Le proposte della Commissione europea sul lavoro tramite piattaforme digitali scontentano Univendita, la maggiore associazione del comparto della vendita diretta a domicilio, aderente a Confcommercio. Non sono le nuove misure in sé a generare perplessità ma la definizione di lavoro su piattaforma digitale e l’inclusione del settore nelle nuove norme.
“Siamo di fronte a una proposta di direttiva Ue (Pwd – Platform workers directive) che rischia di allargare in modo indiscriminato la definizione di ‘piattaforma digitale’, coinvolgendo praticamente tutte le aziende che utilizzano strumenti elettronici per l’organizzazione del lavoro. Ecco perché il testo in discussione a Bruxelles ci preoccupa sia rispetto alla natura giuridica del tutto peculiare, e ampiamente normata, dell’agente di commercio ed agli incaricati alla vendita diretta a domicilio sia in relazione al rapporto tra agenti e incaricati con l’azienda”, ha dichiarato Ciro Sinatra, presidente di Univendita, a proposito della proposta di direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro mediante piattaforme digitali, il cui testo è attualmente in esame alla Commissione per l’Occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo.
La presunzione legale di lavoro subordinato
Univendita ha inviato una lettera ai parlamentari che stanno vagliando la direttiva e sta contattando tutti gli europarlamentari italiani, oltre a coinvolgere il ministro del Lavoro, Marina Calderone: “La proposta di direttiva parte dal presupposto che non sia mai consentito ‘controllare’ il lavoro degli autonomi, neppure impartendo loro determinate istruzioni, cosa peraltro prevista e regolamentata dalle norme italiane, ed elenca dunque una serie di criteri che fanno scattare la presunzione legale di lavoro subordinato. Tuttavia, l’agente di commercio – così come l’incaricato alla vendita diretta a domicilio – è una figura giuridica particolare”, spiega l’associazione nella missiva, sottolineandone la connaturata autonomia professionale.
In questa figura “rientra proprio il possibile ‘controllo’ di alcuni aspetti del suo lavoro, che garantisce diritti e obblighi sia al proponente che all’agente e all’incaricato alla vendita”.
“Dato l’elevato numero di incaricati alle vendite e agenti di commercio con cui lavorano le nostre imprese in Italia e in Europa, oltre 150mila, e il frequente scambio personale e verbale tra l’azienda e i venditori, sarebbe quasi impossibile dimostrare l’assenza di istruzioni improprie che violerebbero i diritti e lo status giuridico di un agente commerciale autonomo e di un incaricato alla vendita”, aggiunge l’associazione della vendita diretta.
La definizione di lavoro su piattaforma digitale
Univendita afferma che l’idea che sottende alla proposta di direttiva europea non si adatta allo status giuridico di incaricati e agenti di commercio in quanto già i rapporti contrattuali esistenti potrebbero far scattare la presunzione legale di lavoro subordinato”. Sinatra teme “conseguenze molto gravi” per il comparto e chiede agli eletti Ue di approvare modifiche “utili a meglio precisare e chiarire la definizione di lavoro su piattaforma digitale, escludendo così l’attività delle nostre imprese e dei venditori che operano nella vendita diretta a domicilio dallo scopo della proposta di direttiva”.
La proposta di direttiva dell’Ue
La Commissione europea ha proposto una serie di misure volte a migliorare le condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali e a sostenere la crescita sostenibile delle piattaforme di lavoro digitali nell’Ue.
Le nuove norme serviranno a garantire che le persone che lavorano mediante piattaforme di lavoro digitali possano godere dei diritti e delle prestazioni sociali loro spettanti. Vi sarà anche una protezione aggiuntiva per quanto riguarda l’uso della gestione algoritmica (ossia di sistemi automatizzati che affiancano o sostituiscono le funzioni dirigenziali sul luogo di lavoro).
Nel dettaglio, la proposta di direttiva mira a garantire che la situazione occupazionale delle persone che lavorano mediante piattaforme di lavoro digitali corrisponda, a livello giuridico, ai loro effettivi contratti lavorativi.
Essa prevede un elenco di criteri di controllo volti a determinare se la piattaforma è un “datore di lavoro”. Nei casi in cui la piattaforma soddisfa almeno due di tali criteri, giuridicamente si presume che essa sia un datore di lavoro. Le persone che lavorano mediante tali piattaforme godrebbero quindi dei diritti sociali e dei lavoratori che derivano dalla condizione di “lavoratore subordinato”.
Per coloro che sono riclassificati come lavoratori subordinati, ciò significa il diritto a un salario minimo (laddove esista), alla contrattazione collettiva, a un orario di lavoro e alla tutela della salute, a ferie retribuite o a un migliore accesso alla protezione contro gli infortuni sul lavoro, alle prestazioni di disoccupazione e di malattia, nonché alle pensioni di vecchiaia contributive.
Le piattaforme avranno il diritto di contestare o “confutare” questa classificazione, con l’onere di dimostrare che non esiste un rapporto di lavoro a loro carico.