“La situazione delle Tlc è grave e non solo in Italia. E rischiamo un ulteriore e grave paradosso: mentre in passato le telco hanno investito decine di miliardi di euro per le reti ora non hanno più risorse e l’Europa che fa? Si muove verso la doppia strada dei sussidi e del fair share per obbligare le big tech a pagare con l’obiettivo di ‘salvare’ il settore. Palliativi che non toccano l’essenza della crisi del settore: che è l’assurda guerra dei prezzi che da 15 anni lo devasta, fortemente correlata ad un atteggiamento irragionevole, demagogico, tenuto dai governi e dai regolatori europei (e italiani), che hanno demonizzato il settore e massacrato di misure e vincoli per un irrazionale terrore di comportamenti anti-concorrenziali e lesivi per il mercato”. Andrea Rangone, presidente di Digital360 e professore del Politecnico di Milano, lancia l’allarme in occasione dell’edizione di fine anno di Telco per l’Italia. “È accaduto esattamente l’opposto: abbiamo barattato un po’ di vantaggi di costi per i consumatori e le imprese con la fragilità estrema di un intero settore, tra tutti il più strategico per il nostro futuro”.
Presidente, nel 2022 il settore europeo delle telco è in “timido miglioramento” ma non in Italia. Secondo la mappa mondiale delle Tlc appena presentata da Mediobanca il nostro Paese occupa la quinta posizione in contrazione del 3,3% sul 2021 e del 13,8% nel quinquennio, in entrambi i casi si tratta del più ampio ridimensionamento nel Vecchio Continente. Conosciamo bene le ragioni: guerra dei prezzi senza fine e modelli di business che fanno fatica ad evolvere. Edge cloud e intelligenza artificiale, il New deal delle telco è il titolo del nostro summit di fine anno: l’evoluzione tecnologica aiuterà a invertire la rotta?
Nessun New Deal sarà possibile alle attuali condizioni. Siamo il Paese che ha registrato le maggiori perdite nell’ultimo decennio e il trend rimane uguale a sé stesso. È assurdo trovarsi a ripetere sempre le stesse cose: la guerra dei prezzi va avanti e non c’è alcun segnale di miglioramento. L’intelligenza artificiale e il cloud senza dubbio rappresentano evoluzioni importanti e imprescindibili ma parliamoci chiaro: non basteranno a invertire davvero la rotta. Sicuramente ci sarà più efficienza nelle operations e nelle attività di customer care facendo recuperare un po’ di costi e, magari, un po’ di vendite in più. Ma da qui a cambiare la situazione, ossia a impattare in modo importante su ricavi e soprattutto sulla marginalità, ce ne passa.
Secondo i risultati di un report del Politecnico di Milano le mobile private network 5G destinate ad applicazioni business rappresentano la chiave di volta per spingere la banda ultralarga mobile. Cosa ne pensa?
Penso che i servizi per le imprese siano rilevanti, ma non sufficienti a garantire sostenibilità agli operatori. Bisogna tenere conto del tessuto economico-produttivo del nostro paese: l’Italia è fatta soprattutto di piccole e medie imprese e resta alto il gap in termini di alfabetizzazione digitale. Quanti saranno dunque davvero disposti a investire? Ce lo dicono i numeri: in Italia le infrastrutture ci sono, sia quelle mobili sia fisse ma la domanda non decolla.
La domanda non decolla appunto, in particolare sul fronte fibra: si sta pensando a specifici voucher per le imprese quindi torniamo al tema dei sussidi. Aiuteranno? O ci sono altre misure che potrebbero fare da traino?
I voucher sono un’arma a doppio taglio: sono fatti per spingere le attivazioni ma si manda un messaggio sbagliato al mercato e cioè si dà per scontato che consumatori e aziende non abbiano le risorse necessarie per una connettività avanzata. Ma scherziamo? Questa è una vera e propria distorsione. Non è vero che le imprese, incluse quelle di dimensioni minori, non abbiano le risorse finanziarie per abbonarsi alla fibra, e pagarla il giusto, che significa anche un prezzo “premium”, non iperscontato o addirittura sussidiato! D’altro canto sono gli stessi operatori a mandare il messaggio sbagliato continuando ad abbassare i prezzi e a “regalare” i propri servizi: questo vale sia per le offerte business che quelle consumer. Perché non ci si concentra su campagne che facciano capire il valore di una connessione veloce per migliorare la vita (dell’organizzazione e dell’individuo) e per creare benefici piuttosto che promuovere l’ennesima tariffa al ribasso o l’ultimo modello di telefonino? Perché non si lavora insieme per trasferire a consumatori e imprese il valore di questi servizi, la loro strategicità? È chiaro che questa deve essere un’azione collettiva dell’intero comparto. Anzi dovrebbe essere un’azione che coinvolga anche istituzioni e i grandi giganti online che non esisterebbero se non ci fosse una infrastruttura di telecomunicazioni moderna e veloce, inceve di pensare a fair share e sussidi.
Le telco stanno scorporando gli asset di rete. Che impatto avranno queste operazioni sul mercato?
Parliamoci chiaro, anche in questo caso se la strategia di princing per l’accesso alle infrastrutture non sarà corretta, ossia se non si troverà un reale equilibrio, si innescherà una guerra dei prezzi infrastrutturale con ulteriori distorsioni. Una volta scorporati gli asset le newco che hanno in pancia le reti a quale prezzo faranno accedere alle stesse? Queste newco vengono create per valorizzare gli asset e remunerarli: siamo sicuri che finirà così? Il tema chiave rimane il valore percepito dal mercato di questo servizi e, quindi, il corretto prezzo.
Il consolidamento è necessario ma se ne parla da anni: se ne verrà a capo?
Il consolidamento è ormai scontato. Se n’è accorta dopo anni anche la Commissione europea che enormi sbagli ha fatto nel decidere che tre operatori per Paese non fossero sufficienti a garantire la competizione. Il consolidamento sarà probabilmente l’unica via per un riequilibrio di mercato anche e soprattutto sul fronte dei prezzi. Ma la strada è ancora lunga.