Sono 38 le società quotate in Borsa Italiana attive nel settore dell’intelligenza artificiale per un market capit di 1,46 miliardi di euro. A dirlo è l’Osservatorio Ai Euronext Growth Milan, elaborato dall’Ufficio studi di Ir Top Consulting.
Le performance del segmento
Lo studio ha selezionato 38 aziende quotate su Egm, pari al 19% del totale, per otto delle quali (Almawave, Creatives Group, Cyberoo, Datrix, eViso, Expert.ai, Neosperience e Spindox) l’Ai rappresenta il proprio core business. Tra le restanti società, in 17 l’Ai è inclusa nella value proposition e in 14 rappresenta il miglior supporto al business. Le società attive nell’Ai si contraddistinguono per ricavi medi 2022 pari a 46,4 milioni di euro in crescita del 58% rispetto all’anno precedente con un ebitda margin medio che nel 2022 ha raggiunto il 18%. La capitalizzazione complessiva del panel si attesta a 1,46 miliardi di euro con market cap media di 38,5 milioni di euro e flottante medio al 32%.
“Un numero sempre crescente di Pmi sta adottando tecnologie digitali che sfruttano l’intelligenza artificiale soprattutto per ottimizzare i propri processi e migliorare la competitività”, sottolinea in una nota Anna Lambiase, ceo & founder di Irtop Consulting. “Il trend è visibile anche sul mercato Egm, dove le 38 aziende attive nell’AI si dimostrano solide e con grandi potenzialità di crescita. Le società quotate con core business Ai su Egm presentano un flottante in Ipo pari al 41% superiore alla media del mercato (33%) e hanno segnato nel 2023 una performance Ytd positiva in controtendenza rispetto alla performance negativa dell’indice Ftse Italia Growth (-17%)”,
Lo sviluppo delle competenze come fattore critico di successo per l’AI
Del resto, secondo il Global AI Adoption Index 2022 di Ibm, l’intero mercato è in fermento: il 77% delle aziende a livello mondiale si sta immergendo nel vasto panorama dell’AI, con un 35% che ha già adottato le ultime innovazioni, mentre un promettente 42% sta esplorando il suo potenziale per future implementazioni.
Ma la tecnologia da sola non basta: acquisire competenze mirate è indispensabile se si vogliono integrare in modo consapevole e proficuo queste nuove tecnologie in ambito lavorativo. L’alfabetizzazione in materia di intelligenza artificiale, specie in ambito manageriale, diventa quindi imperativo per operare in modo efficace e competitivo. Tanto più considerando l’impatto rivoluzionario che questa tecnologia sta avendo su molti settori vitali dell’economia mondiale, come il marketing, la finanza e le telecomunicazioni.
“L’AI è il futuro del business, investire in formazione e rimanere proattivi sono mosse strategiche per le aziende che desiderano essere all’avanguardia”, spiega Michele Laurelli docente di Informatica e Intelligenza Artificiale presso l’Istituto Universitario Italiano di Criminologia degli Studi di Vibo Valentia e ceo di Algoretico. “I manager dotati di competenze in AI sviluppano una mentalità data-driven, acquisiscono la capacità di lavorare a fianco delle macchine intelligenti e di comprendere i principi etici che governano l’uso di questa tecnologia. Possono quindi guidare la trasformazione digitale, ottimizzare i processi e sfruttare i dati per prendere decisioni, preparando così le loro aziende ad essere i leader di domani”
Un approccio olistico si rivela dunque la condizione fondamentale per contestualizzare l’AI nel più ampio tessuto della società e del mercato, essendo, equipaggiati per affrontare sfide come l’automazione dei processi, l’analisi dei big data e la gestione di team ibridi uomo-macchina.
I cambiamenti nelle attuali dinamiche lavorative stanno infatti creando le premesse per la nascita di nuove professioni, soprattutto nel vasto campo della tecnologia. Come conferma l’ultimo rapporto sul futuro dell’occupazione del World Economic Forum: entro il 2027 si prevede un notevole incremento del 40% degli specialisti in intelligenza artificiale, e una crescente richiesta di figure professionali come specialisti di big data e analisti di sicurezza delle informazioni, con la prospettiva di 2,6 milioni di nuovi posti di lavoro solo nel settore informatico.
Il panorama italiano: 4 aziende su 10 pronte a investire in AI
Ma cosa prevedono le aziende italiane riguardo all’impatto che avrà la tecnologia sul proprio operato? Cominciamo col dire che sono già molte le imprese che cominciano ad attrezzarsi per cogliere le opportunità di questa tecnologia: il 59% ha già sperimentato qualche strumento AI e il 40% prevede di investire nei prossimi tre anni. Il 35% è già pronto alla implementazione dell’AI, mentre il 53% guarda al medio periodo, confidando nella riduzione dei costi di questa tecnologia, che oggi risultano ancora proibitivi per la maggioranza (66%) delle imprese italiane. A dirlo è Deloitte, che ha condotto un’indagine ad hoc sull’argomento.
Le applicazioni di intelligenza artificiale più comuni tra quelle usate dalle imprese riguardano le soluzioni per l’automazione, l’ottimizzazione e la gestione di processi (38%), l’analisi dei dati (16%), l’analisi e la gestione dei rischi (15%). Meno frequenti l’uso di chatbot (13%), l’impiego per la formazione dei dipendenti (8%) e le applicazioni per la produzione di testo e/o immagini, usate solo dal 3% delle aziende nonostante il grande clamore mediatico di cui sono state protagoniste negli ultimi mesi. Solo nel 41% dei casi le aziende non hanno mai fatto alcun utilizzo di applicazioni AI.
Nonostante le numerose incertezze che ancora riguardano gli sviluppi dell’AI e la sua regolamentazione, secondo Deloitte oltre il 40% delle aziende italiane dichiara che aumenterà gli investimenti in AI nei prossimi tre anni, puntando sull’efficientamento del data management (49%), dello sviluppo prodotti e servizi (45%) e dei sistemi software (41%). Un 10% degli investimenti, invece, potrebbe servire per adeguare il capitale umano, mentre il 5% potrebbe portare a operazione di M&A quali acquisizioni, joint-venture, partnership e alleanze strategiche.
Quali sono i benefici che le aziende puntano ad ottenere con l’AI? Il 45% si aspetta una maggiore efficienza e produttività, mentre il 40% pensa a una riduzione dei costi dell’azienda. Quote inferiori ma significative puntano all’abilitazione dei nuovi modelli di business (23%) e alla capacità di guadagnare reattività rispetto ai cambiamenti esterni (20%), nonché maggiore controllo ed efficacia nel controllo dei rischi (20%). Tra le aree aziendali che potrebbero ricavare il maggiore valore aggiunto ci sono le operations (49%), l’amministrazione e il controllo di gestione (34%), le infrastrutture e sistemi IT (30%), il settore sales (17%) e il comparto R&D e innovazione (13%).
Secondo le imprese intervistate, le barriere che ostacolano l’implementazione aziendale di tecnologie AI sono la mancanza di conoscenze e competenze tecniche (40%), l’incompatibilità tecnologica con i sistemi attuali (37%) e la carenza di adeguate risorse finanziarie (31%), che nel caso delle aziende del Sud arriva al 47%. Altri ostacoli che vengono segnalati dalle aziende sono la difficoltà nella raccolta e gestione dei dati (27%) e il grado di maturità del mercato/settore di riferimento (17%).
Come detto, però, la reale implementazione dell’AI nel tessuto economico italiano procede tra molte incertezze. Così, il 71% delle aziende ritiene che l’orizzonte temporale per la diffusione dell’Intelligenza Artificiale sia di lungo periodo e il 66% fa notare come nel breve periodo la maggior parte delle tecnologie e innovazioni AI abbia un costo proibitivo per la maggior parte delle aziende italiane. Tuttavia, il 53% confida che il costo dell’AI tenderà a ridursi progressivamente grazie ad economie di scala, sinergie, guadagni di efficienza e produttività.