Burocrazia e stato digitale: sembra un ossimoro ma in realtà la digitalizzazione della pubblica amministrazione e delle procedure di governo è un processo chiave per affrontare le complesse sfide di innovazione Si stima che il settore del GovTech varrà oltre 1 trilione di dollari entro il 2028: l’aumento degli investimenti è spinto dalla necessità dei governi di rendere i servizi più efficienti ed efficaci per cittadini e imprese, aumentando al contempo la fiducia.
Accelerare l’innovazione pubblica
In occasione di Davos 2024, il World Economic Forum e il GovTech Campus Deutschland, l’ente fondato dal governo federale e dai lander, hanno annunciato la creazione del Global Government Technology Centre a Berlino (Ggtc).
Il Ggtc si concentrerà sull’innovazione, sulla trasformazione digitale e sull’applicazione delle tecnologie emergenti nell’organizzazioni del settore pubblico.
Il nuovo centro fungerà da hub per la Rete GovTech del Wef e avvierà progetti per diffondere e ampliare le migliori pratiche e aiutare ad accelerare la trasformazione digitale dei governi.
“Si sta aprendo l’era del GovTech – spiega Markus Richter, presidente del consiglio del GovTech Campus Deutschland – L’impatto della tecnologia sul governo e sull’amministrazione pubblica è più profondo di qualsiasi altro periodo di trasformazione governativa nella nostra storia”.
I tool del GovTech
Tuttavia, perché il GovTech sia veramente trasformativo, i decisori politici devono prima cambiare l’ approccio nell’affrontare il cambiamento. E per questo serve una scatola degli attrezzi dato che il GovTech non è una singola tecnologia ma l’applicazione di un insieme di strumenti tecnologici per affrontare le sfide pubbliche. Si va dalla realizzazione di una infrastruttura pubblica dove viaggiano i servizi fino alle modalità di erogazione di prestazioni sanitarie, di welfare o istruzione.
In India ad esempio è stato portato avanti un progetto di identità digitale (Aadhaar) che ha visto coinvolta la quasi totalità della popolazione; Diia invece è un’app ucraina che consente di accedere ai servizi pubblico. Poi c’è Pix il sistema di pagamenti digitali del Brasile che mira all’inclusione finanziaria.
Si tratta di progetti di successo che hanno messo la persona e suoi bisogni al centro. Perché il GovTechi sia realmente efficace, infatti, le istituzioni devono ascoltare le esigenze degli utenti e fare da ponte con le aziende perché le tecnologie rispondano a quelle esigenze.
Pensiero creativo e giovani talenti
Ma la tecnologia da sola non basta. Perché il GovTech funzioni serve anche un pensiero laterale, un pensiero creativo, e un quadro di valori e principi che guidi lo sviluppo. Altro punto chiave è il coinvolgimento di giovani talenti tecnologici dentro l’amministrazione grazie a partnership pubblico-privato e attraverso iniziative di condivisione della conoscenza e di costruzione della comunità: con questo obiettivo è nata ad esempio Atrium, la piattaforma digitale co-creata dal GovTech Campus Deutschland e dal Forum.
Il digital divide
L’enorme potenziale del GovTech è ostacolato però dal divario digitale, proprio in quelle aree del mondo che invece ne trarrebbero maggior beneficio. La pandemia ha accelerato la digitalizzazione, eppure il 33% della popolazione globale (2,6 miliardi di persone) rimane offline sia per la mancanza di accesso ai device e alle infrastrutture di connessione sia per la mancanza di competenze.
Un fenomeno particolarmente pronunciato nel Sud del mondo, dove la mancanza di un’infrastruttura di connettività sofisticata – come il 5G e la fibra – limita lo sviluppo tecnologie innovative come l’AI, la blockchain e l’Internet delle cose (IoT).
Prioritario dunque colmare questi divari se vogliamo che il GovTech si sviluppi in tutto il suo potenziale. In questo scenario va segnalata l’iniziativa L’Edison Alliance, Centro per la Quarta Rivoluzione Industriale del Wef che sta mobilitando leader del settore privato e pubblico a questo scopo.
Il GovTech richiede una mentalità imprenditoriale che unisca competenze diverse, attingendo a intuizioni di responsabili politici, accademici, sviluppatori e anche degli stessi cittadini finali.