È da fine dicembre che il Consiglio di amministrazione della Fondazione Ugo Bordoni è in regime di prorogatio. Ciò per effetto della spending review che prevede una drastica riduzione dei consiglieri dagli attuali sette a tre. Di questi, due devono essere indicati dal ministero dello Sviluppo Economico d’intesa con l’Agcom; il terzo verrà nominato dalla Presidenza del Consiglio. Il presidente sarà scelto all’interno di questa terna.
Chi si aspettava che fosse il governo Monti con un colpo di acceleratore a nominare il nuovo vertice della Bordoni prima della scadenza elettorale è andato deluso. È ormai chiaro che la responsabilità delle nomine competeranno al governo che seguirà.
Da tempo in cerca di una chiara identità e di un ruolo definito che le diano prospettive più stabili per il futuro, la Fondazione Bordoni deve gran parte del suo fatturato alle committenze della mano pubblica. E questo nonostante i tentativi di aprirsi alle commesse dei privati. L’aspetto “pubblicistico” è del resto rivendicato dalla stessa Bordoni. Nel sito Internet vanta la propria identità di organismo di diritto pubblico ai sensi della legge 69/2009, interpretazione confermata anche da un parere dell’Avvocatura dello Stato e ribadita nei mesi scorsi in un’intervista al Corriere delle Comunicazioni dal presidente Alessandro Luciano, anch’egli ora in prorogatio.
In concreto, per la Bordoni ciò significa la possibilità di vedersi attribuite dai vai ministeri dei compiti di studio e di ricerca al di fuori di gare pubbliche. Una specie di in house delle telecomunicazioni sui generis.
È in questa logica che sono state attribuite alla Bordoni ricerche e consulenze sulle emissioni elettromagnetiche, sulla trasformazione della televisione da analogica a digitale, sulla liberazione delle frequenze in vista della gara Lte. Ma le sono stati attribuiti anche compiti non strettamente di ricerca o scientifici come la tenuta del registro delle opposizioni (contro lo “spamming” del telemarketing) ed il call center di aiuto ai cittadini (dovrebbe avviarsi a marzo) che potranno segnlare e ricevere informazioni in caso di interferenze fra il segnale televisivo digitale e quello della quarta generazione mobile.
Proprio i compiti attribuiti alla Bordoni ed il suo carattere di “organismo di diritto pubblico” richiedono una attenzione particolare da parte del nuovo governo nella scelta dei nuovi vertici. Ad esempio, la selezione dovrebbe avvenire attraverso una procedura di selezione pubblica, con un bando che stabilisca in tutta trasparenza i criteri di nomina e le competenze richieste ai candidati.
C’è poi da chiedersi se, per un’istituzione che ha l’amministrazione pubblica come referente finale, abbia senso tenere unita come avviene oggi la funzione di presidente e quella di direttore generale. Non avrebbe più senso sdoppiare le funzioni, come è sempre stato in passato, affidando al presidente un ruolo di rappresentanza e garanzia istituzionale mentre al direttore generale, come figura professionale e manageriale distinta, competerebbero le responsabilità più specifiche della gestione ? E non si può dire che ne soffrirebbe la spending review: raddoppio di incarico significa anche somma delle remunerazioni.