Sono terminati, con un nulla di fatto, i colloqui tra la startup israeliana di cybersicurezza Wiz e Alphabet, società madre di Google, in merito a un accordo di takeover da 23 miliardi di dollari. Se il deal fosse andato in porto, sarebbe stata la più grande acquisizione di sempre di Mountain View. Una fonte vicina al top management di Wiz ha citato, tra le cause del fallimento dell’operazione, i dubbi espressi dall’antitrust e dagli investitori.
Wiz ora punta sull’Ipo e su un fatturato da 1 miliardo di dollari
L’amministratore delegato di Wiz, Assaf Rappaport, ha dichiarato in una nota che l’azienda si concentrerà ora su un’offerta pubblica iniziale, come aveva pianificato in precedenza, e punta a raggiungere un fatturato annuale ricorrente di 1 miliardo di dollari.
“Dire di no a offerte così umilianti è difficile, ma con il nostro eccezionale team mi sento sicuro di fare questa scelta”, ha precisato Rappaport, riferendosi a una generica offerta di acquisizione. Né Alphabet né Wiz hanno infatti riconosciuto ufficialmente le trattative. La nota di Wiz, d’altro canto, non nominava né Google né Alphabet.
Nelle scorse settimane erano uscite indiscrezioni in merito a progressi verso il raggiungimento di un accordo. Secondo una persona che aveva familiarità con la questione, la valutazione della startup era stata quasi doppia rispetto a quella che Wiz aveva annunciato a maggio, quando aveva raccolto un miliardo di dollari in un round di finanziamento privato che la portava a un valore di mercato di 12 miliardi di dollari.
Le possibili conseguenze per Mountain View
Wiz è stata fondata nel 2020 dal suo attuale amministratore delegato e da altri colleghi, e offre soluzioni di sicurezza informatica per il cloud computing che aiutano le aziende a identificare e rimuovere i rischi critici grazie all’intelligenza artificiale.
La startup sarebbe stata la seconda grande acquisizione di Alphabet nel settore della cybersicurezza, dopo quella di Mandiant per 5,4 miliardi di dollari nel 2022. La decisione di Wiz di annullare l’accordo rappresenta una potenziale battuta d’arresto per Mountain View, che ha investito nella sua infrastruttura cloud e si è concentrata sulla conquista di clienti per questo verticale, che lo scorso anno ha generato un fatturato di oltre 33 miliardi di dollari.
Si tratta del secondo colpo subito da Alphabet nell’ambito M&A negli ultimi tempi, dopo la notizia della decisione di abbandonare un accordo per inglobare la società di software di marketing online HubSpot.
Google fa un passo indietro sui cookie: manterrà quelli delle terze parti
Nel frattempo Google ha annunciato di mantenere di voler mantenere i cookie delle terze parti nel suo browser Chrome. Un’inversione di rotta, dopo che per anni la società si era impegnata a eliminare gradualmente i piccoli pacchetti di codice destinati a tracciare gli utenti su Internet.
La decisione segue le preoccupazioni degli inserzionisti – la principale fonte di reddito dell’azienda – che sostengono che la perdita dei cookie nel browser più diffuso al mondo limiterà la loro capacità di raccogliere informazioni per la personalizzazione degli annunci, rendendoli dipendenti dai database degli utenti di Google.
Anche l’Autorità per la concorrenza e il mercato del Regno Unito aveva esaminato il piano di Google, temendo che potesse ostacolare la concorrenza nella pubblicità digitale.
“Invece di deprecare i cookie di terze parti, introdurremmo una nuova esperienza in Chrome che consenta alle persone di fare una scelta informata che si applichi a tutta la loro navigazione sul web e che sia in grado di modificare in qualsiasi momento”, ha dichiarato Anthony Chavez, vicepresidente dell’iniziativa Privacy Sandbox sostenuta da Google, in un post sul blog.
L’iniziativa Privacy Sandbox, avviata nel 2019, è volta a migliorare la privacy online e a sostenere le imprese digitali, con un obiettivo chiave: l’eliminazione graduale dei cookie di terze parti.
Chavez ha dichiarato che Google sta collaborando con le autorità di regolamentazione, come la Cma e l’Information Commissioner’s Office del Regno Unito, nonché con gli editori e i gruppi per la tutela della privacy sul nuovo approccio, continuando a investire nel programma Privacy Sandbox.