L'INCHIESTA

Byod, costi e sicurezza spine nel fianco

Molte le Pmi che vietano l’uso dei device personali. “Colpa” della complessità e delle spese per la manutenzione

Pubblicato il 22 Mag 2013

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Niente tecnologia fai-da-te. Ovvero, quando l’azienda è chiusa e non vuole che i dipendenti abbiano approcci alternativi all’ortodossia tecnologica dominante. I casi sono tantissimi, soprattutto tra le Pmi italiane in cui negli anni si è strutturato un sistema informativo costoso e funzionale al business, ma in cui l’innovazione tecnologica non è il principale strumento di crescita. Aziende, cioè, in cui il controllo sugli apparecchi dei dipendenti viene considerato più importante che non la possibilità di usufruire della pluralità di strumenti tecnologici.
Anche perché, assieme al Byod, arrivano anche la complessità, i costi per la manutenzione, il rischio di introdurre pericoli per lasicurezza informatica che mettono a rischio la proprietà intellettuale dell’azienda. Ma prima o poi sarà necessario fare i conti con queste tecnologie scelte dai dipendenti e non dai vertici. “La mobilità e il tema del Byod, della consumerizzazione – dice Ivano Mangiarotti, responsabile IT della Carlo Gavazzi Automation, azienda nel settore dell’automazione industriale con u fatturato di circa 140 milioni di franchi svizzeri – sono problematiche che stanno nascendo adesso. Ci sono i nuovi smartphone che sono inevitabili, per cui in un modo o nell’altro dobbiamo avere a che fare anche con questi strumenti”.

Le nuove tecnologie consumer che entrano in azienda sono un corpo estraneo che può porre vari problemi anche dal punto di vista degli eventuali costi di integrazione. Far partire progetti di integrazioni per un numero teoricamente illimitato di apparecchi diversi è cosa da far tremare le vene nei polsi anche al manager IT più solido. “La sfida – dice Secondo Sabbatucci, IT Infrastructure & Architecture Manager di Elica, fra le aziende più importanti nel settore delle cappe da cucina, con impianti a Fabriano e in Polonia e Messico sino alle joint venture in India e Cina – è gestire tutto con qualità di servizio e sicurezza. Abbiamo ad esempio la posta aziendale su Blackberry, che offre un altissimo grado di sicurezza”. L’utilizzo di altre piattaforme come iOS e Android non è escluso a priori, ci sono opportunità di risparmio introducendo ad esempio Skype in versione mobile su questi apparecchi. Ma la sicurezza rimane un punto centrale. “Non so cosa succederà in futuro a Blackberry – dice Sabbatucci – se se li comprerà Lenovo o cosa d’altro, comunque rimaniamo fedeli alla nostra linea. Invece i tablet proprio non li utilizziamo: solo qualche uso nel marketing per far vedere dei rendering dei prodotti ai clienti”.

Il fronte non è unitario. Sono decine le aziende che non usano e non permettono di usare gli strumenti dei dipendenti in ambito lavorativo. Ma come si fa a bloccare chi spedisce un’e-mail dall’iPad o dal telefonino? Che magari contiene informazioni sensibili? Impossibile arginare il fenomeno, sostengono molti analisti. “Cominciano a nascere – dice Mangiarotti – anche da noi le richieste di accesso ai dati aziendali via tablet e smartphone. Per questo stiamo iniziando a fare un’indagine per vedere la portabilità dei nostri applicativi, nati in ambito Php, su questi dispositivi. Valutiamo le tre principali piattaforme: iOS, Android e Windows 8 RT. In breve contiamo di dare una riposta ai nostri utenti. C’è una forte richiesta da parte dei punti vendita e dei venditori della nostra società. Non abbiamo ancora preso una decisione finale, ma manca poco”.

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