“L’anno che si è chiuso è stato il più difficile per l’industria delle telecomunicazioni del nostro Paese: ci vorranno tempo e l’intervento di tante parti del sistema. Ma ci sono spiragli che possono far modificare lentamente questa situazione“.
A delineare il quadro di uno scenario che naviga ancora fra il bianco e il nero è Umberto de Julio, Presidente Quadrato della Radio, il quale entra nel merito delle vicende di cronaca del settore: “Uno di questi spiragli arriva dalla decisione di Tim di accettare l’offerta di Kkr, perché chiarisce il panorama e apre a una possibile integrazione della rete Tim con la rete Open Fiber, evitando una duplicazione di investimenti e costi. La parallela nascita di Opnet in WindTre, poi, aggiunge un altro tassello: pare che l’indirizzo italiano nel settore tlc sia ora quello del disaccoppiamento tra rete fissa e servizi. Che questo sia risultato di una logica industriale o uno stato di necessità per aspetti di regolamentazione e vincoli finanziari è secondario”. L’importante, lascia intendere de Julio, è che tutto questo avvenga.
Cresce l’interesse degli investitori e delle authorities sulle tlc
Allargando lo sguardo all’Europa, secondo de Julio, “sta succedendo qualcosa di interessante: leggendo i rapporti di alcuni operatori si nota un cambiamento di clima di alcuni investitori rispetto al mondo delle tlc, e in particolare su infrastrutture ed ex-incumbent. Si tratta del risultato di alcuni fatti successi di recente. Ad esempio l’operazione di Stc su Telefonica, l’ingresso in Vodafone di Niel, il deal Kkr su Tim: sono tutte operazioni che hanno acceso gli interessi degli investitori sulle infrastrutture. Altra cosa positiva è l’attesa di una maggior considerazione delle authorities sulle telecomunicazioni: vedi Germania, dove si parla di estensione delle licenze su spettro radio, vedi Uk, dove si parla di facilitazioni fiscali per investimenti nel digitale, vedi il passaggio dell’operazione Vodafone-Three in Gran Bretagna senza rilievi. Sono step importanti, che ci invitano a guardare con fiducia al futuro”, puntualizza il presidente.
AI: la vera sfida del futuro, ma Italia e Ue sono indietro
Poi c’è il tema dell’AI: sappiamo quanto possa essere importante per il nostro settore. Una sfida raccolta per prima dalle telco del Far East. L’esempio più eclatante è quello delle due compagnie, una sudcoreana e una di Singapore, che con Deutsche Telecom e l’operatore dell’Arabia Saudita – ovvero quattro operatori in tre continenti – hanno costituito un’alleanza che mira a condividere i costi ricerca e sviluppo per piattaforme di AI, ma anche a portare risultati di questi sviluppi verso altri operatori.
Meno regolamentazione, più ricerca e sviluppo
Su questo fronte c’è in tutto il mondo grande fermento. E l’Europa non è esclusa: “In Italia – chiarisce de Julio – ci sono le iniziative di Fastweb, Iliad, il rapporto Tim. Ma la sensazione è che l’Italia e l’Europa stiano accumulando un po’ di ritardo rispetto Asia e Usa, concentrandosi più sulla regolamentazione. Sembriamo più preoccupati di creare limiti agli altri che di supportare noi stessi: dovrebbe invece esserci uno sforzo europeo per sostenere lo sviluppo di piattaforme AI, senza che le telco debbano acquisire tecnologie da altre parti”.
Insomma, l’evoluzione sarà difficile e comporterà trasformazioni epocali. “Ripenso al periodo di successo del Gsm, quando gli operatori europei rinunciarono a idee di sviluppi autonomi e si misero d’accordo per una soluzione europea che poi ebbe successo in tutto il mondo – conclude de Julio – Ecco: oggi sogno uno sviluppo di piattaforme AI supportate dall’Unione europea, in cui gli operatori possano riprendere un loro ruolo e creare sviluppo e margini crescita per il futuro”.