Il 63,1% delle famiglie italiane, 15,4 milioni di nuclei in valore assoluto, vive in abitazioni che dispongono della banda ultralarga, che accedono cioè a Internet tramite Adsl o fibra ottica o satellitare: negli ultimi sette anni il dato è cresciuto del 17,1%, ma mancano ancora all’appello 9,1 famiglie, dove risiedono 17,1 milioni di individui.
Il Rapporto Auditel Censis
A dirlo è il Sesto Rapporto Auditel Censis, intitolato ‘La nuova Italia televisiva‘. Lo studio si fonda sulla Ricerca di base Auditel (sette wave l’anno, 20 mila abitazioni visitate, 41 mila interviste face-to-face) e analizza le modalità di fruizione del mezzo televisivo in Italia.
In particolare, i dati relativi alla connettività testimoniano di come sia ancora lunga la strada da percorrere per raggiungere l’obiettivo stabilito dal Pnrr all’interno della Strategia per la banda ultralarga, che prevede connessioni a 1 Gigabit su tutto il territorio nazionale per tutti i cittadini entro la fine del 2026.
Restano infatti fuori dalla vita digitale due milioni di nuclei familiari, pari all’8,3% del totale, composti per lo più di persone che vivono sole, per un totale di 2 milioni e mezzo di italiani che non accedono a internet da casa. Tra i nuclei familiari, il 30,2% possiede solo una connessione mobile che non sempre ha una velocità e una capacità tali da supportare al meglio tutte le attività e, soprattutto, 5 milioni e mezzo di famiglie, il 22,4% del totale si collega solo con smartphone.
Crescono fruizione in streaming e schermi connessi: il sorpasso delle Smart Tv
Il 2023 sarà tra l’altro ricordato come l’anno in cui, dopo una progressione continua e ininterrotta durata circa quindici anni, le Smart Tv hanno raggiunto e superato le Tv tradizionali, per cui oggi nelle case degli italiani ci sono complessivamente 21 milioni di Smart Tv e 20 milioni e mezzo di Tv tradizionali. Negli ultimi sette anni le Tv tradizionali si sono ridotte di 12 milioni e 100mila esemplari, mentre le Smart Tv sono triplicate, passando da poco più di 7 milioni a 21 milioni (+13 milioni e 600mila in valore assoluto). Sono ora 122 milioni i device presenti nelle case degli italiani: sono cresciuti del 2,2% nell’ultimo anno e del 9,6 % dal 2017 a oggi, per un media di circa cinque schermi per famiglia e oltre due schermi per individuo.
Nel 2023 la Ricerca di base Auditel ha contato 122 milioni di device presenti nelle case degli italiani: sono cresciuti del 2,2% nell’ultimo anno e del 9,6 % dal 2017 a oggi, per un media di circa cinque schermi per famiglia e oltre due schermi per individuo. La crescita degli schermi dipende esclusivamente dall’aumento dei dispositivi connessi, che permettono di integrare i contenuti della Tv lineare con l’offerta in streaming: nel 2023 sono 97 milioni, cresciuti del 31,7% negli ultimi sette anni e del 4,4% nell’ultimo anno, con una media di quattro device connessi per abitazione. Ai device connessi andrebbero aggiunti almeno altri due dispositivi smart che hanno fatto ingresso nelle case degli italiani negli ultimi dieci anni e che hanno funzionalità diverse, tra cui anche quella di seguire contenuti audio e video in streaming: lo smart speaker e lo smartwatch. Negli ultimi due anni le famiglie con smart speaker sono aumentate del 29,2%. Aumentano anche le famiglie che hanno in casa almeno uno smartwatch, che sono oltre 1,2 milioni, pari al 5% del totale, e sono cresciute del 43,4% negli ultimi due anni.
Dal Sesto Rapporto Auditel-Censis emerge, come ha spiegato il presidente di Auditel, Andrea Imperiali, “un aumento della visione in streaming: nel 2023, 26,3 milioni di italiani, il 45,8% del totale, ha fruito di contenuti televisivi su piattaforme e siti web; nel 2017 erano il 27% del totale e non raggiungevano i 16 milioni. Sono quindi aumentati del 66,2% nei sette anni considerati, con una spinta decisiva nell’anno della pandemia che si è mantenuta negli anni successivi (+7,3% dal 2022 al 2023). Di fronte a una tale trasformazione dei consumi, che vede protagonisti sul palcoscenico globale grandi gruppi multinazionali, i broadcaster italiani non si sono fatti trovare impreparati, anzi! Oggi con i loro cataloghi e le loro piattaforme, hanno dimostrato di poter tenere con gli ascolti lineari e recuperare preziose quote di ascolto aggiuntivo sulle piattaforme digitali”.
Il ruolo dell’ultrabroadband nell’alfabetizzazione digitale
Rispetto alla diffusione della banda larga nella Penisola, anche la XIV edizione dell’Atlante dell’infanzia a rischio in Italia, realizzata da Save the Children, fotografa una situazione a luci e ombre. Lo studio cita la Relazione Annuale 2023 di Agcom, che stima che alla fine del 2022 gli accessi broadband e ultrabroadband residenziali e per affari siano stati 18,6 milioni. Una quota pari all’81% (77% nel 2021) degli accessi ultrabroadband è commercializzata con velocità pari o superiore a 30 Mbit/s mentre il 68% (61,6% nel 2021) supera i 100 Mbit/s. In pratica, alla fine del 2022, le famiglie raggiunte da linee ultrabroadband erano il 52%, mentre nel 2016 erano appena l’8% e zero nel 2013. Lungo la strada della connettività, restano, però, differenze territoriali molto pronunciate, soprattutto nella diffusione delle tecnologie qualitativamente migliori in termini di velocità di connessione come confermato anche dal ranking delle dieci province rispettivamente con maggiore e minore diffusione tra le famiglie della banda ultra larga, con la provincia di Milano che guida la classifica (86,6%) e Isernia fanalino di coda (32,4%).
Secondo Save The Children, nel processo di alfabetizzazione digitale la scuola svolge un ruolo fondamentale nell’insegnare a utilizzare i linguaggi e gli strumenti in modo adeguato e sicuro, a partire dalla formazione degli insegnanti. Tuttavia, dall’analisi dell’Atlante dell’Infanzia 2023, emerge che circa il 30% delle scuole non è raggiunta dalla banda ultra-larga, con percentuali molto più elevate nelle aree interne, e vi sono ancora forti disuguaglianze nella dotazione di strumenti per la didattica innovativa e nella formazione docenti per ridurre la povertà educativa digitale.
“Dotare tutte le scuole di una connessione veloce e stabile e di strumenti digitali adeguati rappresenta il prerequisito essenziale per ridurre il digital divide e combattere la povertà educativa digitale, dando priorità agli istituti situati in aree particolarmente svantaggiate dove maggiore è l’incidenza della povertà materiale ed educativa”, rileva il rapporto. “In questa direzione, una svolta importante per la transizione digitale del mondo della scuola è attesa con il Pnrr per il Piano Scuola 4.0”.