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Benati (lastminute.com), sfida all’ultimo minuto

In forte crescita il travel online. E i servizi mobili daranno un’ulteriore accelerata al biz. L’Ad di lastminute.com Italia: “Nel nostro Paese potenziale enorme. Avanti tutta”

Pubblicato il 20 Mag 2013

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Amministratore delegato di lastminute.com Italia Francesca Benati guida anche il branch office spagnolo dell’online travel angency forse più nota d’Europa. Vanta una pluriennale esperienza nel marketing e nella comunicazione avendo calcato le scene di multinazionali come Coca-Cola, Kellogg’s Italy e Lego Company e prima di agenzie del circuito Jwt, Leo Burnett e Landor.

Benati, quando è approdata nell’e-commerce?

A inizio 2007 come marketing director in Expedia Italia e in seguito come direttore della divisione digital ed e-commerce in Blu Holding. Erano anni di forte crescita e ho dovuto imparare in fretta. Abituata al mass market dove una variazione dello 0,5% sulle quote di mercato era un successo, ricordo che il mio Ad in Expedia si lamentava di crescite “soltanto” del 75%.

Le piace l’online travel?

Moltissimo. È un mercato particolare, dove le tecniche per l’espansione del business sono complesse e affascinati. È poi il settore principale dell’e-commerce: conta per oltre il 50% sul totale del transato online. Pone dunque sfide importanti e richiede continua innovazione, offrendo spesso anche sorprese. Sa qual è oggi il prodotto più comprato con una finestra di prenotazione di due giorni?

No.

Il pacchetto vacanze da 2.000 euro.

Alla faccia della crisi.

Il nostro è un segmento anticiclico. Abbiamo chiuso il 2010 bene e il 2011 molto bene. Nei momenti di crisi c’è la percezione che con l’online si risparmi. Quattro anni fa il mercato si è contratto, ma sono aumentate le transazioni. C’era la guerra dei prezzi, soprattutto sugli hotel. L’anno scorso sono ricresciuti i volumi e gli acquisti insieme. Non è cambiata la durata dei viaggi, hanno prenotato di più.

Il pubblico è passato dalle agenzie all’online?

Sì. E sono arrivati in Rete anche player interessanti, come per esempio Yalla Yalla, che ha una piattaforma tecnologica modernissima. Consente acquisti con più carte di credito, una ricerca user friendly e la dilazione dei pagamenti. L’abbiamo subito integrata nella nostra offerta. Sono entrati online poi servizi di comparazione come Trivago, Skyscanner, Kayak e altri che hanno cambiato tutto.

Vi stanno aiutando o mettendo in difficoltà?

Paradossalmente entrambe le cose. Oggi sono tra i maggiori portatori di traffico, ma quando svolgono attività classiche di un’online travel agency posizionano le proprie offerte più in alto nei risultati e questo è per noi un problema. Hanno cambiato inoltre i paradigmi sugli investimenti online, obbligandoci a ridisegnare i nostri business model.

Cioè?

Dal punto di vista degli investimenti applichiamo di fatto due modelli: il Cpc (cost per click) e il revenue sharing. Con il secondo i rischi sono pochi, ma se si sbaglia approccio con il Cpc si possono buttare via molti soldi. La discriminante è sempre il prezzo nelle classifiche, ma abbiamo dovuto creare comunque nuovi sistemi intelligenti per intercettare i prodotti più venduti sincronizzando in maniera dinamica il nostro investimento sui portali di comparazione per aumentare il successo nelle conversioni. Dal punto di vista dei prodotti, invece, questi sistemi hanno cambiato le vendite. Quello che una volta era la formula “principe”, il pacchetto viaggio più volo, ora viene scomposto dai consumatori che ricombinano da soli le soluzioni di provider diversi.

E la comparsa dei numerosi siti di “saldi” vi ha danneggiato?

No, anzi al contrario ha sdoganato l’uso della carta di credito e delle prepagate che piacciono tanto agli italiani. Sulle formule week-end un po’ disturbano il nostro business, ma non hanno competenze per la gestione di relazioni di lungo periodo con gli albergatori e sono carenti nelle attività di promozione.

Qual è la spesa media degli italiani in viaggi online?

Sui voli è di 450 euro, negli hotel di 200 e per le vacanze tra i 1.600 e 2.000 euro.

Ma il nostro settore turistico è pronto per il Web?

Le linee aeree sono avanzate. I loro Gds sono operativi da anni. Il problema sono le strutture ricettive, che in Italia sono 39mila e quasi tutte a conduzione familiare. Mancano grossi tour operator. È una dicotomia fortissima: i trasporti sono ipertecnologici, l’alberghiero arretratissimo.

Come dare un impulso?

Quando c’era il ministro Piero Gnudi scrissi un memorandum insieme a Marco Ficarra, ex Ad di Blue Holding, con suggerimenti operativi su come sviluppare il settore. Lo consegnammo al portavoce del ministro, che non rispose mai. D’altra parte Italia.it insegna e vediamo quale fine sta facendo l’Agenda digitale…

Nella cerchia più ristretta di NetComm qualcosa si sta muovendo.

Sì, ma più sul fronte della trasparenza negli acquisti. A breve lanceremo informative per sensibilizzare consumatori e Antitrust sulla composizione dei prezzi online, che per esempio nel segmento dei biglietti aerei sta dando qualche problema. Molti operatori non adottano comportamenti adeguati, ricaricando costi finali sulle carte di credito, cambiando il prezzo d’acquisto iniziale. È un fatto tecnologico che è costato multe a numerosi player, non a lastminute.com però.

A quali tecnologie guardate con più attenzione?

Il focus oggi è sulla mobilità. Abbiamo unificato diverse piattaforme europee, centralizzando i sistemi. Per l’occasione abbiamo pensato anche soluzioni semplificate per i dispositivi mobili. Attive per Francia e Regno Unito arriveranno in Italia e Spagna a fine giugno. Il fatto curioso è che anche senza questa ottimizzazione già il 15% del nostro transato passa da sistemi mobili, quando in Francia è fermo all’8%. Il potenziale per noi è enorme.

I social media aiutano?

Sì, anche se il business è un’altra cosa. Li usiamo per la brand awareness e il traffico più che per generare volumi.

Viaggia molto?

Sì, il mio lavoro è fare tutto due volte. Budget, forecast ecc. In Italia e Spagna. Ora che i figli sono grandi porto anche loro: a Barcellona, Londra o in giro per l’Italia.

E acquisti in Rete ne fa molti?

Sono online addicted. Ho iniziato con eBay, poi sono passata a libri, vestiti e perfino agli elettrodomestici. Spendo più online che fuori dal Web: tendo a usare servizi che offrono anche la possibilità di rendere comodamente la merce, se servisse.

L’e-commerce è più “femminile”?

Non ancora. Ha però enormi potenzialità. Oggi vedo le donne più attive sui social, meno sull’e-commerce e credo dipenda anche dal fatto che spesso non sono titolari di una carta di credito in famiglia.

Lo sviluppo del settore deve essere dunque spinto più sul fronte dei consumatori?

No. Potrà sembrare strano, ma credo che sia più importante un elemento legato al business e, in particolare, alle tecnologie per facilitare le transazioni. Sono troppo legate ai circuiti delle carte di credito. Se le banche sviluppassero le interfacce per bonifici online diretti, l’e-commerce farebbe un notevole salto in avanti.

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