“Il settore delle telecomunicazioni è stato per la prima volta inserito all’interno del decreto flussi, e questa è di per sé una buona notizia, perché significa che la criticità che da tempo segnaliamo relativamente alla carenza di manodopera, è stata recepita”: Luigi Piergiovanni, Presidente del Gruppo Tlc di Anie in occasione di Telco per l’Italia inizia con una nota positiva la disamina delle cose fatte e da fare.
Ma la medaglia è a doppia faccia: “Al nostro comparto però non sono state riservate delle numeriche precise ma le quote complessive – oltre 30.000 ingressi legati a lavori non stagionali – sono state condivise con altri gruppi, come l’edile, il navale ed il turistico alberghiero. Questi settori utilizzano strumenti come il decreto flussi già da tempo e le imprese aderenti a questi comparti hanno già contatti e riferimenti definiti con i paesi di origine dei lavoratori candidati all’accesso nel territorio nazionale. Il settore delle telecomunicazioni ricerca attualmente personale specializzato, relativo ad attività di tipo civile, posa dei cavi e giunzione delle fibre ottiche, mansioni per le quali è necessaria una selezione tecnica specifica, atta a verificare le skill di partenza dei lavoratori e le eventuali necessità formative”.
Presidente, dunque soddisfatti a metà?
Le tempistiche previste dal decreto flussi, ossia i tempi che intercorrono tra la pubblicazione del decreto ed il famoso click day, non hanno consentito alle imprese di aderire in modo importante allo strumento messo a disposizione. Il risultato è che le richieste di applicazione del decreto per il settore delle telecomunicazioni supera di poco il centinaio di unità. Per fare quindi un bilancio accogliamo con positività l’inserimento del comparto nel decreto, ma sarebbe utile avere delle numeriche dedicate al settore Tlc, supportate da processi che permettano di operare con tempistiche coerenti con l’espletamento delle attività propedeutiche alla selezione, alla preparazione della documentazione necessaria ed alla predisposizione della logistica di accoglienza. Altro tema molto importante sarebbe legato al riconoscimento nel nostro paese di specifici attestati necessari all’esecuzione delle attività, come ad esempio le patenti di guida o le capacità di utilizzo di macchine operatrici.
La roadmap marcia in ritardo e sulla strada restano gli ostacoli burocratici nonostante i decreti Semplificazioni: quali sono i nodi più importanti da sciogliere?
Gli ostacoli burocratici continuano ad esserci nonostante i decreti semplificazioni soprattutto relativamente al tema dei permessi. Con il progetto Italia ad 1 Giga, a differenza delle aree bianche dove la struttura della rete non prevedeva l’accesso negli edifici, ci troviamo a dover far fronte a tre tipi di permesso: il permesso pubblico per la realizzazione delle opere su suolo comunale o di interconnessione tra comuni; il permesso privato per l’accesso agli stabili connesso alle opere di adduzione; il permesso verso grandi enti come Anas o Ferrovie quando si ricade su sedimi specifici. La grande necessità che concessionari ed imprese hanno è relativa a tempi certi e ridotti per il rilascio delle autorizzazioni, a fronte dello sviluppo normato da progetti legati a piani strategici nazionali come il Pnrr, sia in ambito pubblico che in ambito privato. Ci troviamo spesso in presenza di amministrazioni che sistematicamente ritardano il rilascio delle autorizzazioni, vanificando spesso gli investimenti fatti in termini di risorse e mezzi.
Si sta creando un fenomeno di contro-migrazione da Nord a Sud, come impatta sui piani?
Gli investimenti privati relativi alla costruzione delle reti in fibra ottica si sono sempre concentrati nei territori più ricchi del paese, con l’obiettivo da parte degli operatoti di rientrare economicamente dell’investimento eseguito in tempi ragionevoli. Per questo i grandi piani di cablaggio senza intervento pubblico si sono focalizzati maggiormente nelle regioni del Centro Nord, più industrialmente sviluppate, rispetto ai territori del Sud. Tale indirizzo di investimento ha facilitato lo spostamento delle risorse necessarie ad eseguire le opere dai territori del Sud, capaci di generare offerta, verso il Nord in grado di generare domanda. L’intervento pubblico ha invertito per la prima volta questo paradigma, portando risorse economiche a supporto dei territori del Sud e quindi contribuendo in modo significativo alla domanda di manodopera, generando di conseguenza il fenomeno della contro-migrazione che semplicemente riporta le risorse nelle zone di origine.
Ci sono differenze a livello regionale? Ed eventuali situazioni di particolare criticità?
Ci sono grandi differenze a livello regionale proprio perché l’intervento pubblico ha portato importanti investimenti in regioni con capacità produttiva non adeguata alla richiesta. Mediamente i bandi di gara assegnati, legati al Pnrr, hanno portato una necessità aggiuntiva di risorse, in un mercato già deficitario, di circa 15mila unità pari al 60% della forza lavoro. Tale necessità di crescita non si legge in modo omogeneo sul territorio nazionale, ma in modo estremamente diversificato. Siamo in presenza di territori, come ad esempio la Sicilia, dove l’effort di crescita è più gestibile, anche supportato dal fenomeno della contro-migrazione di risorse, a e territori storicamente chiusi, come la Sardegna, dove tale necessità di crescita supera il 200% della forza lavoro. Ed è proprio una regione come la Sardegna che merita un approfondimento, perché in tale contesto emergono chiaramente tutte le carenze da parte degli addetti ai lavori in termini di analisi preliminari all’uscita dei bandi. La Sardegna è una regione scarsamente abitata, con una concentrazione di forza lavoro nei pressi delle poche grandi città, con una necessità di risorse per far fronte agli impegni previsti che non esiste sull’isola. Senza un progetto di sistema che coinvolga probabilmente lavoratori esteri, concessionari, imprese e istituzioni, non si riuscirà a fare fronte a quanto richiesto. Anche se sarebbe stato necessario intervenire precedentemente, come Associazione di categoria ci facciamo promotori di tale progetto, in quanto crediamo ci siano ancora i tempi per correre ai ripari e permettere lo sviluppo della banda larga di cui il territorio sardo necessita.