IL REGOLAMENTO AGCOM

Equo compenso per i contenuti online: trovata davvero la quadra?

Se una piattaforma, in primis Meta e Google, utilizza un articolo o un contenuto editoriale protetto da copyright per fare business – pubblicità, anche targhettizzata e profilazione degli utenti- dovrà corrispondere una parte dei guadagni. Per Capitanio un contrasto forte al far web. Ma Giomi ha votato contro: provvedimento “debole”, editori non adeguatamente tutelati e oneri sproporzionati per le web company. E i sindacati chiedono tavoli ad hoc

Pubblicato il 20 Gen 2023

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Agcom interverrà per stabilire l’equo compenso solo ed esclusivamente se i soggetti in campo non troveranno tra sé un liberalissimo e privatistico accordo, come già succede in molte parti del mondo. Avere, però, un Regolamento è un presidio culturale, un dogma di civiltà e anche un segnale: quello che è illegale offline, è illegale anche online”. Il Commissario Agcom, Massimiliano Capitanio, in un post su Linkedin fa il punto sul provvedimento in materia di determinazione dell’equo compenso per l’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico, in attuazione dell’art. 43-bis della legge sul diritto d’autore.

Stop al far web

“Con l’approvazione della delibera sull’equo compenso per i contenuti editoriali che viaggiano in rete, ma anche nelle rassegne stampa, Agcom ha posto un altro fondamentale pilastro per garantire ai cittadini e agli Stati un ecosistema digitale che sia sicuro, concorrenziale e regolato. Sostanzialmente più bello. Non uso per banalità il concetto di bellezza. La bellezza racchiude l’idea dell’accessibilità garantita e protetta, dell’armonia dei vari soggetti che devono convivere, della legalità. L’opposto del far west, del disordine, della logica della prevaricazione o, come amano dire alcuni, del “far web”. A questo nobile scopo mirano le direttive europee e le diverse modalità di recepimento messe in campo dai parlamenti nazionali”.

Il giornalismo deve liberarsi dalla logica acchiappa click

Capitanio evidenzia che “equo compenso vuol dire semplicemente che se una piattaforma, il primo rimando è a Meta o Google, utilizza un articolo o un contenuto editoriale protetto da copyright per fare business – pubblicità, anche targhettizzata, profilazione degli utenti, e così via-, allora deve corrispondere una parte dei guadagni a chi quel prodotto lo ha realizzato e pagato. Il Regolamento Agcom prevede, ovviamente, di tenere conto anche del traffico di reindirizzamento che le piattaforme portano agli editori online. La speranza, auspichiamo non utopica, è che questo meccanismo solleciti anche un aumento della qualità dei prodotti giornalistici, che andrebbero liberati dalla schiavitù dell’“acchiappa click””. Il Commissario sottolinea che per questa ragione  la delibera sull’equo compenso cammina in maniera parallela e sinergica con l’altro provvedimento recentemente adottato e oggi in consultazione sul contrasto alla pirateria audiovisiva. “Non è tollerabile che ogni anno avvengano in rete furti di contenuti editoriali stimati in almeno 1,7 miliardi di euro senza che nessuno intervenga. Guardare una partita o un film su canali illegali è un reato, oltre che un rischio di sicurezza per lo stesso utente. Quindi la pirateria va estirpata, almeno nelle sue forme più diffuse e grossolane. È questione di regole, ma soprattutto di cultura e civiltà”.

La posizione contraria della Commissaria Giomi

Ha votato contro il provvedimento la Commissaria Elisa Giomi. “Il regolamento per calcolare il compenso agli editori di giornali quando le piattaforme utilizzano i loro articoli è un’occasione persa per favorire finalmente un punto di equilibrio tra editori e piattaforme, protagonisti di un racconto troppo spesso polarizzato” dichiara la Commissaria, sottolineando che “questo regolamento non tutela adeguatamente gli editori e al contempo impone oneri sproporzionati alle piattaforme, ostacolando anziché facilitare le negoziazioni tra le parti”.

Modello di calcolo rigido e possibili squilibri

Giomi spiega che il regolamento prevede che, in caso di mancato accordo, il compenso dovuto agli editori sarà calcolato attraverso un metodo rigido basato su quanto le piattaforme guadagnano dalla pubblicità online sui contenuti giornalistici. Il prezzo dovrebbe farlo invece chi produce quei contenuti, cioè gli editori, e la trattativa partire da questo. “È come se, entrando in un negozio, ci venisse richiesto di pagare un certo articolo in base a quanto guadagniamo invece che  in base al prezzo richiesto dal venditore, come avviene di norma. Cosa accadrebbe se le piattaforme dovessero utilizzare i contenuti giornalistici senza prevedere spazi pubblicitari? I loro guadagni sarebbero nulli, quindi, secondo il modello prodotto da Agcom, potrebbero continuare a sfruttare quei contenuti senza tuttavia dover corrispondere alcun compenso agli editori”.

Secondo Giomi il modello dell’Autorità sarebbe iniquo anche sul fronte delle piattaforme: “Il massimo del 70%  cui può arrivare il compenso agli editori è stabilito senza alcuna ratio ed è comunque molto distante dagli accordi presi tra editori e piattaforme in altri paesi, come emerso dalla cosiddetta consultazione pubblica in cui sono stati ascoltati gli uni e le altre, consultazione che avevo proposto al Consiglio di rendere pubblica. Il Regolamento potrebbe alimentare aspettative falsate per entrambe le parti che potrebbero polarizzarsi agli estremi opposti, le piattaforme verso lo zero e gli editori verso il 70%, così ostacolando il negoziato. Se si considera poi che il modello di prezzo proposto non si basa su alcuna analisi o dato di tipo economico, così producendo incertezza nel regolamento, il rischio è di andare incontro ad una lunga stagione di contenziosi tra le parti e tra queste e l’Autorità”. Secondo Giomi “sarebbe invece stato utile un Regolamento che, rispettando appieno il dettato normativo e l’intenzione del legislatore, favorisse la negoziazione in buona fede tra le parti con il fine di raggiungere un accordo equo”.

I sindacati: “Ora apertura di tavoli ad hoc”

“Il regolamento approvato da Agcom, che rimanda alla sottoscrizione di accordi attuativi, ci vede in prima linea come Slc Cgil nell’insistere su quell’azione che abbiamo intrapreso già negli scorsi mesi a tutela di un settore, quello dell’editoria digitale, dove ormai viaggia l’informazione osteggiata però dalla mancanza di diritti e paghe dignitose che, tante volte, rischiano di rendere più debole la stessa informazione, causando un danno importante alla collettività e alla democrazia del Paese. Per questo continueremo sulla strada già intrapresa e chiederemo, insieme alle altre organizzazioni sindacali, di convergere sull’apertura di tavoli ad hoc con le controparti datoriali, nell’ottica di un avanzamento delle tutele dei lavoratori e della cultura democratica della cittadinanza”. Lo scrive in una nota la Slc Cgil.

L’Associazione stampa online plaude al provvedimento

“Dopo mesi di negoziazione è stato approvato il regolamento in materia di equo compenso per le pubblicazioni giornalistiche in rete. Sin dal primo giorno come Anso abbiamo portato avanti la posizione degli editori nativi digitali che in questi 20 e più anni hanno avviato migliaia di nuove realtà editoriali, creato posti di lavoro e pubblicato prodotti editoriali di altissima qualità”, sottolinea Matteo Rainisio dell’Associazione Nazionale Stampa Online. “Abbiamo sempre ribadito che per noi l’importante era poter continuare a sfruttare il traffico generato dalle diverse piattaforme: da Google a Facebook, da Twitter a TikTok. Adesso le piattaforme e gli editori potranno continuare a lavorare insieme, ma soprattutto gli editori nativi digitali potranno continuare a prosperare grazie al traffico proveniente da tutte queste piattaforme”.

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