Gli investimenti nelle startup tecnologiche europee sono destinati a calare di un altro 39% quest’anno, mentre non si arresta la crisi del settore tecnologico globale. È quanto rivela un’analisi della società di venture capital Atomico. Secondo i dati del gruppo, i finanziamenti per le startup europee sostenute da venture capital dovrebbero scendere dagli 83 miliardi di dollari registrati nel 2022 ai 51 miliardi di dollari previsti nel 2023.
Ciò è dovuto in gran parte a una ritirata generale degli investitori statunitensi. I fondi americani sono stati in passato un importante motore dell’attività di finanziamento in Europa e diversi importanti fondi statunitensi si sono insediati a Londra per aumentare i loro investimenti nel Regno Unito.
L’ulteriore calo dei finanziamenti in Europa fa seguito a un anno brutale per l’industria: l’anno scorso gli investimenti per le startup tecnologiche private in Europa sono diminuiti del 22%, passando a 83 miliardi di dollari nel 2022 da 106 miliardi di dollari nel 2021, sempre secondo Atomico.
Più nello specifico, il valore aziendale medio delle società pubbliche di software-as-a-service è ora pari a circa cinque volte il fatturato, rispetto a una media a lungo termine di 7,8 volte. Atomico ha dichiarato che il 20% dei round di venture raccolti nel primo trimestre del 2023 sono stati down round, 3,6 volte in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Lo scenario attuale
Atomico ha affermato che ci sono stati alcuni segnali di “resilienza” nel settore tecnologico europeo, tra cui il fatto che il valore complessivo delle aziende pubbliche e private ha riguadagnato la soglia dei 3.000 miliardi di dollari raggiunta nel 2021.
Nel frattempo, le aziende early-stage hanno visto i loro finanziamenti ridursi in misura minore rispetto ad altri tipi di organizzazione, secondo Atomico, con i finanziamenti per le aziende che hanno raccolto round inferiori ai 15 milioni di dollari che sono scesi a 8,2 miliardi di dollari nella prima metà del 2023, rispetto ai 10,3 miliardi di dollari dello stesso periodo dell’anno precedente. Le aziende in fase avanzata di sviluppo dovrebbero rappresentare il 93% della perdita complessiva di 28 miliardi di dollari di investimenti tra il 2022 e il 2023.
Le società tecnologiche d’altra parta sono state messe a dura prova nell’ultimo anno e mezzo, con le società che sono state spinte a privilegiare la redditività rispetto alla crescita a tutti i costi, mentre gli investitori rivalutavano il settore.
C’è anche da dire che la Federal Reserve e altre banche centrali hanno aumentato i tassi d’interesse e ridotto gli stimoli dell’era della pandemia per frenare l’impennata dell’inflazione. Questo ha spinto gli investitori a rivalutare le loro posizioni sulle società tecnologiche in perdita, il cui valore si basa tipicamente sull’aspettativa di flussi di cassa futuri.
La questione del turnover dei lavoratori
Non bisogna dimenticare che ad affliggere il settore hanno contribuito diversi piani di ristrutturazione aziendale. Secondo Atomico, nel primo trimestre si sono verificati 11.100 licenziamenti in Europa, pari a circa il 6% dell’industria tecnologica globale, che ha licenziato 185.000 dipendenti.
“È troppo presto per dire se questo sia esplicitamente il picco”, ha dichiarato alla Cnbc Tom Wehmeier, partner di Atomico. “Ci aspettiamo che continuino a esserci livelli elevati di licenziamenti fino al 2023 e oltre. È sempre parte integrante della natura dei cicli di mercato”.
Allo stesso tempo, le nuove aziende fondate da team composti da ex dipendenti di unicorni tecnologici sono più numerose che mai, con 1.406 nuovi fondatori che emergono da aziende fondate negli anni 2000.
Sarah Guemouri, direttrice di Atomico, ha dichiarato che è troppo presto per stabilire se i licenziamenti dell’ultimo anno abbiano avuto un effetto sul riciclo dei talenti dagli unicorni alle nuove aziende. Molti fondatori che sono stati licenziati e hanno avviato nuove aziende non hanno ancora aggiornato i loro profili LinkedIn, ad esempio.
Il “superciclo” dell’intelligenza artificiale
Ciononostante, l’intelligenza artificiale si sta rivelando un punto luminoso per il settore, con le startup che hanno raccolto somme notevoli grazie al crescente interesse degli investitori.
L’anno scorso le startup specializzate in AI generativa hanno rappresentato il 35% degli investimenti totali in aziende di intelligenza artificiale e apprendimento automatico, la quota più alta di sempre e un grande salto rispetto al 5% del 2023.
“Siamo agli inizi di quello che è un nuovo superciclo tecnologico”, ha detto Wehmeir, aggiungendo che l’AI generativa sta guidando un “enorme grado di innovazione” e che l’Europa “ha un posto a tavola. “È fondamentale creare un ambiente che consenta ai talenti europei di sfruttare il potenziale del prossimo superciclo”.
La situazione in Italia
2,372 miliardi di euro raccolti dal 2013 a oggi dai fondi di venture capital italiani, di cui 1,2 miliardi già investiti nel corso degli anni per sostenere la nascita e la crescita di startup e pmi innovative e 1,172 ancora disponibili per investimenti sia nelle aziende già in portafoglio che in nuove società. Questi i dati che emergono dallo studio effettuato da Italian Tech Alliance (SCARICA QUI LO STUDIO) – l’associazione italiana del Venture Capital, degli investitori in innovazione e delle startup e pmi innovative – che ha quantificato in oltre 1,1 miliardi di euro il cosiddetto Dry Powder, ossia il totale di masse già raccolta dai VC dai propri Limited Partner (gli investitori che allocano risorse nei fondi) e ancora disponibili per essere investiti.
“A oggi le Sgr italiane dedicate al venture capital, hanno a disposizione oltre un miliardo di euro da investire nelle società in portafoglio e in nuove startup, pari a circa il 50% di quanto raccolto complessivamente nel decennio 2013-2023. Questo è stato possibile anche grazie alla attività di Cdp Venture Capital per la creazione di nuove Sgr o nuovi fondi da Sgr esistenti, grazie all’imponente massa di capitali messe a disposizione”, sottolinea Giuseppe Donvito, Presidente di Italian Tech Alliance. “L’European Investment Fund ha effettuato ancora pochi investimenti in VC italiani, essendo presente solamente nel 58% dei fondi partecipati anche da Cdp Venture Capital Sgr. Inoltre, gli investimenti di corporate e banche nei fondi sono ancora decisamente inferiori rispetto a quanto si verifica in altri Paesi europei come Francia, Spagna e Germania. A questo bisogna aggiungere che gli investitori istituzionali (come ad esempio casse di previdenza, fondi pensione, fondazioni bancarie e assicurazioni) sono la categoria meno presente tra quelle considerate, con un totale impegnato molto inferiore rispetto alla loro potenziale capacità di investimento, mentre all’estero questi soggetti sono ampiamente presenti nei fondi di VC. Tenendo in considerazione la minore disponibilità di risorse, conclude Donvito, gli investitori privati risultano quelli che in percentuale hanno investito in maniera maggiore rispetto alle altre categorie analizzate. In questo contesto, un elemento positivo è il crescente interesse di operatori stranieri a investire in Italia”.
L’avanzata dei fondi sovrani
Il 49,9% della raccolta dei VC italiani è riconducibile a investitori sovrani, con Cdp Venture Capital Sgr (o storicamente Fondo Italiano d’Investimento) e Fondi regionali che contribuiscono per un totale di 693,9 milioni, pari al 29,3% del totale raccolto, per un taglio medio d’investimento di 26,7 milioni nei 26 fondi in cui sono presenti. A questi si aggiungono i 488,5 milioni dell’European Investment Fund (EIF), che pesano per il 20,6% sulla raccolta complessiva, con una presenza in 15 fondi e investimenti medi di 32,6 milioni.