I DATI ISTAT

Competenze digitali di base, Italia quartultima in Europa

L’istituto nazionale di statistica fotografa la situazione in un report: il nostro Paese precede Polonia, Bulgaria e Romania. In testa alla classifica Finlandia e Olanda. Ma nessuno ha ancora raggiunto gli obiettivi fissati dall’Ue per il 2030

Pubblicato il 22 Giu 2023

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Cittadini e competenze digitali, in Italia c’è ancora molto da fare. Nel 2021 poco meno della metà delle persone di 16-74 anni residente in Italia ha competenze digitali almeno di base (45,7%), un dato che colloca l’Italia al quartultimo posto nella graduatoria europea. Lo comunica Istat in base ai risultati dell’indagine armonizzata a livello europeo sull’utilizzo delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione da parte degli individui e delle famiglie.

Lo studio permette di misurare i livelli di competenza digitale dei cittadini, individuati dal Digital competence framework 2.0, il quadro comune europeo di riferimento per le competenze digitali.

Digital skill, Italia in fondo alla graduatoria Ue

Le competenze digitali rientrano nel piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali e in quello per l’istruzione digitale. L’obiettivo target fissato per il 2030 è l’80% di cittadini (utenti di Internet negli ultimi 3 mesi e tra i 16 e i 74 anni) con competenze digitali almeno di base (per tutti i 5 domini individuati dal framework 2.0, ossia “alfabetizzazione all’informazione e ai dati”, “comunicazione e collaborazione”, “creazione di contenuti digitali”, “sicurezza” e “risoluzione dei problemi”).

Nel 2021 tale quota a livello europeo è pari al 53,9%. Il divario tra i diversi Paesi Ue risulta piuttosto elevato, con un campo di variazione di 51,4 punti percentuali. In fondo alla graduatoria si colloca la Romania con il 27,8%, preceduta dalla Bulgaria (31,2%), dalla Polonia (42,9%) e dall’Italia (45,7%).

Dobbiamo migliorare di 3,8 punti annui fino al 2030

La Finlandia (79,2%) e l’Olanda (78,9%) già nel 2021 presentano valori quasi in linea con l’obiettivo target del 2030. Per raggiungere il medesimo obiettivo il nostro Paese dovrà far registrare nei prossimi anni un incremento medio annuo di 3,8 punti percentuali.

Si tratterebbe di un incremento piuttosto elevato in un lasso di tempo limitato, che si è finora registrato per l’indicatore sull’uso regolare della rete durante gli anni della pandemia (2020-2021) dove la quota è passata dal 76,4% al 80,1%. Un’accelerazione, questa, che ha consentito all’Italia di ridurre considerevolmente il gap con gli altri paesi europei in riferimento al divario digitale di primo livello.

I divari regionali e di genere

Dall’analisi delle singole regioni italiane emerge un forte gradiente tra Centro-nord e Mezzogiorno, con l’eccezione della Sardegna che si attesta sul valore medio. Se alcune regioni come il Lazio (52,9%), il Friuli-Venezia Giulia (52,3%) e la Provincia Autonoma di Trento (51,7%) per raggiungere l’obiettivo target del 2030 dovranno registrare un incremento medio annuo attorno ai 3 punti percentuali, altre – come la Calabria (33,8%), la Sicilia (34%) e la Campania (34,2%) – necessiterebbero di un incremento medio annuo di circa 5 punti percentuali. Le regioni che presentano i tassi più bassi di persone con competenze digitali almeno di base sono anche quelle ancora caratterizzate da una quota più contenuta di utenti di internet rispetto al valore medio nazionale.

Le competenze digitali almeno di base sono caratterizzate da un forte divario di genere a favore degli uomini, che, nel nostro Paese è di 5,1 punti percentuali. Va però sottolineato che fino ai 44 anni tale distanza si annulla e in alcuni casi si inverte di segno.

L’80,3% delle persone di 25-54 anni con un’istruzione terziaria possiede competenze digitali almeno di base, valore quasi in linea con quello medio Ue27 (83%), mentre tale quota cala al 25% per quelli con titolo di studio primario, con una distanza di circa 8 punti percentuali rispetto al valore medio Ue27.

Nel 2021 le persone hanno competenze digitali più avanzate per e-skill legati ai domini della “Comunicazione e collaborazione” (75,8%) e dell’“Alfabetizzazione su informazioni e dati” (58,5%) rispetto a quelli legati alla “Risoluzione di problemi” (47%), alla “Creazione di contenuti digitali” (41%) e alla “Sicurezza” (36%).

La situazione nelle imprese

Le competenze digitali specialistiche interne alle imprese sono appannaggio di quelle con almeno 250 addetti (75,0%) e di quelle del settore Ict (64,1%). Le pmi italiane sono tra le prime in Europa a esternalizzare la gestione delle funzioni Ict (il 57,2% utilizza solo consulenti esterni).

La “Rilevazione sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle imprese” di Istat permette di stimare la quota di imprese che impiegano personale con competenze digitali specializzate. Nel 2022 il 13,4% delle imprese con almeno 10 addetti impiega esperti Ict, il 4,9% ha provato ad assumere questo tipo di esperti o li ha assunti nell’anno precedente e il 19,3% ha organizzato nell’anno precedente corsi di formazione per sviluppare o aggiornare le competenze Ict dei propri addetti.

L’impiego di specialisti Ict rimane stabile rispetto al 2020, confermandone l’impiego ridotto da parte delle aziende italiane rispetto alla media europea (21%). In particolare, l’Italia risulta piuttosto distante da Germania (22,2%), Francia (17,6%) e Spagna (16,3%).

Come atteso, gli indicatori di adozione di specialisti Ict e di formazione informatica per i propri addetti non sono neutrali rispetto alle attività economiche svolte dalle imprese: le migliori performance vengono registrate dalle imprese appartenenti al settore della domanda di Ict specializzata e strategica: i servizi di telecomunicazione (72,4% nell’impiego di addetti e 60,4% nell’organizzazione di formazione) e l’informatica (65,2% e 56,0%) si distinguono su tutti, seguono le attività di fabbricazione di computer (39,5% e 32,8%) e quelle editoriali (35,3% e 32,8%).

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