Il 2022 è stato l’anno peggiore da sempre per la cybersecurity: con 2.489 incidenti gravi a livello globale, di cui ben 440 in più rispetto al 2021, la crescita annua registrata è stata del 21%. La media mensile degli incidenti è stata 207, contro i 171 dell’anno precedente. Il picco massimo dell’anno – e di sempre – si è registrato nel mese di marzo, con 238 attacchi.
E in questo quadro l’Italia ha tristemente svolto un ruolo da protagonista: durante l’anno, nel nostro Paese è andato a segno il 7,6% degli attacchi globali (contro il 3,4% del 2021). In numero assoluto sono stati 188 gli attacchi verso l’Italia, dato che segna un incremento del 169% rispetto all’anno precedente. A completare il quadro nazionale, la gravità elevata o critica nell’83% dei casi.
Sono i dati che emergono dal Rapporto Clusit 2023 illustrato in anteprima da Clusit, l’Associazione italiana per la sicurezza informatica, in vista della presentazione ufficiale in programma all’apertura di Security Summit, a Milano dal 14 al 16 marzo prossimi.
Il ruolo della guerra in Ucraina in un trend già in crescita
Negli ultimi cinque anni si è verificato un cambiamento sostanziale nei livelli globali di cyber-insicurezza mondiali – hanno commentato i ricercatori di Clusit illustrando i trend di crescita degli incidenti – al quale non è corrisposto un incremento adeguato delle contromisure adottate dai difensori. Dal 2018 al 2022 è stata rilevata una crescita degli attacchi pari al 60%; nello stesso periodo la media mensile di attacchi gravi a livello globale è passata da 130 a 207. In un contesto di cybercrime già in costante crescita, nel 2022 il conflitto tra Russia e Ucraina ha attivato capacità cibernetiche offensive utilizzate dai contendenti, dai loro alleati e in generale dai principali attori globali a supporto di attività di cyber-intelligence, di cyber-warfare e di operazioni ibride.
Faggioli: “Necessaria un’evoluzione nell’approccio”
Secondo i ricercatori di Clusit, per quanto oggi in ambito intelligence e militare prevalgano ancora gli attacchi di natura tipicamente clandestina rispetto a quelli condotti con finalità di degrado, negazione o distruzione di sistemi e infrastrutture digitali, questa proporzione appare destinata a cambiare in un prossimo futuro: il processo di rapida adozione e messa in campo di strumenti cyber-offensivi sofisticati sarà difficilmente reversibile, e in prospettiva potrebbe causare gravi conseguenze in un mondo già fortemente digitalizzato ma sostanzialmente impreparato ad affrontare minacce di questa natura. Commentando i dati relativi agli attacchi nel nostro Paese, il presidente di Clusit, Gabriele Faggioli ha dichiarato: “È necessaria una ulteriore evoluzione nell’approccio alla cybersecurity. Occorre non solo che permanga il driver normativo, ma che si mettano in atto a tutti i livelli i processi di valutazione e gestione del rischio per il business, atti a calibrare adeguatamente gli investimenti sulla base delle reali necessità”. “Serve inoltre pensare in ottica di razionalizzazione degli adempimenti normativi, oltre ad evolvere in chiave di economia di scala, di condivisione della conoscenza, delle risorse e dei costi cyber, considerando che tanti piccoli investimenti autonomi non fanno una grande difesa ma solo tante inefficienti difese”, ha proseguito Faggioli. “Auspichiamo che in Italia le iniziative istituzionali siano sostenute anche dalle singole imprese e pubbliche amministrazioni, in un’ottica di collaborazione pubblico-privato, tramite la costituzione e l’evoluzione di processi adeguati di monitoraggio della sicurezza, incident management, crisis management, e servizi Soc, tra gli altri”, ha concluso.
Attacchi record nel mondo e in Italia
Gli attacchi cyber hanno registrato nel 2022 a livello globale e nazionale il valore più elevato di sempre e la maggior percentuale di crescita annua. Nell’illustrare i dati, i ricercatori e gli esperti di Clusit hanno evidenziato che si tratta di una fotografia esemplare, che tuttavia rappresenta soltanto la punta dell’iceberg, data la tendenza complessiva delle vittime a mantenere riservati gli attacchi cyber subìti, nonostante l’esistenza di normative ormai consolidate, come il Regolamento Gdpr e la Direttiva Nis in Europa ed altre in fase di adozione come Nis2, Dora o il Cyber Resiliency Act.
Oltre che in quantità, su scala globale gli attacchi nel 2022 sono cresciuti anche in gravità, arrivando a livelli di impatto elevato o critico nell’80% dei casi, dato allineato al contesto italiano, ovvero con una ripercussione rilevante per le vittime a livello di immagine, di aspetto economico, sociale e dal punto di vista geopolitico.
Gli obiettivi degli attacchi: prevale il cybercrime
L’analisi degli incidenti cyber noti nel 2022 evidenzia una netta prevalenza di attacchi con finalità di cybercrime, che sono stati oltre 2.000 a livello globale, ovvero l’82% del totale, in crescita del 15% rispetto al 2021. Per l’Italia la percentuale sale al 93%, in crescita del 150% rispetto al 2021. Questa tipologia di attacchi, caratterizzata da significativi risvolti economici legati alla diffusione degli attacchi ransomware, mostra una tendenza di crescita costante negli ultimi cinque anni.
In valore assoluto, anche gli attacchi riconducibili ad attività di spionaggio e sabotaggio (11% del totale), ad information warfare (4% del totale) e ad azioni di attivismo (3% del totale) hanno raggiunto a livello mondiale i propri massimi storici nel 2022. Gli esperti di Clusit notano che, analizzati in percentuale sul totale, i dati tra il 2022 e il 2021 crescono per information warfare del 110% e hacktivism del 320%, principalmente a causa del conflitto europeo.
Nel nostro Paese sono stati invece il 7% gli incidenti classificati come “attivismo”, mentre non sono stati rilevati attacchi significativi nelle categorie “espionage /sabotage” o “information warfare”.
Il possibile ruolo “nascosto” dei governi
“Supponiamo che la crescita di information warfare e soprattutto di attivismo possa essere dovuta almeno in parte alla guerra in Ucraina, che ha stimolato le azioni degli attivisti anche sulla rete e ha sollecitato la diffusione di informazioni di propaganda e contro-propaganda”, afferma Sofia Scozzari, membro del comitato direttivo Clusit, tra gli autori del Rapporto. “Analizzando i dati degli attaccanti, tuttavia, dobbiamo anche considerare che governi potrebbero aver perpetrato i propri attacchi con modalità attribuibili ad altri attori, senza ovviamente rivendicare pubblicamente le loro operazioni. Quanto all’hacktivism, oggi molte campagne tese a colpire la reputazione delle organizzazioni sono molto più efficaci sui social che non con defacement o tecniche analoghe”.
Le vittime degli attacchi: al centro i multiple targets
A livello mondiale le principali vittime tornano ad essere i multiple targets (22%), con un aumento del 97% rispetto al 2021: si tratta di campagne di attacco non mirate, che continuano a causare effetti consistenti. Segue il settore governativo e delle pubbliche amministrazioni (12%) che, come fanno notare i ricercatori Clusit, nell’arco di cinque anni ha visto un incremento complessivo del 25%.
Nel 2022 il 12% degli attacchi è stato rivolto alla Sanità, con valori in crescita percentuale del 16% rispetto al 2021, l’11% all’industria informatica e l’8% al settore scolastico e universitario. Le ultime due categorie segnano un leggero calo (-3%) rispetto all’anno precedente e soprattutto in riferimento all’uso estensivo di smart working e didattica a distanza nel 2020.
In percentuale sono cresciuti gli attacchi ai settori finanziario assicurativo (+40%) e manufacturing, verso cui è stato rilevato un aumento costante degli attacchi, che sono raddoppiati dal 2018 e, dal 2021, mostrano una crescita percentuale sul totale del 79%, probabilmente a causa della crescente diffusione dell’IoT e dalla tendenza verso l’interconnessione dei sistemi industriali, spesso non sufficientemente protetti.
Anche le vittime nel settore news e multimedia, dopo un calo drastico dal 5% al 2% tra il 2018 e il 2020, sono state protagoniste di un raddoppio tra il 2020 e il 2022, arrivando a rappresentare il 5% degli obiettivi, con una crescita percentuale del 70% dal 2021. Una componente di questo aumento è senz’altro riferibile al conflitto in Ucraina, nell’ambito di attività di disinformazione, propaganda e disruption di media considerati nemici da colpire.
Settore governativo il più attaccato in Italia
Il settore più attaccato in Italia nel 2022 è invece quello governativo, con il 20% degli attacchi, seguito a brevissima distanza dal comparto manifatturiero (19%), che rappresenta il 27% del totale degli attacchi censiti nel settore livello globale.
In coerenza con quanto avviene a livello globale, si ha anche in Italia la maggiore crescita percentuale anno su anno per la categoria “multiple targets” (+900%). Gli attacchi nel nostro Paese sembrano andare di pari passo con il grado di maturità tecnologica negli specifici ambiti: i settori dei servizi professionali, e tecnico-scientifico vedono un incremento del 233,3% di incidenti gravi, l’industria manifatturiera il +191,7%. Essendo tra le più colpite, è rilevante anche la crescita per le organizzazioni del comparto informatico, (+100%) e governativo-militare (+65,2%).
La geografia delle vittime: in Europa il 24% degli attacchi globali
I ricercatori di Clusit evidenziano come la lettura dei dati della distribuzione geografica percentuale delle vittime dia indirettamente la fotografia di come stia variando la digitalizzazione nel mondo e, allo stesso tempo, dei paesi che hanno adottato migliori azioni di difesa. In questo quadro, gli attacchi rivolti all’Europa hanno rappresentato nel 2022 quasi un quarto (24%) degli attacchi globali, in crescita di 3 punti percentuali rispetto al 2021 e in raddoppio rispetto a cinque anni fa.
L’America nel suo complesso diminuisce di 7 punti percentuali il numero di vittime rispetto all’anno precedente, con un valore di attacchi pari al 38%. Diminuiscono gli attacchi in Asia (8%) e rimangono stabili quelli in Oceania e Africa rispettivamente il 2% e l’1% del totale.
Le tecniche d’attacco: il malware la più gettonata anche in Italia
Il malware rappresenta la tecnica con cui viene sferrato il 37% degli attacchi globali; seguono vulnerabilità (12%, escludendo la componente di attacchi basati sui cosiddetti “0-day”), phishing e social engineering (12%), in crescita del 52% sul totale rispetto allo scorso anno, come gli attacchi DDoS (4%), che segnano una variazione percentuale annua del +258% e tecniche multiple (+72% la variazione percentuale annua), in virtù della natura più complessa degli attacchi.
Anche nel nostro Paese, come nel resto del mondo, prevalgono gli attacchi per mezzo di malware, che rappresentano il 53% del totale italiano, un valore che supera di 6 punti percentuali il dato globale. In Italia, notano i ricercatori di Clusit, gli incidenti in questo settore hanno impatti gravi o gravissimi nel 95% dei casi.
“Gli attacchi nel nostro Paese vengono compiuti con tecniche quasi sempre standardizzate, ormai frutto dell’industria del cyber-crime che è la matrice prevalente delle attività malevole. Questo conferma come l’aumento degli attacchi in Italia sia con-causato da forti limiti nella capacità di difesa delle vittime”, ha commentato Alessio Pennasilico, membro del comitato scientifico di Clusit e coautore del Rapporto.
Basso l’impatto del phishing in Italia, ma preoccupa la vulnerabilità
Nel nostro Paese hanno invece avuto un impatto minore rispetto al resto del mondo gli attacchi di phishing e di ingegneria sociale, pari all’8%, mentre resta preoccupante la percentuale di incidenti basati su vulnerabilità note – pari al 6%, comunque inferiore rispetto al dato globale – che denotano la persistente inefficacia dei processi di gestione delle vulnerabilità e degli aggiornamenti di sicurezza nelle nostre organizzazioni. Gli attacchi DDoS rappresentano il 4%, in linea con il dato globale, in diminuzione dal 2021 come confermato anche dall’analisi Fastweb della situazione italiana in materia di cyber-crime contenuta all’interno del Rapporto Clusit.
Secondo i ricercatori di Clusit appare probabile una migliorata capacità di protezione delle organizzazioni su questo fronte, insieme alla tendenza dei cybercriminali ad adottare tecniche di attacco meno impegnative e più redditizie, come le campagne malware. Infatti, ben il 64% degli incidenti a livello globale hanno come causa azioni “maldestre”, degli utenti o del personale informatico nelle aziende. “Ritroviamo malware, vulnerabilità, phishing e social engineering ed account cracking ancora tra le tecniche più utilizzate dai criminali informatici: questo significa che ancora non sappiamo gestire correttamente i nostri account, non teniamo aggiornati i nostri dispositivi, server o servizi e clicchiamo incautamente link pericolosi nelle email”, afferma Pennasilico.
Nel Rapporto Clusit non manca inoltre il riferimento agli eventi che hanno colpito nel 2022 i singoli cittadini e le pmi, ben messi in luce dal contributo della polizia postale e delle comunicazioni. “Rileviamo che anche nel contesto della vita digitale sociale le minacce cyber stanno assumendo un grado di estensione sempre più preoccupante: è imprescindibile che la scuola, l’università, i soggetti pubblici e privati lavorino in sinergia per sviluppare una cultura della sicurezza che sia parte del patrimonio di conoscenze di tutti i cittadini, a partire dalle nuove generazioni”, ha affermato Gabriele Faggioli.
L’analisi Fastweb della situazione italiana
Come ogni anno, Fastweb ha contribuito al Rapporto Clusit analizzando le principali tendenze (QUI L’APPROFONDIMENTO) grazie alla elaborazione dei dati provenienti dal proprio Security Operation Center (Soc) attivo 24 ore su 24 e dai propri centri di competenza di sicurezza informatica. Dall’analisi sull’infrastruttura di rete di Fastweb, costituita da oltre 6,5 milioni di indirizzi IP pubblici, su ognuno dei quali possono comunicare centinaia di dispositivi e server, sono stati registrati oltre 56 milioni di eventi di sicurezza, un aumento del 25% rispetto agli eventi rilevati nel Report 2021.