“La mia sensazione nel caso di ChatGpt è che l’urgenza fosse dettata dalle circostanze. Si parla di un servizio utizzato da 250 milioni di persone nel mondo tra cui milioni di italiani. Un servizio che è un aspirapolvere di dati personali, anche perché ho l’impressione gli si racconti anche più di quello che raccontiamo di noi nella dimensione social che è già tantissimo”. Lo ha affermato Guido Scorza, del Collegio dei Garanti della Privacy, alla presentazione del Report 2023 dell’Osservatorio per il giornalismo digitale. Il tema del chatbot di OpenAI bloccato in Italia dal Garante Privacy, primo caso al mondo, continua a tenere banco per la moltitudine di implicazioni che comporta.
Con ChatGpt “si racconta troppo a un servizio di cui si conosce troppo poco – aggiunge Scorza -. Ma soprattutto quell’algoritmo è stato addestrato pescando a strascico da internet, libri e una serie di altre fonti ignote“. Una “quantità industriale di dati personali e non personali che oggi quell’algoritmo usa per fornire le risposte. Nessuno di noi della circostanza che questo sia avvenuto si è reso conto perché non siamo stati informati e a nessuno è stato chiesto se si volesse contribuire o no”.
Come “posso accettare da Garante che un servizio possa far suo ciò che è privato?”. Quando mi si dice che questa vicenda ha dato l’impressione che l’Italia non è per l’innovazione io mi spavento – sottolinea Scorza -. Vuole dire che lo stato di dipendenza, rispetto a certi servizi è molto maggiore di quanto si pensi. L’innovazione che travolge i diritti e le libertà non è tale. Ora vediamo quello che succede. Certo le agenzie di stampa raccontano che la Germania sta per muoversi, la Francia ci sta pensando e negli Usa si potrebbe fare la stessa cosa”.
Si estende nel mondo la riflessione su ChatGpt
Nonostante le polemiche sollevate da Lega e Forza Italia, l’Autorità va dunque avanti per la sua strada. E intanto, come riferito da Scorza, cresce la lista dei Paesi europei e non che valutano di replicare: Francia e Irlanda sono già al lavoro, il Regno Unito ha un piano nazionale per regolare l’uso dell’intelligenza artificiale e il Giappone ha allo studio il dossier italiano.
Gran Bretagna
La scorsa settimana, il Regno Unito ha annunciato piani per regolamentare l’intelligenza artificiale. In particolare, invece di stabilire nuovi regolamenti, il governo ha chiesto ai regolatori di diversi settori di applicare i regolamenti esistenti sull’AI. Le proposte del Regno Unito, che non menzionano ChatGpt esplicitamente, delineano alcuni principi chiave che le aziende devono seguire quando utilizzano l’intelligenza artificiale nei loro prodotti, tra cui sicurezza, trasparenza, correttezza, responsabilità e contestabilità.
La Gran Bretagna in questa fase non sta proponendo restrizioni su ChatGpt o qualsiasi tipo di intelligenza artificiale per quella materia. Invece, vuole garantire che le aziende sviluppino e utilizzino gli strumenti di intelligenza artificiale in modo responsabile e forniscano agli utenti informazioni sufficienti su come e perché vengono prese determinate decisioni.
Unione Europea
Il resto dell’Europa dovrebbe assumere una posizione molto più restrittiva sull’intelligenza artificiale rispetto alle sue controparti britanniche, che si sono sempre più discostate dalle leggi digitali dell’Ue in seguito al ritiro del Regno Unito dal blocco. L’Unione Europea, che è spesso in prima linea quando si tratta di regolamentazione tecnologica, ha proposto un atto legislativo sull’AI. Conosciuto come European AI Act, le norme limiteranno fortemente l’uso dell’intelligenza artificiale nelle infrastrutture critiche, nell’istruzione, nelle forze dell’ordine e nel sistema giudiziario. Funzionerà in combinazione con il regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Ue.
Irlanda e Francia
Le autorità di regolamentazione della privacy francese e irlandese hanno intanto contattato le loro controparti in Italia per saperne di più sui risultati del blocco. L’Irlanda è in genere il regolatore più attivo quando si tratta di privacy dei dati poiché la maggior parte dei giganti tecnologici statunitensi come Meta e Google hanno i loro uffici lì.
Svezia e Germania
L’autorità svedese per la protezione dei dati ha invece escluso il divieto, mentre la Germania, per voce del ministero tedesco dei Trasporti e del Digitale, fa sapere che nel Paese “non è necessario un blocco di ChatGpt come in Italia”. “Non abbiamo bisogno di un divieto delle applicazioni di intelligenza artificiale, ma di modi per garantire valori come democrazia e trasparenza”, ha detto a Handelsblatt un portavoce del ministero. L’Europa deve diventare “il pioniere globale per un’intelligenza artificiale affidabile”, ha aggiunto.
Giappone
Il Giappone, infine, guarda con molta attenzione alla decisione italiana. Lo ha detto il portavoce del governo nipponico, il segretario di gabinetto Hirokazu Matsuno, nella quotidiana conferenza stampa. “C’è chi vede in ChatGpt l’emergere di nuove problematiche. Ritengo che bisognerà cercare di valutare bene le tendenze dell’intelligenza artificiale”, ha detto il braccio destro del premier Fumio Kishida.