L'INTERVISTA

Pagani (Bocconi): “E-commerce, social net chiave di volta”

Secondo l’esperta per facilitare la propensione degli italiani all’acquisto online le aziende devono puntare sulle web community. “Le interazioni tra utenti fondamentali nel processo di fidelizzazione del brand o del prodotto”

Pubblicato il 09 Apr 2013

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“La sicurezza è un fattore frenante per lo sviluppo dell’e-commerce in Italia”. Margherita Pagani, docente di digital marketing alla Bocconi, non ha dubbi sul perché l’e-commerce nel nostro paese stenta a decollare.
Siamo alle solite: gli italiani hanno paura che venga clonata la loro carta di credito se comprano online?
Tra gli italiani permane una certa resistenza ad effettuare acquisti via web per timore di clonazioni. Ma si teme anche per una poco attenta gestione del dato personale che viene rilasciato durante la transazione, o da parte dell’e-tailer oppure da parte di terzi che riescono ad entrare nella piattaforma.
Cosa possono fare le aziende per creare fiducia nel consumatore?
Si stanno già mettendo in campo azioni di fidelizzazione, sfruttando i social media: brand page o location based social network. La strategia di social media engagement verte su azioni dedicate per stimolare la partecipazione attiva con l’obiettivo di coinvolgere maggiormente il potenziale cliente che potrà “condividere” informazioni su un prodotto con gli “amici” o la localizzazione e beneficiare così di sconti, mentre l’azienda potrà raccogliere dati utili sul cliente stesso per sviluppare strategie di marketing “personalizzate”.
Un primo passo per convincere il cliente a comprare online?
L’azienda crea fiducia nel consumatore e lo fidelizza al brand aprendo la strada al social commerce. Il social commerce è una forma di e-commerce che utilizza prevalentemente i social media per dare supporto alle interazioni tra gli utenti e per dare assistenza ai processi di acquisto online. Tutto questo cambia alla radice anche le stesse strategie di marketing e di pubblicità, che possono diventare ancora più efficaci e più mirate.
Quindi il coinvolgimento diventa un driver di sviluppo per l’e-commerce, anche al di là dei timori per la sicurezza?
In un certo senso sì. Alcuni studi dimostrano che sia il coinvolgimento personale sia quello sociale – derivante dal fare parte di una community – influenzano il comportamento del consumatore, facendo leva su diverse esperienze sottostanti: il senso di comunità, la percezione di divertimento, l’esperienza di partecipazione degli utenti. Il coinvolgimento sociale ha effetti positivi sulla propensione all’acquisto.
Alcune aziende stanno guardando al mobile commerce, “saltando” l’e-commerce. Come mai secondo lei?
Ci sono due aspetti: il primo riguarda il fatto che l’Nfc è sempre più diffuso sugli smartphone e questo mette le telco nelle condizioni di puntare a fare business in questo settore; il secondo riguarda il fatto che la tecnologia Nfc consente di effettuare transazioni “mobile” addebitando l’importo sulla sim. Questa possibilità – volendo provare a risolvere il tradizionale timore degli italiani per la clonazione – può essere un efficace viatico. Ma in Italia il mobile commerce è ancora allo stadio iniziale, non essendoci un ecosistema che metta insieme telco, banche e retailer.
Stiamo assistendo a un fenomeno interessante: molte aziende che operano online stanno passando all’offline, aprendo sportelli o store. Lei come lo spiega?
Si tratta di un fenomeno marginale che riguarda alcuni settori specifici, come quello bancario, dove la multicanalità serve per diversificare il servizio in un contesto competivo a sé stante. Funziona meno nei settori del food e dell’abbigliamento dove la competizione si fa sul prezzo e online è più facile tenere i prezzi bassi.
Nell’Agenda digitale non c’è l’e-commerce. Lei come giudica questa mancanza?
Serve un impianto normativo con regole certe per le transazione online che risolva in maniera organica il nodo della sicurezza o l’e-commerce rischia di rimanere al palo ancora per lungo tempo.

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