Un mercato unico per 27 authority. È in questo rapporto numerico dall’apparenza così innocua per i non addetti ai lavori che si cela il nodo più spinoso dell’intera partita sulla costruzione di uno spazio comune europeo delle telecomunicazioni.
Ogni qual volta negli ultimi vent’anni la Commissione europea ha fatto o tentato di fare passi in avanti in questo ambito, il fantasma del super-regolatore o regolatore unico è sempre apparso con irreprensibile puntualità dalle retrovie del dibattito. Ma solo per essere silurato in tutta fretta, come un paria. Oggi, in attesa che il commissario Ue all’Agenda digitale Neelie Kroes scopra le carte sul suo piano per il completamento mercato unico del digitale, l’ipotesi dell’Eurogarante torna prepotentemente in pista. E a quel che sembra potrebbe anche avvalersi di svariati sostenitori eccellenti. Secondo una fonte citata qualche settimana fa da Reuters, tutti i grandi operatori europei sarebbero non solo favorevolissimi, ma si sarebbero anche mossi per persuadere i governi della bontà della causa. I loro sforzi, in tutta probabilità, andranno a vuoto. Perché, in prima istanza, è improbabile che la Kroes si assuma il rischio e la responsabilità di infilare una misura così controversa in un pacchetto che avrebbe vita corta se non potrà essere puntellato su un alto grado di “cooperazione inter-istituzionale”, come la chiama il vicedirettore della Commissione Roberto Viola). E non è certo per via di un lapsus passeggero che la Commissaria, interpellata sulla faccenda dal Corriere delle Comunicazioni, ha preferito schivare il quesito.
Sa bene che tra le fila dei garanti nazionali e della maggior parte dei governi la questione Euroregolatore fa figura di vero e proprio tabù, è visto come la vera pietra dello scandalo. Neanche a parlarne, insomma. Ciò non toglie che qualcosa sottotraccia potrebbe ancora muoversi. Secondo il Financial Times, che anche in questo caso cita una “gola profonda” rigorosamente anonima, la Commissione starebbe vagliando una soluzione di compromesso: un garante europeo incaricato di lavorare parallelamente alle controparti nazionali e al limite incaricarsi di coordinarle. Però, obiettano i critici, questo tipo di funzione potrebbe essere rilevata a pieno titolo dal Berec (l’organismo europeo dei regolatori nazionali). Comunque sia, se le indiscrezioni dell’FT fossero confermate, non si tratterebbe di una prima assoluta. Il predecessore della Kroes, Viviane Reding, nel 2007 aveva già proposto la creazione di una Autorità europea per il mercato delle comunicazioni elettroniche, designata a svolgere “a livello europeo le funzioni di regolazione espletate a livello nazionale dai singoli regolatori nazionali”. All’epoca Consiglio e Parlamento europeo affossarono la proposta praticamente all’unanimità.
Difficile dire se oggi sarebbero disposti a fare più concessioni. Una via d’uscita praticabile potrebbe essere quella suggerita sin da un suo articolo datato 1998 da Yves Blondeel, uno dei consulenti più navigati e attenti presenti sulla piazza di Bruxelles. “Per ottenere il sostegno dei paesi membri ad un regolatore europeo – dice Blondeel – esso dovrebbe essere strutturato come un Comitato in cui siedono i rappresentanti dei garanti nazionali. Questo assicurerebbe agli stati membri di mantenere un sufficiente controllo delle politiche regolamentari decise dall’organismo, il quale a sua volta potrà basarsi sull’esperienza sul campo del regolatori nazionali”. In ogni caso, è difficile immaginare una politica più coordinata sulle tlc, per esempio sullo spettro, senza un’autorità paneuropea. Dulcis in fundo, anche se a molti non dispiacerebbe annegarlo in un mare d’oblio, il dilemma tornerà sempre e comunque a galla: è possibile un mercato unico senza un regolatore unico?