L’Italia è terza in Europa per il giro d’affari generato dalla data economy, ma si piazza a metà classifica per quanto riguarda le performance nell’implementazione dell’innovazione guidata dai dati. E’ questa una delle principali evidenze dell’indice sullo sviluppo della Data Economy elaborato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) e contenuto nello studio dal titolo “The EU’s Data Strategy from a multifaceted perspective. Views from Southern Europe”, realizzato dalla rete di think tank dell’Europa meridonale Prometheus Eu, di cui fanno parte l’Elcano Royal Institute (Spagna), l’Istituto per la Competitività I-Com (Italia), la Foundation for Economic and Industrial Research Iobe (Grecia) e l’Institute of Public Policy (Portogallo).
La classifica
Se si considera l’indice sullo sviluppo della Data Economy, una metrica elaborata da I-Com, l’Italia può contare su un punteggio “medio”, pari a 52, e si piazza in tredicesima posizione. Sui primi tre gradini del podio ci sono Danimarca, Svezia e Paesi Bassi, mentre a fondo classifica compaiono Spagna, Ungheria, Bulgaria e Romania.
Iritardi Ue su Usa e Cina
Guardando all’Europa come a un unico blocco, dalla ricerca emerge che sulla data economy il Vecchio Continente è ancora in riardo rispetto ai due blocchi degli Stati Uniti e della Cina, con i Paesi del Nord che fanno da traino e quelli del Sud Est che si trovano ad arrancare.
Italia terza per il valore del mercato
In termini assoluti il valore del mercato della data economy nel 2022 per l’Europa ammonta a 72.963 milioni di euro, con una crescita del 12,6% rispetto al 2021. Sul piano nazionale, l’Italia scala la classifica fino a posizionarsi in terza posizione, con un valore di mercato di 6.886 milioni e una crescita del 12,2% in un anno, alle spalle di Germania e Francia, che contano rispettivamente su un valore di mercato di 20.351 milioni e 12.300 milioni di euro e una crescita del 13,1% e del 14% in un anno.
I primi cinque Paesi (Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi e Spagna), rappresentano oltre il 68% del mercato dei dati dell’UE, con in testa il settore della finanza e un trend in netta crescita per la PA e le costruzioni, che registrano un +41,9% e un +34,9%. Guardando al futuro, il mercato dei dati dell’UE è destinato, secondo lo studio, a raggiungere i 116 miliardi di euro entro il 2030, in un quadro in cui per Spagna e Italia è rispettivamente prevista una crescita del 7,9% e del 5,9%.
Gli investimenti in ricerca e innovazione
“Maggiori investimenti in R&I e una revisione dei programmi educativi e di formazione dovrebbero essere perseguiti come una priorità assoluta – afferma Stefano Da Empoli, presidente di I-Com e coautore dello studio – In particolare, le politiche dell’UE dovrebbero mirare a ridurre le disparità all’interno del continente utilizzando un mix di fondi europei e nazionali. Il Pnrr, che fornisce importanti risorse finanziarie e requisiti di riforma per gli Stati membri dell’UE, in particolare quelli meridionali, è una grande opportunità per accelerare questa convergenza e non dovrebbe essere sprecato”.
La strategia Ue
“Dal punto di vista geopolitico – spiega I-Com – la strategia dei dati è strettamente legata all’autonomia strategica dell’UE e alla promozione della sua prospettiva globale sulla tecnologia, considerando tre aspetti: sicurezza, economia e diritti. Non è un caso che l’Unione europea abbia affrontato attivamente il rapporto tra i suoi beni, servizi, asset e dati personali con i Paesi terzi utilizzando diversi approcci: regolamentazione, iniziative multilaterali e lo sviluppo della diplomazia tecnologica”.
Tra i vantaggi che scaturiscono dalla strategia europea sui dati emergono, secondo lo studio, una maggiore trasparenza, la promozione dell’innovazione, l’interoperabilità, il miglioramento della qualità dei servizi e la riduzione delle barriere di mercato.
Tra le criticità la mancanza di incentivi per i concorrenti a condividere i propri dati, insieme ai rischi di un controllo normativo e di una capacità di monitoraggio insufficienti o onerosi da parte degli organi di vigilanza e a un problema di coordinamento tra gli Stati membri.
Il settore salute
Più critica la situazione se si considera la data maturity nel settore della sanità, dove l’Italia si piazza in diciottesima posizione, a metà strada tra la Spagna, che è settima, e la Grecia, venticinquesima.