LA RISTRUTTURAZIONE

Ericsson, in Italia 150 esuberi. I sindacati: “Serve vertenza complessiva su crisi Tlc”

Dopo Vodafone, Tim e BT anche la multinazionale svedese annuncia il piano di riassetto. Slc, Fistel e Uilcom: “Tagli al personale ricetta vecchia. Necessarie risposte strutturali per tutelare l’occupazione del comparto e affrontare le sfide che il digitale pone”

Pubblicato il 06 Apr 2023

Ericsson HQ. Architect: Wingårdhs Arkitektkontor

La “crisi sistemica” del comparto tlc, che sconta ormai da tempo un’importante emorragia di posti di lavoro, conta una nuova vittima. Nel corso di un videoincontro tra le segreterie nazionali e territoriali di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, Ugl Telecomunicazioni, le Rsu ed i rappresentanti di Ericsson Italia per un confronto sull’andamento aziendale ed il piano industriale, la telco svedese ha infatti annunciato un'”eccedenza di 150 figure professionali” nel nostro Paese. La loro uscita, con modalità dichiarate “non traumatiche”, dovrà avvenire entro il 2023. Le Segreterie nazionali ritengono  quindi “necessario che il posizionamento di Ericsson sia ricondotto nell’alveo di una vertenza complessiva di settore al fine di ricercare risposte strutturate a tutela dell’intero perimetro occupazionale”.

A livello global previsti 8mila tagli su 102mila dipendenti

L’incontro con i sindacati, finalizzato a confrontarsi sull’andamento aziendale ed il piano industriale, è stato l’occasione per l’azienda di presentare lo stato economico e finanziario dell’intero Gruppo a livello mondiale, uno scenario per il quale il ceo aveva preannunciato, nei mesi scorsi, un taglio di circa 8mila lavoratori su un totale di 102mila complessivamente impiegati.

“La crisi economica derivante dall’emergenza sanitaria Covid-19, la guerra con conseguente aumento del costo dell’energia, l’emorragia sulla marginalità da parte degli operatori di telco a fronte di un aumento esponenziale di richiesta di traffico dati sono interpretate, per il 2023 ed oltre, da parte di Ericsson come elementi che inducono a ripensare l’approccio al proprio mercato con un focus sul 5G, cloud ed enterprise per mantenere la leadership supportata dai 3 centri di ricerca – recita una nota congiunta dei sindacati -. Ovviamente la contrazione del mercato si riflette anche su aziende che operano, come Ericsson, prevalentemente su commesse e gare in appalto ed in un contesto politico sordo di fronte ad un settore che necessita di ingenti investimenti strutturali, e richiede notevoli costi per la continua formazione del personale.  Una non corretta gestione della “Golden power” sulla sicurezza delle reti ed il mancato “share” dei ricavi con i gestori di contenuti sono temi che, per il mercato delle Tlc, non sono più differibili”.

“Tagli, una vecchia ricetta”

Le rappresentanze sindacali hanno espresso “grande preoccupazione innanzi l’ennesima azienda del settore che, a fronte della riduzione dei ricavi, dichiara la propria volontà di avviare iniziative volte al contenimento dei costi, con pesanti impatti sulle lavoratrici e sui lavoratori seppur con modalità ed iniziative non ostili e concordate. Ridurre i costi, tagliare personale. Vecchie ricette di fronte a nuove sfide che il mercato, soprattutto digitale, propone – recita la nota -. Il settore delle telecomunicazioni sta attraversando una profonda crisi sistemica, in un comparto che vive il paradosso di vedere contrarre i ricavi nonostante un aumento esponenziale della domanda di connettività e servizi collegati”.

Una “crisi sistemica”: solo l’ennesimo caso

Quello di Ericsson è solo l’ennesima azienda del settore che, a fronte della contrazione dei ricavi, dichiara la propria volontà di avviare iniziative volte al contenimento dei costi, con pesanti impatti sulle lavoratrici e sui lavoratori. Ad annunciare misure simili sono state, ad esempio, BT, che in un incontro con i sindacati di categoria, Slc, Fistel e Uilcom, ha spiegato di voler puntare ad un nuovo modello organizzativo più semplice e snello dismettendo attività non più attuali (rete legacy) e puntando su altre di maggiore prospettiva (modernizzazione IT, cybersecurity, mercato cloud). Il tutto con impatti consistenti anche in Italia.

Anche Tim ha fatto sapere di voler tagliare ancora i dipendenti, puntando fino a duemila uscite nell’arco del 2023. L’obiettivo è di utilizzare comunque le uscite volontarie e non ricorrere ad atti unilaterali. Le duemila uscite sono la messa a terra del piano presentato durante l’ultimo Capital Market day.

Vodafone ha invece di recente annunciato mille esuberi. Nel dettaglio si tratta di 125 esuberi su 516 addetti nel Consumer, 37 esuberi su 731 addetti nel Business, 550 esuberi su 1620 addetti nell’area Customer, 173 esuberi su 1074 per il Network, 115 tagli a livello di staff su 626 addetti. Mentre resta “salva” l’area Digital/IT che non presenta eccedenze su 401 addetti. E nessuna eccedenza anche per quel che riguarda Vbts e Divisione Global.

WindTre, infine, punta al conferimento degli asset tecnologici relativi all’infrastruttura mobile e fissa in una nuova società della rete che fornirà servizi all’ingrosso ad altri operator e che impatterà su 2mila lavoratori.

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