L’imminente decreto attuativo (Mise-Mit) per facilitare le nuove reti metterà il cappello finale, probabilmente, a una lunga storia di norme e decreti che dal 2008 in poi ha segnato l’avvio di un processo anti-burocrazia per favorire gli operatori.
In sostanza, tapperà tutte le falle normative che finora hanno impedito agli operatori di trarre pieno vantaggio dalle semplificazioni precedenti. Quelle che già da anni, in teoria, consentono di usare le tecniche di scavo innovative (mini e micro trincee) e riducono i tempi dei permessi.
La lunga e complessa missione dell’Italia contro la burocrazia che minaccia le nuove reti comincia con il Dl 112-2008 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, che tra l’altro permette di riutilizzare infrastrutture civili pubbliche per posare la fibra. “Dà facoltà agli operatori di comunicazione di utilizzare per la posa della fibra nei cavidotti, senza oneri, le infrastrutture civili già esistenti di proprietà a qualsiasi titolo pubblica o comunque in titolarità di concessionari pubblici. Qualora dall’esecuzione dell’opera possa derivare un pregiudizio alle infrastrutture civili esistenti le parti, senza che ciò possa cagionare ritardo alcuno all’esecuzione dei lavori, concordano un equo indennizzo, che, in caso di dissenso, è determinato dal giudice”.
Abbatte inoltre le procedure di permesso per gli scavi. Stabilisce infatti che per installare “reti e impianti di comunicazione elettronica” basta una Denuncia di inizio attività (Dia) “almeno trenta giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori”.
“Purtroppo, però molti Enti non ritengono applicabile di fatto questa norma prevedendo ancora l’iter standard definito di solito nel Regolamento provinciale triplicando i tempi dei lavori di scavo con i conseguenti ritardi nel completamento del progetto nazionale banda larga”, si legge in una scheda tecnica a cura del Ministero dello Sviluppo economico. Lo stesso decreto indica che l’ente può bloccare i lavori per “l’assenza di una o più delle condizioni legittimanti, ovvero qualora esistano specifici motivi ostativi di sicurezza, incolumità pubblica o salute”. Di fatto gli operatori, in questi casi, possono scegliere tra fare causa all’ente o trovare un accordo. Al solito preferiscono la seconda via, visti i tempi della giustizia incompatibili con i piani industriali.
Secondo Asstel, il decreto attuativo dovrebbe risolvere la questione ponendo un regolamento scavi che sostituisca in toto quelli degli enti, togliendo quindi a questi ogni appiglio per fare resistenza.
Un altro limite della normativa precedente riguarda le minitrincee. La legge 69 del 2009 vi apre le porte, stabilendo che “per gli interventi di installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica, la profondità minima dei lavori di scavo, anche in deroga a quanto stabilito dalla normativa vigente, può essere ridotta previo accordo con l’ente proprietario della strada, ove lo stato dei luoghi o particolari circostanze lo consigliano”. L’effetto pratico è che gli operatori sono stati costretti a fare accordi per scavare con le nuove tecniche (senza peraltro riuscirci nel circa il 30% dei casi, riporta Telecom Italia). Il decreto Crescita 2.0 (quello dell’Agenda digitale) prova a rimediare: “Per le tecniche di scavo a limitato impatto ambientale la profondità minima può essere ridotta a condizione che sia assicurata la sicurezza della circolazione e garantita l’integrità del corpo stradale per tutta la sua vita utile, in base a valutazioni della tipologia di strada, di traffico e di pavimentazione”. Insomma, da minitrincee “previo accordo” si passa a minitrincee di default, “salvo accortezze che l’operatore deve tenere”: si salta un passaggio autorizzativo.
Ultima falla normativa, che il decreto attuativo vuole definire: quanta parte di strada l’operatore deve ripristinare dopo gli scavi? Gli operatori si lamentano che alcuni enti se ne approfittano e chiedono interventi estesi, ingiustificati. Allora il decreto attuativo stabilirà “la superficie massima di manto stradale che deve essere ripristinata a seguito di una determinata opera di scavo, l’estensione del ripristino del manto stradale sulla base della tecnica di scavo utilizzata” Il Crescita 2.0, inoltre, dà agli operatori il diritto di accedere, “in ogni caso”, a tutte le parti comuni degli edifici per cablare la fibra ottica (cantine, verticali di palazzo), senza bisogno di autorizzazione condominiale.
A.L.