dovranno richiedere al consumatore di firmare l’autorizzazione al trattamento dei dati personali”.

Il Garante, nella risposta fornita a Fipe, ha infatti ribadito che questo caso rientra fra quelli in cui non può essere effettuato il trattamento dei dati personali senza necessità del consenso del soggetto interessato. “Pertanto, in primo luogo, gli esercenti che ancora dispongono di strumenti per il monitoraggio e l’archiviazione dei dati – spiega – possono eliminarli, senza il rischio di alcuna responsabilità, rendendo così realmente libero il servizio di wi-fi offerto”. “Altrimenti, se vogliono continuare ad utilizzare tali sistemi in maniera legittima – conclude la Fipe – sono tenuti a rendere informati i propri avventori dell’utilizzo che viene fatto dei dati monitorati, attraverso la sottoscrizione da parte loro del consenso al trattamento degli stessi”.

Il Garante ha inoltre stabilito che una società non può controllare il contenuto del pc di un dipendente senza averlo prima informato di questa possibilità e senza il pieno rispetto della libertà e della dignità del lavoratore. La decisione del Garante sul ricorso presentato da un dipendente che era stato licenziato senza preavviso dalla propria azienda. L’uomo si era rivolto sia alla magistratura ordinaria, per contestare la stessa fondatezza dell’accusa e il relativo licenziamento, sia al Garante per opporsi alle modalità con cui la società avrebbe acquisito e trattato i suoi dati.

Dai riscontri dell’Autorità è emerso che una serie di documenti, sulla base dei quali il datore di lavoro aveva fondato la sua decisione, erano contenuti in una cartella personale del pc portatile assegnato al lavoratore. La società vi aveva avuto accesso quando il dipendente aveva riportato il computer in sede per la periodica operazione di salvataggio dei dati (back up) aziendali. Contrariamente a quando affermato dall’impresa, non risulta però che l’uomo fosse stato informato sui limiti di utilizzo del bene aziendale, né sulla possibilità che potessero essere avviate così penetranti operazioni di analisi e verifica sulle informazioni contenute nel pc stesso.

Il Garante ha ribadito che il datore di lavoro può effettuare controlli mirati al fine di verificare l’effettivo e corretto adempimento della prestazione lavorativa e, se necessario, il corretto utilizzo degli strumenti di lavoro.

Tale attività, però, può essere svolta solo nel rispetto della libertà e della dignità dei lavoratori e della normativa sulla protezione dei dati personali che prevede, tra l’altro che alla persona interessata debba essere sempre fornita un’idonea informativa sul possibile trattamento dei suoi dati connesso all’attività di verifica e controllo. Il Garante ha quindi vietato alla società ogni ulteriore utilizzo dei dati personali così acquisiti. Sarà invece l’autorità giudiziaria a valutare l’utilizzabilità nel procedimento civile già in corso della documentazione acquisita agli atti.

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