Da alcuni giorni le principali associazioni dei consumatori – Adiconsum, Adoc, Cittadinanzattiva, Federconsumatori, Udicon – hanno iniziato la loro battaglia contro i rincari sui servizi di Tlc: “Sono previsti incrementi minimi fissi del 5%, a partire dal 1° gennaio 2024, anche in caso di tasso di inflazione inferiore a tale livello”, scrivono in una nota denunciando l’impossibilità per i consumatori di esercitare il diritto di recesso – quest’ultima una fake news considerando che il consumatore ha sempre la possibilità di esercitare il diritto di recesso nei tempi e nei modi consentiti dalla legge e dalle clausole contrattuali. E peraltro gli operatori comunicano con ampio anticipo eventuali variazioni – via sms o via email nonché sui propri siti internet -e molti non prevedono neanche più penali né vincoli temporali nel caso di rescissione o cambio operatore.
La questione degli aumenti tariffari
Ma veniamo alla questione degli aumenti tariffari. I dati Istat parlano chiaro (si veda grafico): all’indice dei prezzi al consumo si evince l’ultimo posto delle Comunicazioni, addirittura con un -1,3%. Il tutto mentre nel 2022 si è registrata una crescita media annua dei prezzi al consumo dell’8,1%, segnando l’aumento più ampio dal 1985 (quando fu +9,2%) – evidenzia l’Istat – principalmente a causa dall’andamento dei prezzi degli energetici (+50,9% in media d’anno nel 2022, a fronte del +14,1% del 2021). Al netto di questi beni, lo scorso anno, la crescita dei prezzi al consumo è pari a +4,1% (da +0,8% del 2021). L’inflazione acquisita, o trascinamento, per il 2023 (ossia la crescita media che si avrebbe nell’anno se i prezzi rimanessero stabili per tutto il 2023) è pari a +5,1%, più ampia di quella osservata per il 2022, quando fu +1,8%.
In Italia le tariffe più basse al mondo
Dunque secondo le associazioni dei consumatori le telco dovrebbero restare fuori da questa ondata: non si capisce in base a quale criterio. E poco conta la sofferenza del settore – questione annosa e decisamente precedente alla crisi macroeconomica innescatasi a seguito del conflitto in Ucraina – figlia di una guerra dei prezzi senza eguali a livello mondiale. Secondo i dati di Statista (si veda grafico) l’Italia, dopo Israele, è il paese con le tariffe per il mobile internet, ossia di prezzo per Giga, più basse al mondo. Poco conta dunque per le associazioni che i pacchetti siano ormai all-inclusive con sms e giga illimitati. Poco conta che in ballo ci sia il destino di migliaia di lavoratori: Vodafone si prepara a licenziamenti corposi e bisognerà capire cosa succederà in casa Tim a seguito della riorganizzazione societaria e le altre telco hanno già effettuato tagli in passato per tenere testa a situazioni economicamente non sostenibili.
La botte piena e la moglie ubriaca
Se da un lato le associazioni considerano quello delle comunicazioni “un settore vitale per il Paese: riveste un ruolo strategico nello sviluppo, nella democrazia, nonché si configura come un servizio universale e quindi indispensabile per i cittadini/consumatori” e “per questo richiede un’attenzione particolare e scelte strategiche nell’interesse dell’intera collettività”, dall’altro – dimenticandosi della competizione agguerrita di mercato che ha consentito proprio ai consumatori di beneficiare di tariffe stracciate, escludono categoricamente aumenti tariffari definiti “ingiusti” , condizioni contrattuali anch’esse “ingiuste” perché “a farne le spese saranno i cittadini”.
È ovvio che a farne le spese siano i cittadini se guardiamo ai prezzi in salita: è la logica inflattiva che si è accompagnata peraltro in questi mesi spesso e volentieri con quella speculativa. Basta guardare quanto successo nel caso dell’energia e dei carburanti, mentre le Tlc tutto hanno fatto tranne che speculare. E in una delle fasi più critiche, quella del Covid, hanno sostenuto i consumatori con Giga extra e pacchetti agevolati, andando a potenziare le attività di manutenzione delle reti e i nuovi investimenti in particolare nelle aree più periferiche a sostegno dello smart working e dell’operatività di aziende, industrie e dell’economia tutta. Ma evidentemente qualcuno se n’è dimenticato.
L’impatto sulla qualità dei servizi
Si sono chieste le associazioni dei consumatori quali sarebbero gli impatti a catena a danno dei consumatori derivanti da una crisi irreversibile delle Tlc? Il primo è inevitabilmente l’abbattimento della qualità dei servizi, in particolare quelli di connettività. Meno risorse da investire significa meno upgrade, meno manutenzione, meno garanzia di qualità. Già oggi ci sono tutta una serie di criticità mai sanate: a chi non è capitato di innervosirsi – per usare un eufemismo – quando il segnale non prende in determinate località e persino all’interno degli edifici? O quando in metropolitana e sui treni si fa fatica a comunicare? Non ci si lamenti poi se la situazione peggiorerà.