Preto: “Ict, open garden per il rilancio”

Il commissario Agcom: “L’interoperabilità è essenziale per promuovere la concorrenza su contenuti, piattaforme e device. Ritengo necessario che anche i regolatori europei e nazionali si facciano smart”

Pubblicato il 01 Lug 2013

Lotta ai giardini recintati e sostegno alla neutralità della rete, per realizzare una piena concorrenza nel mercato. Solo così è possibile rilanciare la domanda di servizi Ict. Questo può essere un compito proprio del regolatore, secondo Antonio Preto, consigliere di Agcom. Gli strumenti sono i soliti, quelli delle regole, ma in questo momento difficile per il settore è ancora più importante avvalersene. Può nascerne un antidoto alla crisi dei consumi.
Preto, i consumi sono al tracollo e per la prima volta, secondo un recente rapporto Confcommercio, gli italiani riducono la spesa anche sulle telefonate ai cellulari. Che può fare il regolatore per rilanciare la domanda?
Sicuramente può fare la sua parte, a cominciare dalla tutela del consumatore. Se è vero infatti che siamo circondati da nuove tecnologie, è anche vero che dobbiamo fare i conti con una popolazione, quella italiana, con una percentuale elevata di persone anziane e che soffrono di un gap tecnologico.
E quindi quale potrebbe essere il ruolo del regolatore, a tutela degli utenti? Anche e soprattutto di quelli meno esperti…
Semplice, in sintesi: il regolatore deve diventare smart. Oggi siamo sempre più circondati da oggetti smart, dai telefoni alle tv, persino gli occhiali. La possibilità offerta dal connubio digitalizzazione-rete rende gli oggetti intelligenti. Ma se queste intelligenze non si parlano, l’utente finale dovrebbe moltiplicare la sua intelligenza per gestire piattaforme multiple, con il rischio di passare da “smart technology for a smart man” a “smart devices for a crazy man”. Ecco perché ritengo necessario che anche i regolatori, europei e nazionali, siano smart. È quindi necessario dire no ai walled gardens, sì agli open gardens. L’interoperabilità è essenziale per promuovere la concorrenza sui contenuti, sulle piattaforme e sui device, semplificando il consumo digitale degli utenti.
In quali ambiti?
Oggi su Internet viaggiano soprattutto contenuti audiovisivi. I dati parlano chiaro, entro il 2016 più della metà del traffico Internet complessivo sarà costituito da video. L’Italia è il decimo mercato mondiale per il consumo di video online, il primo in Europa per tasso di crescita. Questi contenuti sono creati da chiunque: semplici utenti, operatori Over the top, broadcaster, editori, major cinematografiche e discografiche. E noi non vogliamo che fra questi ci siano viaggiatori di prima classe e viaggiatori di seconda. A questo proposito in vista del 2015, quando su tutti i decoder, per legge, ci sarà anche lo standard DvbT-2, abbiamo avviato una consultazione pubblica per una nuova classificazione dei decoder in tecnica digitale. E sempre in materia di decoder, il 9 maggio scorso l’Autorità ha messo in consultazione l’aggiornamento delle specifiche tecniche per passare al Dvb-T2.
Più forza agli standard, quindi.
Sì, gli standard sono fattori cruciali per l’innovazione e la crescita, al pari della concorrenza. E quando standard e concorrenza vanno di pari passo il successo è quasi assicurato.
La crisi però colpisce non solo le tasche dei consumatori, ma anche quelle di chi dovrebbe investire nella qualità dei servizi. Sta diventando un circolo vizioso, come spezzarlo?
Sì, la crisi economica in corso non sta favorendo gli investimenti, né privati né pubblici. Ecco perché bisognerebbe incoraggiare quelle iniziative che potenziano l’uso delle infrastrutture esistenti e rafforzano la cooperazione sui progetti pubblici già pianificati. Pensiamo ai lavori di cablatura da parte di Telecom Italia e Fastweb cui guardo con interesse. Le società hanno deciso la strada di un’efficiente cooperazione a monte (rete primaria) per la competizione a valle (cliente finale). Una scelta in linea con la proposta della Commissione europea, che prevede un set minimo di diritti e obblighi per ridurre i costi delle opere di ingegneria civile e favorire gli investimenti.
In definitiva, rilanciare i consumi Ict è possibile.
Sì, ma ciascuno deve fare la propria parte. Accanto al regolatore ci deve essere il governo. L’Italia d’altra parte non è il Qatar: a giugno nel convegno Broadband for All di Stoccolma, ho ascoltato la collega di Doha, la quale spiegava che da loro regole e politiche sono nelle mani del medesimo organo. Da noi non è così, ecco perché ognuno deve fare la propria parte.

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