Una piattaforma Cloud istituzionale del Consiglio Nazionale delle Ricerche per custodire i dati scientifici, da lanciare entro un anno e mezzo. E’ il progetto annunciato dalla presidente del Cnr, Maria Chiara Carrozza, a margine dell’ “Italian Tripartite Assembly on the European Open Science Cloud” (Itaeosc2023), promosso dal Ministero dell’università e della ricerca e organizzato dall’Istituto di scienza e tecnologie dell’informazione del Cnr. “Il piano fa parte della nostra Agenda Digitale – spiega – e nell’arco del Piano di Rilancio del Cnr dovremmo avere i primi risultati. Il piano di rilancio del Cnr è circa a metà, quindi abbiamo ancora un anno e mezzo poi dovremmo avere le prime raffigurazioni”.
La transizione verso un cloud europeo della ricerca
L’Europa sta lavorando a una “collaborazione nazionale, europea e internazionale per sviluppare l’European Open Science Cloud (Eosc)”, un programma di scienza aperta e di condivisione dei dati scientifici, afferma la presidente del Cnr, “ma le nuove questioni legate alla guerra in Ucraina, e l’evoluzione dello scenario geopolitico potrebbero frenare il progetto”.
“Per raggiungere questo obiettivo la Commissione Europea ha previsto già un budget di un miliardo di euro – prosegue – destinato alla realizzazione della roadmap del partenariato fra tutti gli attori della scienza, la Commissione Europea, quindi gli stati membri, la comunità scientifica e l’associazione European Open Science Cloud (Eosc). Si tratta di un investimento che non può non coinvolgere anche il nostro ministero dell’Università e Ricerca”
“E’ un argomento molto sentito, vogliamo costruire una infrastruttura in cui sia il Cnr ad avere il controllo – spiega ancora Carrozza – Con gli altri Enti italiani abbiamo una discussione aperta, contiamo di avere un approccio simile fra tutti. La mia idea è lavorare insieme, per dare una infrastruttura utile anche a istituzioni scientifiche più piccole. Fino ad ora i dati dei ricercatori dell’Ente sono contenuti su Cloud personali, ma molte istituzioni stanno passando su cloud istituzionale: è una transizione importante, il cui step successivo potrebbe essere un cloud Europeo”.
Le riserve e gli ostacoli
Rispetto alla prospettivo di un cloud europeo della ricerca ci sono però ancore degli ostacoli: “Ci sono ancora riserve – sottolinea Carrozza – c’è il tema dell’utilizzo commerciale dei dati, la preoccupazione sulla loro allocazione, oltre alla grande questione di cybersecurity, un tema, quest’ultimo, molto sentito dal Cnr. Bisogna considerare che i dati debbano essere di grande qualità e al sicuro da usi non appropriati e tutelati dal rischio di furto”.
Tornando sullo scenario geopolitico, “l’Europa era partita con un paradigma reale di Scienza Aperta che però adesso si confronta con le questioni nuove di geopolitica, che certamente non favoriscono l’apertura dei dati e della protezione dei dati”.
“L’Europa vuole sicuramente creare una comunità aperta, una Research Area, e ha un’agenda strategica che prevede l’Open Science, una forma di libertà da tutti i condizionamenti anche dei privati che vogliono interferire in questo processo. E’ giusto che le istituzioni pubbliche se ne occupino, è un tema quello della European Open Science cloud come infrastruttura talmente strategico che deve essere sicuramente di interesse pubblico”.
Il cloud e la ricerca europea
“La grande scommessa è fare in modo che un numero sempre maggiore di ricercatori utilizzi il cloud”, osserva Javier Lopez Albacete della direzione Ricerca della Commissione Europea. “Attualmente solo il 40% lo fa e oltre un terzo non ha mai sentito parlare dei principi Fair, secondo i quali i dati scientifici devono essere rintracciabili, accessibili, interoperabili e riutilizzabili”.