La mancanza di adeguate competenze digitali nella PA può ostacolare la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. È quanto evidenzia la Corte dei conti nella relazione semestrale sullo stato di attuazione del Pnrr.
Servono 65mila profili specializzati
La Corte dei conti evidenzia come la PA italiana risulti in grave ritardo, rispetto agli altri Paesi europei, nella dotazione di personale specializzato in ambito digitale: per portare il peso nell’occupazione della PA delle figure qualificate come “scientists and engineers” agli standard medi europei occorrerebbe aumentarne il numero di ben 65.000 unità.
“Il Pnrr non rappresenta una rottura, rispetto alle strategie di digitalizzazione degli ultimi anni – si spiega nella relazione – ma un’accelerazione dei processi, da cui discenderanno impatti importanti dal punto di vista dei fabbisogni occupazionali espressi dalle amministrazioni”.
Secondo la Corte dei conti il recupero dei ritardi attraverso l’incremento del personale specializzato rappresenta una sfida difficile, “soprattutto alla luce delle difficoltà riscontrate nell’ultimo biennio dall’attività concorsuale per il reperimento di profili professionali tecnici o particolarmente specializzati”.
Dai giovani linfa alla PA
La maggior presenza di giovani laureati Stem-digitali, però, evidenzia anche come le misure del Pnrr che hanno l’effetto di stimolare la domanda di questo tipo di competenza determinano un impatto positivo (attraverso il canale della maggiore occupazione) sull’obiettivo di riduzione del divario intergenerazionale. “Non altrettanto, invece, può affermarsi con riguardo all’obiettivo di riduzione dei divari di genere, dato che le donne continuano a essere sottorappresentate sia tra i laureati, sia tra gli immatricolati ai corsi di laurea in ambito Stem-digitale”, conclude la Corte.
Pnrr, a che punto è l’Italia?
Complessivamente la Corte dei conti rileva buoni i risultati raggiunti dagli obiettivi europei: risultano conseguiti tutti e 28, quelli del primo semestre. Un po’ meno performanti i dati sul fronte delle 54 scadenze con rilievo unicamente nazionale. Di quelle in scadenza a giugno scorso, risulta concluso il 74%. Dei 69 obiettivi europei del secondo semestre 2023 (la maggioranza dei quali interessati da proposta di modifica nel documento di revisione del Piano), a metà ottobre ne erano stati già conseguiti 10, oltre a 6 su 15 di quelli nazionali del III trimestre 2023.
“Appare sempre più urgente – sottolinea la Corte, una spedita finalizzazione della fase di revisione del Piano per rimuovere fattori di incertezza, sia per le iniziative che rimarranno gestite nell’ambito del Pnrr sia per quelle che dovranno fuoriuscirne, consentendo a soggetti responsabili e attuatori gli opportuni adattamenti”.
L’esame sul sistema di gestione e controllo sulle attività del PNRR – affidato all’Organismo indipendente di audit – ha messo in luce controlli coerenti con il quadro normativo e svolti in modo efficace e adeguato al contesto di riferimento.
Anche le verifiche sulla rendicontazione della spesa delle Amministrazioni titolari, pur con alcune difficoltà, si mostrano in linea con quanto richiesto dall’assetto regolamentare e sono eseguite con tempistiche contenute. Per assicurare il tempestivo espletamento delle verifiche e garantire la liquidità ai soggetti attuatori andrà costantemente monitorata l’adeguatezza organica delle strutture di controllo, soprattutto quando – con l’avanzamento delle iniziative – aumenteranno i riscontri a rendiconto sulle spese effettuate.
L’impatto dell’inflazione
La dinamica inflattiva ha comportato un aumento dei prezzi dei progetti previsti dal Piano stimabile nell’ordine del 10,7%. La Corte ha evidenziato come la scelta del Governo di far fronte a questi incrementi con le risorse del Fondo opere indifferibili sia risultata efficace. Gli interventi assistiti da risorse integrative fanno emergere, in media, aumenti di prezzo del 12,6%. Le risorse aggiuntive del Fondo hanno rappresentato il 17% del finanziamento Pnrr iniziale.