Nello sfaccettato, e per certi versi ambiguo, dibattito attorno al mercato paneuropeo del digitale, c’è almeno un aspetto sul quale il Commissario Ue all’Agenda digitale Neelie Kroes ha voluto rompere ogni indugio diplomatico spendendo di recente una parola limpida e inequivocabile.
Per farlo non si è certo accontentata di un pulpito qualunque, ma ha scelto un palco di assoluto pregio: l’ultima Mobile World Conference di Barcellona. In quella sede, presente all’appello tutto il gotha del settore, il Commissario Ue ha dichiarato apertis verbis che “il mobile ha bisogno di un mercato unico comunitario”. Un annuncio, corre l’obbligo precisarlo, tutt’altro che scontato. E che anzi ha assunto una tinta ancora più dirompente perché sfoderato a braccetto con un altrettanto esplicito avvertimento: “Siamo pronti a fare uso dei nostri poteri legali per cambiare la situazione”, ha rincarato la Kroes.
Applausi a scena aperta dai ceo delle grandi telco. Quello di Vodafone, Vittorio Colao (“così si spingeranno gli investimenti”), Franco Bernabé per Telecom Italia (giusto “un approccio omogeneo”), René Obermann di Deutsche Telekom (“non possiamo continuare ad aspettare per sempre”) e via enumerando. Ma per tutto l’entusiasmo ostentato dall’industria, è verosimile che i governi Ue siano molto meno eccitati all’idea. Perché la marcia dell’integrazione paneuropea del mobile dovrà giocoforza travalicare i confini di una riserva indiana sorvegliata con compulsiva gelosia dagli stati membri, ossia quella della gestione delle frequenze.
Proprio in quest’area le istituzioni europee hanno già messo a segno una prima robusta offensiva legislativa. Con il Radio Spectrum Policy Programme (Rssp), varato nel febbraio 2012, la Commissione ha inteso tracciare una rapida roadmap di “armonizzazione nell’uso dello spettro”. Operazione che abbraccia le bande 2.5-2.69 GHz, 3.4-3.8 GHz, 900/1800 MHz, ma anche quegli 800 MHz sino ad oggi appannaggio della tv analogica e che dal 1 gennaio 2013 devono essere liberati in favore dei servizi a banda larga mobile.
Il guaio è che non pochi paesi stanno tirando il freno o peggio traccheggiando sul recepimento e dunque l’attuazione del Rssp. Nonostante quest’ultimo, nelle intenzioni della Kroes, costituisca solo il primo mattone di una strategia di ben più ampio respiro. Le grandi manovre comunitarie sullo spettro (e sul roaming), del resto, incarnano ad oggi il balzo più audace della Commissione verso l’orizzonte ancora chimerico di un mercato unico delle Tlc. La prossima tappa in questa non semplice navigazione prevede proprio un piano d’azione europeo (Action Plan on Wireless Communications) votato a serrare in maniera ancora più rigida le maglie del coordinamento su scala comunitaria nella gestione e allocazione delle frequenze. Il Commissario per l’Agenda Digitale doveva presentarlo a cavallo tra marzo e aprile. Ma poi, secondo quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni, i servizi comunitari avrebbero optato per inserirlo (e farne uno dei pilastri) nel pacchetto di proposte per il completamento del mercato unico del digitale che l’esecutivo di Bruxelles sottoporrà al Consiglio in vista del vertice di ottobre. E stando così le cose, si ritiene che lo stesso piano, se non si popolerà di nuove misure, verrà perlomeno ritoccato con un linguaggio più ambizioso.
Ma non fino al punto da aggredire il più inconfessabile dei tabù, il paventatissimo regime di licenze paneuropeo. L’ipotesi non è mai stata all’ordine del giorno. Eppure, incalzata dai giornalisti a margine della stessa Mobile World Conference, Neelie Kroes non se l’è sentita di escluderla, cosa che non avrà fatto per nulla piacere alle sue controparti nazionali. Il solo pensiero di accentrare l’assegnazione delle licenze nelle mani di Bruxelles farebbe infatti accapponare la pelle a molti paesi, non fosse perché li spoglierebbe di una potente leva finanziaria per rimpinguare le casse patrie.
Poco o nulla, invece, si conosce delle altre misure in ambito mobile che dovrebbero entrare a far parte della proposta per il Consiglio. Una certezza però c’è: non ci sarà spazio per il roaming, l’altro nodo imprescindibile del dibattito. Dalla Commissione fanno sapere che non si ha alcuna intenzione di riaprire “il vaso di pandora”, dopo l’emanazione dell’ultimo regolamento in materia a primavera 2012. Però, annotano i critici, è difficile immaginare un mercato unico del mobile con la persistenza di tariffe internazionali, per quanto siano state sensibilmente ridotte. Non fosse perché, Agenda Digitale alla mano, la forbice con quelle domestiche dovrebbero essere portata ad una soglia “vicina allo zero” entro e non oltre il 2015. Lo sa bene l’Antitrust europeo Joaquín Almunia, che non perde occasione per ricordarlo pubblicamente, e che potrebbe presto porre una revisione dirimente della normativa sul roaming come una delle condizioni per il suo placet ai piani della Kroes.