I distretti industriali italiani sono pronti per la ripartenza grazie alla digitalizzazione e alle tecnologie 4.0, divenute ormai priorità per le imprese, insieme alle competenze, dal cui aggiornamento dipende la competitività delle nostre filiere. Secondo il rapporto annuale “Economia e finanza dei distretti industriali” realizzato da Intesa Sanpaolo (SCARICA QUI IL REPORT COMPLETO), nel 2022 le imprese distrettuali hanno visto crescere il fatturato del+16,7%, superando l’andamento del complesso del manifatturiero (+15,2%). La differenza cumulata nel biennio 2021-22 è pari a circa il 3,5%. Il 2022 è stato anche un anno record per le esportazioni delle imprese distrettuali che hanno toccato i 153 miliardi euro (+20% circa rispetto al 2019).
Le imprese con investimenti 4.0 possono vantare ebitda margin più elevati rispetto alle altre, soprattutto tra le imprese più piccole (quasi il doppio). Inoltre, le imprese distrettuali con almeno un under 40 nel board crescono di più, sono più innovative e attente agli aspetti ambientali (il 25,1% ha certificati ambientali contro il 9,7% delle imprese con il board composto solo da over sessantacinquenni).
Nel 2023-24 è prevista una crescita nominale ancora superiore al manifatturiero (+3,3% vs +0,9%), in un contesto di prezzi alla produzione pressoché invariati.
Il report, giunto alla quindicesima edizione e realizzato dalla Direzione studi e ricerche della Banca, è stato presentato dal Presidente del Consiglio di amministrazione di Intesa Sanpaolo professor Gian Maria Gros-Pietro, dal Chief Economist Gregorio De Felice e dal Responsabile della Ricerca Industry & Banking Fabrizio Guelpa.
Le priorità: tecnologia 4.0
Il Rapporto illustra la velocità del recupero dei distretti dopo il crollo del 2020, descrive poi le azioni adottate per contrastare i rincari dell’energia e quantifica gli effetti della crisi energetica sulla marginalità delle imprese. Il Rapporto si sofferma infine sulle priorità: un mix combinato di tecnologia, innovazione e capitale umano, che sono tra gli elementi chiave per ritornare a crescere nel 2024, quando la domanda si riprenderà.
Le imprese distrettuali continuano a mostrare un forte impegno sul fronte dell’innovazione (circa 75 brevetti ogni 100 imprese vs. 51 nelle aree non distrettuali), che ne rafforza strutturalmente la competitività, così come nell’adozione di tecnologie 4.0.
Secondo le indagini che la Direzione Studi e Ricerche ha condotto in più territori ad alta intensità distrettuale, i principali obiettivi raggiunti con l’adozione di tecnologie 4.0 hanno riguardato i processi, dove vengono utilizzate per favorire l’automazione delle diverse fasi produttive e per monitorare e controllare i passaggi lungo la catena del valore.
I vantaggi della tecnologia sono evidenti in termini di redditività e produttività. Da un’analisi su 423 imprese localizzate nel Triveneto, in Emilia- Romagna e nelle Marche, in gran parte attive in settori ad alta intensità distrettuale come Meccanica, Agro-alimentare e Legno-arredo, tra le imprese 4.0 emerge la miglior dinamica dell’Ebitda margin, che si è rafforzato tra il 2019 e il 2021. Si è così ampliato il divario rispetto alle altre aziende, che invece hanno subito un ridimensionamento del proprio mark up. Le differenze maggiori si osservano per le imprese più piccole: nel 2021 quelle 4.0 hanno registrato un Ebitda margin pari al 14%; il resto delle micro imprese si è fermato all’8%.
Le priorità: il capitale umano
I ritorni della tecnologia dipendono fortemente dalla qualità del capitale umano inserito in azienda. Non a caso, negli ultimi anni, è aumentata significativamente la ricerca di figure e tecnici Ict. Una quota consistente di queste nuove posizioni è di difficile reperimento, spesso per mancanza di candidati. Nelle aree a media intensità distrettuale questa sfiora, infatti, il 50% (45,6% il dato totale).
In questo contesto, le imprese possono attirare e trattenere competenze adottando mirate politiche di welfare aziendale, che possono contribuire anche a risolvere, almeno parzialmente, le difficoltà incontrate dalle donne con figli in età scolare nel conciliare lavoro e famiglia. L’analisi di un campione di circa 2.000 imprese evidenzia come nei distretti vi sia un’intensità lievemente superiore nell’adozione di misure di welfare (lo scostamento rispetto alle aree non distrettuali è pari a due punti percentuali). Il divario supera addirittura i dieci punti percentuali quando si considerano le micro imprese, che nei distretti sembrano imitare i comportamenti virtuosi delle imprese più grandi, di cui molto spesso sono partner strategici.
I ritorni dall’adozione di politiche di welfare sono evidenti: nei distretti le imprese che hanno adottato misure di welfare nel 2021 hanno raggiunto livelli di produttività per addetto pari a 69.400 euro, con una differenza dalle altre imprese che è salita a oltre 18.000 euro, il doppio rispetto al divario del 2019.
Competenze: il passaggio generazionale
Un’area di miglioramento – rileva lo studio – riguarda la governance. La capacità delle imprese di rinnovare e potenziare le proprie competenze e aprirsi con più facilità alla transizione tecnologica e green può anche passare attraverso il passaggio generazionale. L’analisi dell’evoluzione del board per classe d’età evidenzia che nell’ultimo quadriennio si è verificato un invecchiamento degli amministratori: nel 2022 nei distretti è salita al 12,6% la quota di imprese guidata solo da persone con almeno 65 anni, quasi due punti percentuali in più rispetto al 2019. Al contempo, è scesa al 19,9% l’incidenza delle imprese distrettuali con almeno un under quarantenne nel board; questa percentuale si collocava al 23,4% solo tre anni prima. La situazione nelle aree non distrettuali è addirittura lievemente peggiore.
È dunque necessario accelerare i processi di ringiovanimento del board, visti anche i ritorni positivi ottenuti dalle imprese che sono riuscite a intraprendere virtuosi processi di accompagnamento generazionale: le imprese con almeno un under 40 nel board sono cresciute di più in termini di fatturato nell’ultimo triennio e risultano più innovative e attente agli aspetti ambientali.
Lo scenario tra post-pandemia e crisi energetica
Il Rapporto si basa sull’analisi dei bilanci di più di 90mila imprese e evidenzia il recupero post-pandemico di 22.302 imprese appartenenti a 159 distretti industriali, nel confronto con 68.377 imprese non distrettuali specializzate nelle produzioni distrettuali. Emerge una migliore dinamica delle imprese distrettuali che in termini mediani già nel 2021 hanno registrato un fatturato del 5,2% superiore ai livelli del 2019, due punti percentuali in più rispetto alle aree non distrettuali. Anche la redditività si è rafforzata: l’Ebitda margin nei distretti è salito al 7,7%, tre decimi di punto in più rispetto al 2019.
A fronte di un rapido recupero, l’accresciuta complessità del contesto macroeconomico ha accentuato le distanze tra chi è più competitivo e chi è più in difficoltà: in gran parte dei settori, infatti, è aumentata la quota di imprese con Ebitda margin negativo ed è salita l’incidenza delle imprese con margini unitari superiori al 20%. È stato premiante il posizionamento strategico: tra le imprese distrettuali con brevetti, l’Ebitda margin è salito al 9,9% nel 2021, dal 9,1% nel 2019; si è così ampliato il divario rispetto alle altre imprese, salite all’8,1% dal 7,8%.
Quest’anno ai primi tre posti della classifica dei migliori distretti italiani per crescita, export, profitti e solidità finanziaria, si posizionano la Gomma del Sebino Bergamasco, il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene e i Vini e distillati del Friuli.
La lettura delle risposte delle imprese all’aumento dei costi dell’energia offre conferme sulla reattività del tessuto produttivo italiano: soprattutto nelle aree ad alta intensità distrettuale prevalgono, infatti, le azioni dirette a rivedere l’offerta per ridurre i consumi di energia, ad avviare oppure potenziare l’autoproduzione di energia, a rimodulare i turni. Molte imprese hanno già apportato soluzioni che riducono l’impatto dei costi energetici. Le imprese distrettuali che hanno installato almeno un impianto per la produzione di energia rinnovabile hanno una marginalità più elevata (9,8% vs 8,1%). Le imprese piccole e micro sono quelle che traggono i maggiori vantaggi.
L’analisi dei flussi di import evidenzia il tentativo da parte delle imprese distrettuali di diversificare i paesi di approvvigionamento, ricercando a livello mondiale ogni alternativa possibile, anche in Asia. Ciò si è tradotto in un potenziamento, almeno temporaneo, dei magazzini.