Gli Stati Uniti accusano due presunte spie cinesi di aver cercato di interferire e ostacolare l’indagine contro Huawei. Gouchun He e Zheng Wang, i due agenti, avrebbero coltivato rapporti con un funzionario americano coinvolto nel caso dal 2017 considerando l’uomo un asset cinese. Il funzionario invece faceva il doppio gioco sotto la supervisione dell’Fbi. Nel mirino degli Stati Uniti finiscono in tutto 13 cittadini cinesi, inclusi He e Wang, accusati di aver cercato di influenzare gli Stati Uniti.
Le accuse del Dipartimento di Giustizia
L’annuncio delle accuse contro i due presunti agenti è arrivato quando il procuratore generale Merrick Garland ha dettagliato altri due casi in cui agenti dell’intelligence cinese hanno contattato dissidenti all’interno degli Stati Uniti e fatto pressioni sugli accademici statunitensi affinché lavorassero per loro. Garland ha affermato che i casi hanno mostrato che la Cina “cercava di interferire con i diritti e le libertà delle persone negli Stati Uniti e di minare il nostro sistema giudiziario che protegge tali diritti. Il Dipartimento di Giustizia non tollererà i tentativi di qualsiasi potenza straniera di minare lo stato di diritto su cui si basa la nostra democrazia”, ha affermato il procuratore in una conferenza stampa.
È da tempo che Washington accusa Pechino di intromettersi nella politica statunitense e di aver tentato di rubare proprietà intellettuali. Ma la mossa per smascherare l’operazione di spionaggio ha segnato un’escalation da parte del Dipartimento di Giustizia. “Questo è stato un tentativo eclatante da parte dei funzionari dell’intelligence di Pechino di proteggere una società con sede nella Repubblica popolare cinese dalla responsabilità e di minare l’integrità del nostro sistema giudiziario”, ha detto il procuratore generale Merrick Garland.
Secondo la ricostruzione delle autorità, gli ufficiali dell’intelligence cinese Guochun He e Zheng Wang hanno tentato di orchestrare un piano per rubare il promemoria sulla strategia dell’accusa, gli elenchi dei testimoni e altre prove riservate dall’ufficio del procuratore degli Stati Uniti per il distretto orientale di New York. I documenti relativi a He e Wang si riferiscono solo a una società di telecomunicazioni senza nome con sede in Cina, ma l’entità in questione sarebbe per l’appunto Huawei, secondo una fonte a conoscenza della questione citata dai media.
La ricostruzione del caso
Stando all’accusa, gli agenti cinesi hanno pagato circa 61 mila dollari in Bitcoin a un funzionario del governo degli Stati Uniti che credevano fosse stato reclutato per lavorare per il governo cinese ma in realtà lavorava come doppiogiochista per l’Fbi. Il funzionario ha fornito agli agenti cinesi alcuni documenti che sembravano presentare alcune delle informazioni che cercavano, ma le carte in realtà erano state preparate dal Dipartimento di Giustizia e non rivelavano incontri reali o strategie processuali. Nel 2021 He e Wang avrebbero chiesto al doppiogiochista dell’Fbi cosa aveva appreso dall’ufficio del procuratore degli Stati Uniti a New York e quali dipendenti Huawei erano stati interrogati dai pubblici ministeri federali per ottenere informazioni sul caso.
Il mese successivo, il funzionario ha inviato loro un documento fatto per sembrare un promemoria strategico interno etichettato come “segreto” e ha discusso un piano per incriminare e arrestare due dipendenti Huawei che vivono in Cina, per il quale avrebbe pagato una tangente da 41 mila dollari in Bitcoin. La tangente iniziale è stata seguita da un secondo pagamento di 20 mila dollari da parte di He come “ricompensa” nel settembre 2022, afferma l’accusa.
Per i due uomini sono stati emessi mandati di arresto, ma è improbabile che vengano mai presi in custodia, visto che si suppone abbiano sede in Cina.
Il commento dell’Fbi
Il governo cinese “continuerà ad incontrare il Federal Bureau of Investigation sul suo cammino, se continuerà a violare le leggi degli Stati Uniti”, ha commentato il direttore dell’Fbi, Christopher Wray, durante una conferenza stampa organizzata subito dopo quella del Dipartimento di Giustizia. “A Pechino pensano che lo stato di diritto rappresenti una debolezza, ma si sbagliano: i nostri processi democratici, così come la nostra partnership con gli alleati, sono armi che la Cina non possiede”, ha detto. Wray “Stiamo assistendo a uno sforzo coordinato per dominare interi settori con modalità illegali e concorrenza sleale nei confronti delle aziende statunitensi: queste forme di aggressione rappresentano violazioni dello stato di diritto, e sono tese ad appropriarsi della nostra capacità di innovazione“, ha continuato il numero uno dell’Fbi, aggiungendo che Pechino cerca anche di “silenziare chiunque tenti di denunciare queste attività”. Quest’ultimo aspetto, ha continuato, è un tentativo di ostacolare “i processi giudiziari di un sistema indipendente come quello statunitense”.