L’e-commerce è la naturale integrazione del canale fisico: presenta l’intero assortimento, può veicolare traffico sui punti di vendita fisici, può aumentare l’assortimento, virtuale, presso il punto di vendita fisico e, se gestito con accortezza, non cannibalizza il business ma anzi lo rivitalizza.
In Italia, le strutture distributive si sono evolute nel corso degli ultimi decenni soprattutto sotto la spinta di player internazionali che hanno introdotto nuovi format: factory outlet , centri commerciali, grandi superfici specializzate. Abbiamo assistito a un’evoluzione supply driven che ha generato una profonda crisi delle piccole superfici di prossimità. Con ogni probabilità, il decennio che stiamo vivendo sarà invece ricordato per una nuova trasformazione dei modelli distributivi: l’ingresso dell’e-commerce.
La grande novità risiede nel fatto che la spinta al cambiamento è demand driven e nasce dall’affermarsi di nuovi pattern comportamentali dei consumatori. L’altro elemento differenziante risiede nel fatto che l’e-commerce, con le dovute eccezioni , non cannibalizza gli altri canali ma offre opportunità d’integrazione mai sperimentate fino ad ora. Tipicamente le evoluzioni demand driven costringono l’impresa verso percorsi obbligati, si pensi al ruolo che il social sta occupando nelle pratiche aziendali: i consumatori parlano della marca e l’azienda deve prender parte alle conversazioni adottando tecniche relazionali finora inesplorate.
Con riferimento alla distribuzione commerciale, lo scenario è ancor più critico, chi non adotterà nuovi mix di canali è destinato a perdere mercati, basti pensare che: più del 5% è il peso dell’e-commerce sul totale retail in Italia nel 2012 (in Uk lo stesso valore è circa il 20%); circa il 30/40% dei consumatori cerca un prodotto online e si reca in negozio per perfezionare l’acquisto (cosiddetto Ropo –ResearchOnlinPurchaseOffline-).
L’e-commerce può assumere tre ruoli nell’ambito del mix di canali distributivi: B2C “tradizionale” (vendita online al consumatore sul sito del brand); B2C integrato con l’offline (vendita online B2C con possibilità di ritirare l’acquisto presso il punto di vendita); B2C integrato con il B2B (oltre alla vendita B2C, l’azienda offre la possibilità al trade di acquistare online assortimenti specifici rendendoli disponibili al proprio cliente presso il domicilio o il punto di vendita).
I vantaggi dell’integrazione più spinta sono quelli tipici della vendita diretta: revenues al valore di sellout, integrazione dei sales touch point fisici con quelli digitali e gestione diretta della relazione col consumatore finale attraverso tutti i canali d’interazione). A questi vanno aggiunti i vantaggi per il trade tra cui spiccano il nuovo traffico fisico in store veicolato dall’online, la minimizzazione dello stock nel punto vendita con accesso a un virtual stock illimitato predisposto dal l’impresa e accessibile dal retailer via web.
Infine vanno rilevati vantaggi per il consumatore finale che potrà fare affidamento sulla copertura di tutte le geografie, maggiori servizi presso il punto vendita come ad esempio la spedizione presso il domicilio e nuovi servizi su misura predisposti dall’impresa che ne gestisce la relazione.
In questo senso il Crm (Customer relationship management) riveste un ruolo centrale nella gestione integrata dei canali: la gestione dei touch point e la relazione sono fondamentali per massimizzare nel tempo il valore della customer base acquisendo più conoscenza, più consumatori e generando più vendite. Di qui la necessità di gestire l’insieme di queste complessità in momenti di grande focalizzazione sul business as usual; in questo modo si può rendere “cost effective “ il ricorso a un supporto esterno. Diventa fondamentale però per il brand, mantenerne il controllo strategico per ottimizzare l’integrazione con i canali tradizionali offline e per avere accesso alla mole di preziose informazioni che si possono cogliere dalla rete e che sono invece estremamente limitate nel mondo fisico.