LA SEGNALAZIONE

5G, l’Antitrust stoppa il piano di Roma: “Servono misure correttive”

Secondo l’Autorità la proposta di partenariato, definita nella delibera e negli atti di dara del Comune, presenta significative criticità che potrebbero compromettere le dinamiche competitive tra gli operatori e pone dubbi sull’effettiva fattibilità del progetto. Il Campidoglio: “Nessun rallentamento”

Pubblicato il 27 Lug 2023

Campidoglio-Roma

Il Garante della Concorrenza e del Mercato stoppa la realizzazione del progetto Roma 5G, invitando il Campidoglio “a porre in essere le misure correttive necessarie a ripristinare le corrette dinamiche concorrenziali” rispetto al piano in essere nell’area metropolitana.

Questo perché “la Deliberazione e gli Atti di Gara, pur perseguendo l’obiettivo prioritario dello sviluppo della rete 5G sul territorio di Roma Capitale, non tengono adeguatamente in conto lo specifico contesto del mercato delle comunicazioni elettroniche su rete mobile che, negli ultimi anni, ha richiesto ingenti investimenti da parte degli operatori sia per l’acquisizione dei diritti d’uso di nuove frequenze idonee a sviluppare le reti in 5G, sia per la ristrutturazione delle componenti attive e passive delle stesse reti”. Le osservazioni sono contenute nel testo della segnalazione visionate in anteprima da Agi.

Le criticità riscontrate dall’Antitrust

Nel provvedimento di nove pagine, si ricorda anzitutto che “il Progetto 5G, che prevede un investimento pari a 97,7 milioni di euro di cui 20 erogati dal Campidoglio come contributo pubblico, ha l’obiettivo di dotare la città di Roma, sia sul soprasuolo che nel sottosuolo, di un’infrastruttura di rete di comunicazioni elettroniche idonea a garantire a tutti i cittadini un adeguato livello di connettività, aperta a tutti gli operatori mobili (di seguito, Mno), in modo da rispondere alle crescenti esigenze presenti e future dei cittadini. Infatti, il progetto prevede la realizzazione, gestione, conduzione e manutenzione di infrastrutture di connettività abilitanti il 5G e il Wi-Fi nel territorio comunale della città di Roma, inclusa le aree delle linee metropolitane (A, B, B1, e C) della Capitale comprensive di stazioni e tunnel, in tutte le bande di frequenza.

Nel documento si legge che la gara prevede l’aggiudicazione della concessione in esclusiva, per una durata di 25 anni, dell’attività di realizzazione e gestione dell’infrastruttura 5G sul territorio di Roma Capitale. “In questo contesto”, avverte l’Antitrust, “se da un lato non può che condividere l’obiettivo della realizzazione della rete 5G capillarmente diffusa su tutto il territorio di Roma Capitale, rete che costituisce un momento essenziale per la digitalizzazione e la modernizzazione della città di Roma, dall’altro si evidenzia che la proposta di partenariato, così come definita nella Delibera e negli Atti di Gara, presenta significative criticità che non solo compromettono le dinamiche competitive tra gli operatori per la realizzazione dell’infrastruttura 5G, ma pongono dubbi sull’effettiva fattibilità del Progetto, alla luce del concreto contesto nel quale lo stesso si inserisce”.

Un altro elemento di criticità sollevato dall’Autorità riguarda “la creazione della rete 5G interamente ex novo senza tener conto delle infrastrutture esistenti né di quelle che, in base ai piani di investimento pubblici e privati, saranno realizzate nei prossimi anni. La gara potrebbe, peraltro, spiazzare gli investimenti già realizzati o programmati andando a incidere sulla concorrenza tra infrastrutture. è fondamentale, altresì, evidenziare che il soggetto aggiudicatario avrà l’esclusiva non solo della realizzazione, ma anche della fornitura dell’infrastruttura di rete, ossia della messa a disposizione dell’infrastruttura e dei relativi apparati passivi a favore degli Mno, in quanto si prevede che, per la copertura delle aree della metropolitana, vengano progressivamente disattivate le reti preesistenti e l’aggiudicatario risulti l’unico operatore detentore delle infrastrutture. “Di conseguenza le infrastrutture sino a oggi realizzate dagli Mno potranno risultare non più utilizzabili laddove non rientrino nel progetto dell’aggiudicatario, compromettendo ogni possibile concorrenza infrastrutturale e vanificando gli ingenti investimenti realizzati e in programma per i prossimi anni, compresi quelli relativi all’acquisizione delle frequenze destinate all’esercizio di reti in 5G, messe a disposizione dello Stato con l’asta svoltasi nel 2018″.

I dubbi sui requisiti di gara

L’Autorità è perplessa anche rispetto alla “scelta di non prevedere tra i requisiti di gara la titolarità di diritti d’uso di frequenze di ciascun partecipante singolo o di almeno un partecipante laddove un’offerta sia presentata in forme associate. Sebbene tale scelta possa apparire idonea a garantire maggiore neutralità nella trattativa con i diversi soggetti che potranno chiedere l’accesso alla rete del concessionario aggiudicatario alla gara, la stessa non tiene, tuttavia, conto della circostanza che gli operatori di rete sono gli unici titolari dei diritti d’uso delle frequenze. Essi solo, pertanto, possono garantire l’accensione delle reti e, quindi, la trasmissione del segnale agli utenti. Il rischio è, pertanto, che la costruzione di un’infrastruttura gestita da un soggetto differente dai titolari di frequenze non garantisca la continuità del servizio e la sua efficienza, che rappresentano, invece, l’obiettivo dell’intero progetto, con seri pregiudizi per i consumatori finali”.

Ma all’Agcm non è sfuggito un altro rilievo critico: “Nell’architettura di gara risultano poco trasparenti alcuni profili essenziali per poter assumere la decisione di partecipare alla gara e di come costruire l’offerta. Infatti, il Progetto, il bando di gara e i relativi allegati fanno riferimento soltanto a generici obiettivi da raggiungere, senza prevedere espressamente requisiti di connettività chiari e misurabili e senza quantificare, nelle diverse aree, il gap di connettività che sarebbe necessario colmare anche mediante l’intervento pubblico, eventualmente dovuto all’assenza di efficienti reti realizzate dagli operatori già presenti nel mercato. Né vi sono evidenze di un’analisi svolta al fine di verificare i piani di investimento futuri degli operatori, per accertare l’effettiva carenza degli obiettivi di connettività previsti nel Progetto. Non vi è, inoltre, un riferimento alle condizioni di accesso all’ingrosso di terzi alle reti di nuova realizzazione, che è una condizione indispensabile in presenza di investimenti anche solo in parte effettuati con finanziamenti pubblici“.

Per l’Autorità, poi, “l’assenza di obiettivi di connettività chiari e misurabili, quali la capacità di trasmissione, la latenza, l’affidabilità del collegamento e la tipologia di rilegamento delle stazioni radio base – necessari a garantire agli utenti l’effettivo incremento della velocità trasmissiva nelle tipiche condizioni di massima intensità del traffico – non fornisce sufficienti informazioni ai concorrenti per la presentazione delle offerte che possano essere effettivamente migliorative rispetto a quella posta a base della gara, pur nell’ambito dell’esiguo margine di modifica consentito dal bando. La mancanza di tali informazioni non permette, peraltro, di verificare che l’intervento in esame non spiazzi gli investimenti realizzati o in corso di realizzazione in reti in grado di assicurare i medesimi livelli di qualità, nel rispetto della normativa europea degli aiuti di Stato. Il concessionario, che verosimilmente, alla luce di quanto precede, potrà non essere un Mno, dovrà stipulare i contratti 5G con gli Mno, ovvero gli unici operatori che effettivamente potranno “accendere” la rete. Orbene, gli atti di gara relegano, quindi, gli Mno, che sono operatori con una propria infrastruttura di rete, al ruolo di imprese sul lato della domanda di servizi wholesale con conseguente pagamento di tariffe d’accesso verosimilmente piu’ elevate rispetto a quelle altrimenti dovute nello scenario di integrazione tra reti esistenti e rete 5G e con un ulteriore disincentivo agli investimenti”.

L’Autorità ritiene, quindi, che “l’insieme dei vincoli sopra richiamati del Progetto e della lex specialis della gara presentino significativi disincentivi per gli operatori a partecipare alla gara stessa e a esercitare un’effettiva pressione competitiva sul promotore sia nella definizione di un’efficiente architettura di rete 5G sia nella competizione per il rilascio della concessione, comportando soluzioni piu’ onerose anche per la stessa stazione appaltante, con ricadute finali negative nei confronti degli utenti finali dei servizi di telefonia mobile”.

Ma per il Campidoglio non ci saranno rallentamenti

L’amministrazione comunale non sembra però impensierita dai rilievi dell’Antitrust. “In merito a notizie di stampa relative a presunti ‘stop’ dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato riguardo al progetto 5G di Roma Capitale, il Campidoglio precisa di aver ricevuto una segnalazione ai sensi dell’art. 21 della legge 287/1990 circa le modalità di realizzazione della rete in questione che non implica in alcun modo un rallentamento o un’interruzione del processo in atto“, spiega l’amministrazione in una nota. “Nel ribadire che si tratta di un progetto nato dalla necessità di dotare la città di una infrastruttura tecnologica moderna e al passo con i tempi, Roma Capitale precisa che non solo fornirà tutti i chiarimenti richiesti, ma si farà parte attiva per promuovere un dialogo con tutti gli operatori del settore per la migliore configurazione possibile della rete, che sfrutti appieno gli investimenti già realizzati e, al contempo, indirizzi lo sviluppo del progetto nell’interesse tanto degli operatori, quanto dei cittadini e della Capitale”.

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