TEMPESTA TLC

Telefonica pronta a uscire da Telecom Italia

Indiscrezioni da Madrid: si punta a vendere il 10,5% in caso di intesa Telecom-3 Italia. Ma la compagnia spagnola ribadisce: “Investimento in Telco è di natura industriale, non finanziaria e di lunga durata”

Pubblicato il 09 Apr 2013

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Telefonica sarebbe pronta ad uscire dal capitale di Telecom Italia in caso di integrazione con 3 Italia. Stando a quanto riportato a Bloomberg, la compagnia spagnola punterebbe a vendere il 10,5% detenuto in Telco. Nessuna decisione ufficiale è stata comunque presa a Madrid ma – spiegano fonti vicine alla vicenda – Telefonica “sarebbe riluttante a un accordo che potrebbe portare a ulteriori perdite”. Oggi Telco è valutata circa 1,2 miliardi di euro. Telefonica non commenta i rumors su una possibile vendita delle sua partecipazione indiretta in Telecom ma un portavoce ribadisce che l’investimento in Telco ”è di natura industriale e non finanziaria e di lunga durata”.

Intanto i soci di Telco, secondo quanto si apprende in ambienti finanziari, sarebbero per altro alla finestra aspettando di avere indicazioni più precise sul progetto di integrazione tra le attività di Telecom e Hutchison Whampoa, dossier che sarà sul tavolo del consiglio di amministrazione di Telecom giovedì prossimo.

Hutchison Whampoa vuole la maggioranza relativa di Telecom Italia, nell’ambito del progetto di integrazione fra Telecom e 3 Italia. Nella proposta di memorandum of understanding – riportata dal Messaggero – inviata da Li Ka Shing, patron del colosso asiatico, al presidente Franco Bernabé, si suggerisce un’operazione più complessa che porti al conferimento di 3 Italia in Telecom ad un valore da definire, ma anche il passaggio della maggioranza relativa di Telecom stessa ad Hutchison Whampoa. Tramite gli advisor finanziari di Goldman Sachs, prosegue il quotidiano, Li Ka Shing avrebbe fatto sapere che Hutchison Whampoa sarebbe disponibile a comprare per cassa un quantitativo di azioni per salire fino al 29,9% del capitale del gruppo, appena sotto la soglia dell’Opa.

La proposta asiatica si fermerebbe però a 1,2 euro per ciascuna azione, cioè al valore di carico dei titoli da parte di Telco. Potrebbe quindi acquistare i titoli da Telco, ma anche sul mercato o da Findim. Bernabè parlerà del dossier al Cda previsto per giovedì mattina, illustrerà vantaggi industriali e rischi di una collaborazione. Poi la parola spetterà agli azionisti.

Telecom da parte sua ribadisce quanto già precisato lo scorso 5 Aprile, ovvero che “tra la società e il Gruppo Hutchison Whampoa sono in corso contatti preliminari non vincolanti, volti a verificare la fattibilità di un percorso di integrazione”.

“Il tema – puntualizza la nota – sarà esaminato nella riunione consiliare convocata per il prossimo giovedì 11 Aprile, al termine della quale si procederà alla diffusione di un comunicato al mercato, come da normative applicabili”. In Borsa, il titolo Telecom ha guadagnato oggi il 3,8% a 0,59 euro.

Secondo gli analisti di Intermonte “se confermata, sarebbe un’ottima notizia per i soci di Telco, che sono Generali con il 30,4%, Intesa Sanpaolo con l’11,6% e Mediobanca con l’11,6%”. “Gli attuali valori di carico a 1,2 euro per azione a fine 2012 assegnano alla quota di Generali un valore di 282 mln euro, mentre le quote di Intesa Sanpaolo e Mediobanca valgono 107 mln euro – spiegano – Questa ipotesi sarebbe pertanto positiva per gli azionisti italiani di Telecom, anche se resta difficile credere che Hutchison paghi 1,2 euro le stesse azioni che potrebbe comprare sul mercato a meno della metà”.

Secondo Niccolò Pini gestore azionario di B.Ifigest un eventuale matrimonio tra Telecom Italia e Hutchison Whampoa “potrebbe dare il via a un effetto domino a livello europeo, sulla scia di quanto gà’ avvenuto in America”. “Visto il forte debito dell’azienda e l’andamento del titolo, sarebbe una grande boccata d’ossigeno per tutti i soci Telco, a iniziare dagli azionisti bancari (Mediobanca e Intesa Sanpaolo, ndr) che infatti oggi si stanno apprezzando piu’ per questo che per l’andamento degli spread”, spiega Pini.

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