L'INDAGINE

Ricerca & Innovazione, l’allarme del Ced: “Italia poco propensa ad investire”

Secondo lo studio “Crescere insieme” del Centro Economia Digitale, gli Usa riescono a estrarre il massimo valore dagli investimenti con un ritorno di 9.6 dollari a fronte di 1 messo in campo. In Europa la media è di 5.29. Il nostro Paese è ben sotto con 4.29. Il presidente Rosario Cerra: “Effetti negativi sulla dinamica della crescita e della produttività”

Pubblicato il 02 Dic 2022

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Qual è l’impatto degli investimenti in Ricerca e Innovazione nelle principali economie occidentali? La risposta arriva dallo studio econometrico contenuto nel Rapporto 2022 “Crescere insieme” del Centro Economia Digitale (SCARICA QUI IL DOCUMENTO COMPLETO), il quale rivela che sono gli Stati Uniti (per 1 dollaro investito in R&S ritorno medio di 9,60 dollari) il Paese che riesce a estrarre il massimo valore in termini di impatto economico dagli investimenti sia pubblici (10,88) che privati (9,09). Il divario con l’Europa (medio 5,29) è forte, sul lato pubblico (6,18) e specie nel ritorno degli investimenti privati (eu 3,81). E le differenze tra Italia (medio 4,29), Francia (4,89) e Germania (6,08)  – puntualizza lo studio – ci sono e non sono a nostro favore.

L’importanza degli investimenti pubblici: il modello Usa

Lo studio mostra come il contributo della R&S pubblica risulti positivo e significativo, con un livello medio del moltiplicatore della spesa pari a 6,81 nei paesi Ocse considerati, 10,88 negli Stati Uniti e 6,18 in Europa. Un risultato che sottolinea “l’importanza  – spiega l’analisi – di disporre di un sistema pubblico della ricerca di alta qualità e dei ritorni economici generati dagli effetti di spillover di conoscenza associati alla produzione di conoscenza scientifica e tecnologica”.

In questo senso, amcora una volta è il modello statunitense quello più capace di attivare un circolo virtuoso tra investimenti pubblici e privati. “Nel caso degli Stati Uniti  – si legge – entrambe le leve (sia pubblica sia privata) risultano essere capaci di generare stimoli importanti e di intensità analoga per lo sviluppo dell’economia. Il valore del moltiplicatore medio degli investimenti privati in R&S è infatti pari a 9,09 negli Stati Uniti, mentre è 3,81 nei paesi europei considerati”. Questo risultato segnala da un lato come gli effetti moltiplicativi della R&S risultino essere in generale significativi sia nella componente privata sia pubblica, ma che il sistema innovativo degli Stati Uniti è quello che riesce a estrarre il massimo valore in termini di impatto economico dagli investimenti sia pubblici che privati in ricerca e innovazione. Il risultato  – chiarisce il documento – “si spiega guardando alla struttura del sistema innovativo statunitense e alle politiche industriali realizzate in questo Paese nel corso degli anni. Negli Usa la forte vitalità del settore privato si accompagna alla capacità del settore pubblico di stimolare l’innovazione anche assumendosi rischi che le imprese private non sempre sono disposte a correre. Lo Stato svolge storicamente un ruolo pro-attivo, realizzando investimenti rilevanti in nuove aree tecnologiche e sostenendo le imprese attraverso commesse pubbliche in attività altamente innovative creando così nuove opportunità di mercato”.

In Italia bassa propensione agli investimenti R&S

E l’Italia? “In Italia la crescita economica è stata la grande assente degli ultimi decenni – scrive nel Report Rosario Cerra, fondatore e presidente del Centro Economia Digitale -. Se si eccettua la forte ripresa intervenuta nella fase post-pandemica il ritmo di crescita strutturale dell’economia italiana appare tra i più deboli nei principali paesi. Tra i nodi fondamentali da affrontare e che contribuiscono in maniera significativa a spiegare le deludenti performance dell’Italia in termini di crescita e di dinamica della produttività, quello della bassa propensione agli investimenti in Ricerca e Sviluppo (R&S) risulta essere particolarmente rilevante. Inoltre la struttura produttiva italiana caratterizzata da una prevalenza di pmi, che con grandi capacità e sacrificio rappresentano l’economia diffusa, tuttavia, oltre a non poter contribuire in modo rilevante all’intensità degli investimenti in R&S rispetto al Pil, non favorisce la diffusione e il pieno utilizzo delle tecnologie digitali, con effetti negativi sulla dinamica della crescita e della produttività. La performance italiana si inserisce, poi, in un quadro di debolezza dei paesi europei rispetto allo sviluppo di capacità tecnologiche e produttive particolarmente rilevanti nell’ambito delle transizioni gemelle (digitale e verde), che rappresentano le direttrici principali lungo le quali si svilupperà la crescita economica nei prossimi anni”.

La voce dei Ceo

Il report “Crescere insieme” contiene anche una serie di capitoli scritti direttamente dagli amministratori delegati dei soci Ced sulla crescita del Paese e il contributo delle loro aziende: per Eni Claudio Descalzi, per Enel Nicola Lanzetta, per Leonardo Alessandro Profumo, per Open Fiber Mario Rossetti, per Tim Pietro Labriola e per Tinexta Pier Andrea Chevallard. Il documento si chiude con alcune proposte di policy da tutti condivise.

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