Apple brucia 200 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato in due giorni. Gli investitori sono stati allarmati dalla possibilità che la Cina, come trapelato qualche giorno fa, vieti l’uso dell’iPhone per i dipendenti pubblici.
La notizia, data dal Wall Street Journal, ha gettato un’ombra sul lancio del nuovo smartphone di Cupertino in calendario la prossima settimana e favorisce Huawei, che guadagna terreno minacciando la corsa di Apple per il sorpasso di Samsung come leader del mercato mondiale. Gli analisti infatti prevedevano fino a pochi giorni fa che l’imminente iPhone 15 avrebbe segnato il grande balzo di Cupertino, facendola affermare per la prima volta come il maggiore produttore di smartphone al mondo per volume. Ma la possibile stretta cinese – che ha provocato tra l’altro un calo dei titoli del 6% nelle ultime due sedute – mette a rischio l’atteso sorpasso considerato che la Cina rappresenta un quinto dei ricavi del colosso della Silicon Valley.
Il mercato cinese: uno scenario sempre più ostico per Apple
Secondo Bank of America, Apple realizza in Cina la vendita di almeno 50 milioni di iPhone all’anno e un eventuale divieto per i dipendenti pubblici di tradurrebbe nella perdita di 5-10 milioni di unità vendute. I funzionari governativi cinesi infatti non potranno, con la nuova direttiva, usare l’iPhone e altri dispositivi di marca straniera per motivi di lavoro, impedendo anche di portarli in ufficio.
Il tutto avviene in un contesto di mercato già poco promettente di suo: le spedizioni di smartphone in Cina sono diminuite nel secondo trimestre del 2023 rispetto al primo semestre a causa della debolezza della domanda derivante dalle difficoltà economiche. In particolare la Mela morsicata ha registrato un calo dell’aumento di vendite del 4% contro un aumento del 2% di Vivo e di Xiaomi e un “pareggio” di Oppo nello stesso periodo. Apple però non ha ancora concorrenti nel mercato di fascia alta, e ha dimostrato di essere più resistente durante le fasi sfavorevoli del mercato.
Come se non bastasse, Huawei ha lanciato nei giorni scorsi il suo ultimo smartphone, il Mate 60 Pro, che sembra in grado di offrire prestazioni di altissimi livello nonostante gli sforzi degli Stati Uniti di limitare la capacità di Huawei di mettere le mani sulle ultime generazioni di chip. Il Mate 60 Pro, secondo alcune indiscrezioni, è andato a ruba negli ultimi giorni con migliaia di esemplari venduti. Alcuni analisti stimano che Huawei possa vendere fino a sei milioni di unità del suo ultimo nato entro la fine dell’anno, aumentando del 65% le sue consegne del 2023. Apple sfiderà Huawei con l’iPhone 15 che, nonostante l’atteso prezzo elevato, potrebbe far registrare vendite record negli ultimi tre mesi dell’anno, quelli delle festività di Natale. Vendite che per l’appunto potrebbero consentire a Cupertino di strappare la corona a Samsung per la prima volta, a 16 anni dal lancio del primo iPhone.
Il caso Huawei Mate 60 Pro e i sospetti su Smic
Il successo del Mate 60 Pro non ha colto alla sprovvista solo gli analisti di mercato, ma anche gli esperti tecnologici, che non sanno spiegare come il fornitore di Huawei, Semiconductor Manufacturing International Corporation (Smic), sia in grado di produrre chip così potenti. TechInsights, organizzazione canadese di ricerca specializzata in semiconduttori ha rivelato che il nuovo apparecchio di punta di Huawei contiene un nuovo processore con tecnologia a 7 nanometri, il 5G Kirin 9000s, che Smic avrebbe sviluppato appositamente per il colosso cinese e che potrebbe essere frutto di una violazione delle restrizioni imposte sulle forniture tecnologiche dirette a Pechino.
Dando credito a questa ipotesi, mercoledì il deputato statunitense Mike Gallagher, presidente del Comitato speciale della Camera dei rappresentanti Usa sulla Cina, ha chiesto al dipartimento del Commercio di vietare tutte le esportazioni tecnologiche verso Huawei e Smic. L’iniziativa ha fatto precipitare le azioni di Smic, crollate del’8,3% sulla borsa di Shanghai e del 7,6% a Hong Kong. In calo a catena anche i titoli di altre chip company come Stm che ha perso il 4%.
Ma le grane non finiscono qui: il produttore di chip sudcoreano SK Hynix ha dichiarato al Nikkei Asia di aver aperto un’indagine sulla possibilità che suoi chip di memoria siano presenti nel nuovo smartphone Mate 60 Pro, nonostante la società abbia smesso di fornirli al produttore cinese proprio a causa delle restrizioni all’esportazione degli Stati Uniti. “SL Hynix non fa più affari con Huawei dall’introduzione delle restrizioni statunitensi contro l’azienda e, riguardo alla questione, abbiamo avviato un’indagine per scoprire maggiori dettagli”.