“Il settore delle telecomunicazioni è arrivato a un bivio drammatico. Le contraddizioni che il sindacato confederale unitariamente denuncia da anni, in solitaria e senza la giusta attenzione delle istituzioni, stanno esplodendo con una veemenza che rischia di impattare pesantemente sull’intero perimetro occupazionale del settore”: in conferenza stampa alla Camera, Slc-Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil lanciano l’ennesimo allarme e richiamano le istituzioni alla responsabilità convocando per il 6 giugno lo sciopero nazionale delle Tlc.
“Le istituzioni non stanno svolgendo alcun ruolo regolatorio, nessun intervento strutturale che possa dare stabilità al settore rilanciando un asset strategico per il sistema paese e tutelando oltre 120mila addetti che operano nel variegato mondo delle telecomunicazioni. Il combinato disposto di politiche aziendali miopi, legate a scelte finanziarie senza alcuna visione industriale, e la totale assenza delle istituzioni, che hanno consegnato al mercato il ruolo regolatorio, non farà altro che accompagnare il settore ad un inesorabile ridimensionamento. Il futuro che si prospetta, in assenza di una netta inversione di tendenza, sarà la creazione di micro-gestori virtuali, con scarsissima occupazione e infrastrutturazione tecnologica azzerata”.
L’Italia unicum fra le grandi economie
“Il settore delle telecomunicazioni – hanno evidenziato i sindacati – in tutti i paesi tecnologicamente avanzati, è uno dei pochi comparti ancora in grado di coniugare occupazione di qualità nonostante la fase di grande difficoltà che tutto il continente attraversa. In termini di risultati economici, volendo comparare le performances 2022 delle telco europee rispetto al mercato italiano, si evidenzia un quadro con qualche sofferenza nell’intero Continente, ma di certo non paragonabile a quanto avviene in Italia. Un mercato che brucia oltre un miliardo di ricavi l’anno, con un lento e inesorabile “stillicidio” occupazionale, che nell’ultimo decennio ha praticamente dimezzato la forza lavoro dei maggiori gestori italiani”.
Il ruolo del Governo
“Da mesi va avanti un “surreale” tavolo tecnico presso il Ministero delle imprese e del made in Italy, nel quale è completamente assente la voce dei rappresentanti dei lavoratori, e dove si fatica ad immaginare di cosa si dibatta”, denunciano le tre sigle. “Fra un’audizione e l’altra su Tim, anche grazie all’offerta formalizzata da Cassa Depositi e Prestiti, si avvia velocemente a spezzare in maniera definitiva l’unicità dell’azienda. Vodafone chiede una riduzione dei costi pari al taglio di circa 1000 posti di lavoro, il 20% dell’attuale forza lavoro. WindTre ha ufficializzato la vendita dell’infrastruttura di rete imboccando una strada sbagliata e piena di incognite occupazionali, British Telecom ed Ericsson hanno formalizzato, anche loro, eccedenze”.
Il dossier Tim
“Estremamente preoccupante la condizione di Tim, in un modello così definito, tenuto conto dell’impressionante mole debitoria che grava sull’azienda per circa 23 miliardi di euro. Da anni il sindacato chiede di aprire un confronto con le istituzioni relativamente alla situazione dell’ex monopolista, e da anni sistematicamente l’unica risposta è l’imbarazzante silenzio dei vari esecutivi, che preferiscono sfuggire al problema anziché provare a trovare quelle soluzioni che garantiscano al Paese la possibilità di avere un soggetto nazionale di riferimento, così come avviene in tutti i principali paesi europei”. “È evidente – aggiungono – quanto il modello industriale del settore sia sbagliato. La parcellizzazione dell’ex monopolista non migliorerà la situazione, anzi il Paese sarà privo di un campione nazionale che dovrebbe stabilizzare il comparto evitandogli di ridursi ad un “emporio” di sole vendite, per altro a prezzi sempre più stracciati”.
La situazione dei call center
“Ogni anno fallisce un importante soggetto fra i call center in outsourcing, mentre quelli che rimangono non riescono a garantire alcuna stabilità occupazionale ed economica, ricorrendo quotidianamente ad ammortizzatori sociali”, aggiungono i sindacati.
20mila posti a rischio nel solo perimetro delle telco
Secondo i sindacati sono a rischio reale oltre 20.000 posti di lavoro diretti nel solo perimetro delle telco, senza calcolare gli effetti che saranno generati nell’intero sistema degli appalti del settore, sia per quel che concerne l’impiantistica, la manutenzione, l’installazione delle reti sia fisse che mobili, che per il settore dell’assistenza clienti nella sua interezza.
Faraoni, Solari e Ugliarolo a Telco per l’Italia il 15 giugno
La crisi delle Tlc e l’effetto boomerang sul Paese: questo il titolo della tavola che vedrà presenti a Telco per l’Italia il prossimo 15 giugno a Roma, Alessandro Faraoni, Segretario generale Fistel Cisl Fabrizio Solari, Segretario generale Slc Cgil e Salvo Ugliarolo, Segretario generale Uilcom.