La frammentazione del mercato europeo delle Tlc ostacola le crescita e impatta sulla concorrenza. Intervenendo all’evento “Le prospettive dell’economia internazionale: mercati, imprese e rischi politici in un anno elettorale” organizzato da Aspen Institute, Assolombarda, Pirelli, il presidente di Cassa depositi e prestiti, Giovanni Giorno Tempini ha acceso i riflettori sulla delicata questione.
Nelle Tlc, “come facciamo a pensare di competere se negli Usa per un mercato più o meno equivalente in termini di utilizzatori, ci sono tre o quattro compagnie e in Europa ne abbiamo 70? Sono questioni oggettive”, si è chiesto Gorno Tempini.
“Certo che poi il punto che segue è: quale sarà la bandiera del campione europeo che nasce? Questo – ha sottolineato – è un punto delicato e importante, ma se non entriamo nel merito del fatto che questo è un gap strutturale allora il tema negoziale scompare del tutto il che è particolarmente importante per l’Italia, che sta facendo meglio degli altri con resilienza, ma è caratterizzata da un’economia frammentata ben nota”.
Mercato unico arma negoziale dell’Europa
Secondo Gorno Tempini la “la vera arma negoziale dell’Europa sia il mercato unico che ora è in una fase di debolezza e fatica”.
“Sembra abbia perso di vigore e abbia bisogno di essere ri-energizzato, ma è un punto cruciale perché quello ha l’Europa – ha però evidenziato – Vi è una capacità di investimento che facciamo fatica a mettere a terra se non iniziamo a ragionare con una vera logica europea e se non riprende con vigore anche il tema dell’integrazione paneuropea temo sia una ‘diminutio’ che ci porteremo appresso e quel gap tenderà a aumentare”.
Il rapporto Etno
Le considerazioni di Gorno Tempini arrivano a qualche giorno di distanza dalla presentazione del rapporto Etno, nel quale si evidenzia un record di investimenti nelle Tlc a fronte dei quali, però, non si registrano solidi ricavi per gli operatori. Anzi, il fatturato del settore in termini di Arpu risulta essere il più basso a livello mondiale.
Nel dettaglio l’Arpu mobile è di 15 euro in Europa, contro i 42,5 euro degli Stati Uniti, i 26,5 euro della Corea del Sud e i 25,9 euro del Giappone. Lo stesso vale per l’Arpu della banda larga fissa, pari a 22,8 euro in Europa, contro i 58,6 euro degli Stati Uniti e i 24,4 euro del Giappone. Solo la Corea del Sud ha registrato un valore inferiore (13,1 euro).
Dati che mettono in allarme l’associazione secondo cui i ritorni sul capitale investito si è quasi dimezzato nel recente passato: nel 2017 era del 9,1%, mentre nel 2022 è sceso al 5,8%, a dimostrazione che è sempre più difficile per le telco europee generare ritorni adeguati sui loro investimenti. Una situazione che fa il paio con il proliferare degli operatori mobili con oltre 500mila clienti: 45 quelli mappati nel 2023 contro gli 8 degli Stati Uniti, i 4 di Cina e Giappone e i 3 della Corea del Sud. E nel 2022 il CapEx pro capite delle telecomunicazioni in Europa si è attestato a 109,1 euro, inferiore a quello della Corea del Sud (113,5 euro) e di gran lunga inferiore a quello degli Stati Uniti (240,3 euro).
E dati che mettono in forte rischio la roadmap di Ftth e 5G.