PA digitale: un mondo in chiaroscuro. Secondo il report “Pubblica amministrazione locale e Ict – anno 2022″ dell’Istat, aumenta infatti l’offerta di servizi online degli enti locali, ma resta da rafforzare la sicurezza informatica.
I dati affermano che, nel 2022, l’86,4% delle Regioni e il 70,4% dei Comuni consente di svolgere online l’intero iter, dall’avvio alla conclusione, di almeno un servizio pubblico locale. Al contempo è in forte aumento, dal 34,3% del 2018 al 54,2%, l’utilizzo di servizi di cloud computing da parte delle PA locali. Inoltre il 74% delle PA locali accede a Internet tramite connessioni veloci (almeno 30 Mbps, Megabit per secondo), mentre raddoppia (35,8%) rispetto al 2018 (17,4%) la diffusione di quelle ultraveloci (almeno 100 Mbps). E mentre il 5,1% delle PA locali (l’81,8% delle Regioni) ha investito in intelligenza artificiale o analisi dei big data o ha pianificato di farlo nel triennio 2022-2024, un dato resta allarmante: sette amministrazioni locali su dieci non hanno una gestione codificata degli eventi di sicurezza Ict.
Ma vediamo nel dettaglio quanto emerge dal report.
Sette PA su 10 senza gestione codificata degli eventi di sicurezza ICT
Partiamo proprio dalla cybersecurity. Secondo il report, le amministrazioni locali con processi codificati di gestione degli eventi di sicurezza informatica (incidenti, allarmi di sicurezza o tentativi di attacco) sono appena il 29,2% (95,5% delle Regioni). Nel triennio 2020-2022 le PA locali hanno messo in campo azioni legate alla sicurezza informatica e in particolare il 79,8% ha acquistato o aggiornato software di sicurezza, il 51,2% ha preferito affidarsi a incarichi di consulenza a esperti esterni, il 36% ha elaborato o modificato protocolli di difesa e/o prevenzione, il 27,2% ha investito in formazione aggiuntiva al personale sulla sicurezza informatica, il 2,7% ha potuto assumere personale dedicato alla sicurezza informatica, e un’ultima parte ha indicato il disaster recovery come ulteriore area di azione.
Emerge poi che, mentre a fine 2018 circa otto PA locali su 10 erano senza Responsabile della transizione digitale (Rtd), a fine 2022 il 72,1% lo aveva nominato al suo interno o in forma associata. All’Rtd competono tutte le attività operative e i processi di riorganizzazione funzionali alla realizzazione di un’amministrazione digitale e aperta, all’erogazione di servizi facilmente utilizzabili e di qualità, al raggiungimento di migliori standard di efficienza, al monitoraggio della sicurezza informatica e questo ruolo richiede competenze specifiche anche tecnologiche. Il 27,8% dei Comuni che aveva nominato un Rtd a fine 2022 lo aveva fatto attribuendo questo ruolo direttamente al Segretario Comunale, il 23,4% a figure dirigenziali dell’area amministrazione e bilancio, mentre l’86,4% delle Regioni (il 57,0% delle Province) aveva scelto proprio un direttore dei servizi informativi (16,0% nei Comuni, 73,3% in quelli con oltre 60mila abitanti). Il miglioramento delle dotazioni Ict, della gestione in rete e dell’offerta online pone un accento ancor maggiore sulla necessità di valutare la sicurezza informatica delle PA locali. Il 15,1% delle PA locali ha nominato un Responsabile per la sicurezza al proprio interno (54,5% delle Regioni) o in gestione associata; invece, il 21,9% ha affidata la sicurezza Ict all’esterno, tipicamente a un fornitore di servizi (22,7% delle Regioni).
Si consolida l’infrastruttura Ict della PA locale
Nel 2022, la quasi totalità delle pubbliche amministrazioni locali (99,7%) usa pc desktop e il 76,7% anche pc portatili (63,4% nel 2018). In generale, si registra una maggiore diffusione di portatili e strumenti di videoconferenza a seguito della nuova organizzazione del lavoro (ad esempio lo smart working), avviata nella fase pandemica. Nel 2022, 22 dipendenti su 100 hanno a disposizione un portatile, contro gli 8 su 100 del 2018. Un ufficio autonomo di informatica è presente nel 95,5% delle Regioni e nel 93,6% delle Province, mentre sono appena il 21,0% i Comuni che ne dispongono (14,9% nel 2018). L’8,1% dei Comuni ne ha istituito uno in gestione associata, in particolare in Emilia-Romagna (77,0%).
Aumenta la quota di PA locali nelle quali il personale ha partecipato ad attività formative in Ict (si passa dal 16,9% del 2018 al 23,9% del 2022). Contestualmente si osserva una quota maggiore di dipendenti che hanno seguito corsi di formazione Ict (23,5% nel 2022 e 9,5% nel 2018). Tra le tecnologie volte a ridurre i costi, risulta stabile l’adozione di software open source (50,2% delle PA locali, 50,9% nel 2018), mentre cresce la quota di enti che si affidano all’acquisto in modalità e-procurement (da 80,9% a 83,4%). Le amministrazioni locali segnano una crescita di circa 20 punti percentuali nell’utilizzo di servizi di cloud computing rispetto all’edizione precedente dell’indagine. La crescita è costante in tutte le macroaree territoriali, confermando l’elevato utilizzo soprattutto da parte delle PA locali del Nord-est (74,0%, 51,9% nel 2018) a fronte dei ritardi di quelle del Nord-ovest (48,4%) e del Mezzogiorno (49,4%). Migliorano sensibilmente i livelli di disponibilità dei servizi offerti online dalle amministrazioni locali: passa dal 47,8% del 2018 al 70,3% la quota di enti che offrono la possibilità di avviare e concludere online l’intero iter del servizio richiesto, dal 68,3% al 83,1% (58,3% nel 2015) gli enti che offrono la possibilità agli utenti di caricare online documentazione relativa ai servizi richiesti.
Aumenta la formazione Ict per il personale
Gli indicatori relativi alla formazione e alla gestione delle attività legate all’informatica confermano, in un quadro evolutivo positivo, le differenze strutturali già rilevate nelle edizioni precedenti della rilevazione. Nei Comuni l’incidenza della formazione in Ict è legata alla classe di ampiezza demografica: dal 17,3% di quelli fino a 5mila abitanti (11,5% nel 2018) al 57,6% dei Comuni con oltre 60mila abitanti (era il 46,4% nel 2018). La presenza di rilevanti divari strutturali si rileva anche a livello territoriale: si passa dal 38,4% dei Comuni del Nord-est che hanno organizzato corsi di formazione informatica al 16,7% di quelli del Mezzogiorno. In media il numero di ore di formazione erogate dalle PA locali ogni 100 dipendenti si attesta a 59,0 (23,3 nel 2018) con una differenza notevole tra Comuni di diverse dimensioni (105,7 ore per quelli con oltre 60mila abitanti contro la media di 61,4 ore registrata per tutti i Comuni).
Le principali tematiche su cui si è svolta la formazione nelle PA locali sono applicazioni e software specifici (71,4%), sicurezza Ict (49,4%,) argomenti riguardanti il web (42,2%). Le funzioni informatiche sono affidate in gran parte a fornitori privati (94,7%) in concorso con il personale interno che comunque risulta in flessione negli ultimi anni (dal 70,8% del 2012 al 63,6%). Nel caso delle Regioni, è ancora rilevante e in crescita anche l’utilizzo dell’outsourcing verso imprese a controllo pubblico (dal 72,7% del 2018 al 90,9%). A fronte della richiesta di diffusione di servizi online è aumentata la necessità di formare il personale delle amministrazioni locali nelle aree che la trasformazione digitale e la crisi pandemica hanno reso più importanti: tra il 2020 e il 2022 il 66,4% delle PA locali ha optato per una formazione specifica sulle piattaforme abilitanti previste dal Piano Triennale Ict (PagoPA, Anpr, ecc.), il 44,9% sull’identità digitale (25,6% nel 2018), il 58,7% sui pagamenti telematici (era 44,2%) e il 20,2% sul cloud computing (era al 7,5% nel 2018).
Cresce il grado di informatizzazione della PA locale
Nonostante lo sviluppo della digitalizzazione, l’89,1% delle PA locali utilizza comunque strumenti analogici (timbri, firme, sigle) nella protocollazione, anche se, tra queste, circa il 45% lo ha fatto solo fino a un quarto della documentazione, indicando un miglioramento rispetto al 2018. Nel 2022 le attività più progredite per l’informatizzazione in rete sono la gestione di altri incassi (ad esempio quelli legati all’applicazione PagoPA) pari a 70,0% (56,4% nel 2018), la gestione di gare d’appalto (53,6% rispetto a 44,1% nel 2018) e la gestione dei concorsi (23,5%,16,2% nel 2018). Il 41,9% delle amministrazioni locali e la totalità delle Regioni rendono disponibili open data (65,3% dei Comuni con oltre 60mila abitanti). Sono disponibili dati open soprattutto nell’area dell’Economia e Finanze (71,7%), dell’e-government (59,4%) e dell’Istruzione, cultura e sport (54,9%). Sono i Comuni delle Province autonome di Bolzano/Bozen e Trento ad offrire più degli altri dati in formato aperto (69,0% e 62,0%). In relazione ai livelli di disponibilità degli open data proposti dal Modello per i dati apertiii, le quote degli enti che rendono disponibili questi dati variano dall’88,0% del livello base di disponibilità all’8,6% del livello massimo. Le soluzioni di open source adottate dalle amministrazioni locali sono relative a browser web (94,3%) e office automation (78,6%), meno diffuse le piattaforme di e-learning (7,2%). Circa il 47,0% degli enti locali che adottano soluzioni open source sostituiscono del tutto il relativo software a pagamento sia per i browser web che per le piattaforme di e-learning.
La razionalizzazione degli acquisti avviata negli ultimi anni indica che l’89,1% delle PA locali che acquistano in modalità e-procurement utilizza Consip nelle procedure di acquisto; il 97,9% effettua acquisti attraverso piattaforme telematiche (incluso il mercato elettronico Mepa), il 61,7% mediante convenzioni gestite telematicamente (il 95,5% delle Regioni), il 59,9% utilizza cataloghi elettronici e il 53,1% (95,5% delle Regioni) gli accordi quadro. Tra i servizi di cloud computing più utilizzati spiccano le applicazioni software (84,8%), la posta elettronica (76,3%) e l’archiviazione di file (65,6%). Tra i benefici derivanti dall’utilizzo del cloud computing che le amministrazioni locali indicano di livello medio-alto nel 2022 si evidenziano il miglioramento dei livelli di sicurezza e privacy (87,7%) e di accessibilità e usabilità dei servizi (83,5%) oltre che la semplificazione nelle operazioni di aggiornamento software (79,1%). Al 31 dicembre 2022 il 38% delle PA locali non aveva definito un piano di migrazione verso i servizi cloud qualificati da AgID, mentre l’11,5% l’ha dichiarata come conclusa.
Crescono i servizi online dedicati alle famiglie
Rispetto alla disponibilità online dei 27 servizi analizzati, il 70,3% delle PA locali (60,3% nel Mezzogiorno), 86,4% delle Regioni (rispettivamente 47,8% e 54,6% nel 2018) ha dichiarato di rendere possibile l’avvio e la conclusione per via telematica dell’intero iter relativo al servizio richiesto. Si tratta soprattutto dei servizi anagrafici che nei Comuni passano da 65,5% all’83,9%, la carta d’identità (da 58,8% a 70,8%) e la richiesta di contrassegno di invalidità (da 46,1% a 60,0%), servizi di mensa scolastica (da 55,1% a 66,0%) e contravvenzioni (da 30,8% a 45,5%). Aumenta anche l’offerta sanitaria online da parte delle Regioni, come per la scelta del medico di base, passata dal 36,4% al 68,2%, e la richiesta di esenzioni (dal 22,7% al 31,8%).
Il 76,6% delle PA locali dichiara che l’utenza può accedere ai servizi online attraverso l’identità digitale Spid (era 20,5% nel 2018), per le Regioni tale quota sale al 100% e per i Comuni più grandi al 99% (rispettivamente 72,7% e 58,2% nel 2018); emergono differenze territoriali tra i Comuni del Nord con percentuali oltre l’80% e quelli del Mezzogiorno (67,5%). Il 43,9% (21,9% nel 2018) delle PA locali utilizza la carta nazionale dei servizi (Cns) e per la carta di identità elettronica si passa dal 5,5% del 2018 al 59,6%. Queste forme di identità digitale hanno sostituito quelle classiche relative a credenziali del tipo nome utente e password utilizzate al 39,9% delle PA locali nel 2022 rispetto al 50,3% nel 2018. Vengono indicate anche altre forme specifiche di accesso tramite Eidas, pec o l’accesso diretto senza alcuna identificazione.
Aumentano gli enti che misurano obiettivi e risultati della digitalizzazione
La possibilità di monitorare e analizzare l’andamento dell’offerta online dei propri servizi rispetto all’utenza e all’efficienza dell’organizzazione permette alle amministrazioni di definire e guidare la trasformazione digitale verso obiettivi misurabili di miglioramento della qualità dei servizi. Con riferimento al grado di digitalizzazione, il 38,6% dei Comuni con oltre 5mila abitanti aveva definito obiettivi misurabili da raggiungere nel triennio 2020-2022 mentre tale impegno aveva riguardato il 22,1% degli enti rispetto a target 2016-2018.
Il 63% delle PA locali (il 53,6% nel Mezzogiorno e il 70,2% nel Nord-est) ha effettuato nel triennio 2020-2022 interventi di natura tecnica, finanziaria o normativa per migliorare i servizi online forniti dall’amministrazione, in forte crescita rispetto all’edizione passata (38,7% riferito al triennio 2016-2018). Nell’82% degli enti che li hanno realizzati, tali interventi hanno generato una semplificazione delle modalità di accesso e presentazione delle istanze; nel 67,5% un aumento della percentuale di richieste pervenute online sul totale e nel 61,2% un aumento della quota di pratiche evase interamente online sul totale. Seguono la riduzione dei tempi di attesa per i servizi online (51,2%), la riduzione dei costi (45,8%) e l’aumento degli indicatori misurabili di soddisfazione dell’utenza (31,1%).
Ancora poca intelligenza artificiale e analisi di big data
Il 5,1% delle PA locali, l’81,8% delle Regioni, ha effettuato o pianificato per il triennio 2022-2024, investimenti in strumenti innovativi di Intelligenza Artificiale o di tecniche di analisi di Big Data. A livello dimensionale emergono i Comuni di dimensione maggiore con oltre 60mila abitanti (36,7%) e tra le Regioni si distinguono quelli della Regione Molise (11%). Le Amministrazioni provinciali del Nord raggiungono quote più elevate (circa 13%) rispetto a quelle del Centro (5,0%) e del Sud Italia (5,7%).
Tra gli strumenti o tecniche già adottate o che si è programmato di adottare emerge l’analisi dei dati provenienti da “Internet delle cose” come telecamere, sensori di traffico, centraline meteo, dichiarata dal 70,9% delle PA locali che ha deciso di investire in tali strumenti innovativi; seguono il 59,9% per l’analisi dei dati provenienti da “Internet delle persone” attraverso tweet, social media, smartphone e accessi al sito web, il 37,7% in dashboards e strumenti di visualizzazione dei dati, il 26,4% in chatbot o assistenti digitali virtuali, il 15,1% in tecniche di analisi di big data come text mining e analisi automatica del linguaggio. Nel triennio 2020-2022 i fattori che hanno inciso molto o abbastanza sul processo di digitalizzazione delle Amministrazioni locali sono legati a obblighi legislativi (89,4%), le direttive provenienti dal Governo centrale (Agid, Team digitale, ecc.) e locale (88,2%), la disponibilità di finanziamento (78,3%) e la necessità di contenere i costi (61,8%).