Il piano Intel per l’apertura, nella prima metà del 2023, di una fabbrica di chip nella città di Magdeburgo, nella Germania orientale starebbe marciando al ralenti. E’ quanto riferisce il quotidiano regionale Volksstimme, secondo cui il gigante dei semiconduttori punta a ricevere più sussidi pubblici. “I lavori di bonifica del sito, compreso il reindirizzamento di una linea elettrica, stanno procedendo”, puntualizza il sindaco Simone Borris che fa chiarezza in merito alle notizie di stampa. “Per le indagini archeologiche e la loro documentazione, questa settimana abbiamo firmato l’accordo con l’Ufficio statale per la conservazione dei monumenti e l’archeologia. Le indagini inizieranno il 2 gennaio”.
Crescono le sfide geopolitiche, diminuisce la domanda di chip
L’impianto è giudicato fondamentale per i piani della Germania e dell’intera Unione Europea, che vogliono rafforzare la resilienza del continente aumentando la produzione a livello locale dopo che la pandemia e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia hanno evidenziato i rischi di catene di approvvigionamento lunghe e globali.
Ma secondo la stampa locale l’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime avrebbe impattato sui calcoli iniziali della società statunitense. Laddove Intel aveva originariamente preventivato costi per circa 17 miliardi di euro, la stima ora si aggira sui 20 miliardi di euro, dice il quotidiano tedesco, precisando che il colosso statunitense sta discutendo con il governo su come colmare un “gap” di finanziamento. “Il divario è emerso in questa situazione attuale. Stiamo lavorando con i partner del governo per portare avanti il progetto“, ha scritto il quotidiano citando testualmente Intel, secondo il cui portavoce “le sfide geopolitiche sono cresciute e la domanda di semiconduttori è diminuita. Ciò significa che non possiamo ancora dare una data definitiva per l’inizio della costruzione” dell’impianto.
I tagli annunciati a ottobre e il rebus del progetto italiano
I piani per l’Europa potrebbero essere impattati dalla riorganizzazione annunciata dall’azienda che intende tagliare fino a 10 miliardi di costi all’anno entro il 2025 (3 miliardi solo nel 2023), anche attraverso un numero non precisato di licenziamenti: si tratta di un piano annunciato a ottobre, attraverso il quale la società presieduta da Pat Gelsinger punta a compensare una guidance deludente per l’intero anno fiscale.
Sul fronte italiano ancora tutto tace. Rispetto al possibile insediamento di Intel nella Penisola, sempre a ottobre il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, aveva fatto sapere che “sarà l’azienda a decidere la sede dell’investimento rispetto alle condizioni che riterrà più congeniali, mentre il compito del governo è di creare, insieme con le Regioni, le migliori condizioni per portare in Italia questo importante e significativo investimento in un asset strategico per l’economia nazionale. Infatti, non dobbiamo dimenticare che si tratta di un’iniziativa privata a cui dobbiamo fornire il migliore supporto. Agiremo come una squadra nazionale”. E da allora non si è saputo più nulla.