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Materie prime critiche, il Wef: “Serve cooperazione internazionale per vincere la sfida sostenibilità”



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Materiali cruciali per guidare la trasformazione digitale e ambientale. “Non bastano piani nazionali, necessaria più collaborazione tra Stati per abbattere i costi e rispettare gli standard Esg”. Centrale il ruolo dei Paesi in via di sviluppo

Pubblicato il 19 ago 2024

Federica Meta

Giornalista



terre rare

Le materie prime critiche sono il nuovo “petrolio” dell’economia dato che alimentano i comparti strategici per la crescita legati a digitale e nuove tecnologie.

La transizione verso le energie rinnovabili, la digitalizzazione dell’economia e gli sviluppi delle tecnologie all’avanguardia dipendono infatti da pochi minerali selezionati (litio, cobalto, rame, grafite, nichel e terre rare sono comunemente intesi come i “sei grandi”). In questo contesto, evidenzia un’analisi World Economic Forum, è essenziale che le strategie messe in campo dai Paesi si basino su una cooperazione internazionale in grado di ridurre al minimo la frammentazione dovuta alla rivalità geopolitica.

Il trilemma dei minerali

Quando si tratta di elaborare strategie minerarie – rileva il Wef – i responsabili politici si trovano di fronte a un trilemma ovvero come bilanciare tre priorità che spesso sono in conflitto: sicurezza, costi e sostenibilità. “I Paesi non devono lasciare che le priorità ambientali vengano messe da parte in nome della sicurezza nazionale – si spiega nell’analisi – Allo stesso modo si deve garantire che l’estrazione non causi o aggravi pratiche lavorative dannose”.

Un esempio è la produzione di energie elettrica. I combustibili fossili rimangono una fonte di energia a basso costo, ma le emissioni di carbonio hanno impatti dannosi sull’ambiente oltre a porre anche sfide sul fronte della sicurezza, quando i Paesi dipendono da Stati “belligeranti”. Il conflitto in Ucraina ha costretto molti Paesi europei a fare i conti con le implicazioni strategiche della loro dipendenza dagli idrocarburi russi.

Il nodo dei costi

La transizione energetica può essere una soluzione ai problemi di sicurezza e sostenibilità, soprattutto per i Paesi europei ma, secondo il Wef, c’è un’alta probabilità che il costo a breve termine rimanga elevato. Le catene di approvvigionamento dei minerali critici necessari per guidare le transizioni sono complesse e meno mature di quelle dei combustibili fossili. Inoltre, c’è una grande incertezza riguardo alle quantità necessarie per raggiungere gli obiettivi di zero emissioni nette di carbonio. Recenti stime dell’Agenzia internazionale per l’energia basate sugli obiettivi climatici nazionali suggeriscono che la domanda di minerali critici quadruplicherà entro il 2040.

Inoltre, il costo ambientale dell’estrazione di minerali critici mette in discussione la fattibilità di tale transizione. Come spiega Vlado Vivoda dell’istituto di formazione Rabdan Academy: “Semplicemente non ci sono abbastanza minerali critici là fuori se vogliamo produrre secondo i principali standard ambientali e sociali”.

Frammentazione o collaborazione?

A complicare ulteriormente lo scenario il fatto che tra Paesi non c’è collaborazione: ognuno ha elaborato strategie standalone che potrebbero favorire la frammentazione geopolitica.

“Con l’aumento della competizione strategica tra grandi potenze come gli Stati Uniti e la Cina, insieme a strategie come il disaccoppiamento, il de-risking, il friendshoring e l’onshoring, è probabile che la corsa per assicurarsi i minerali critici possa portare a una situazione in cui i blocchi in competizione sfruttino le scarse risorse e trascurino i costi ambientali”, spiega il Wef.

Un simile scenario deve essere evitato. “Al contrario, la cooperazione internazionale deve essere prioritaria per garantire la disponibilità a lungo termine di minerali critici – sottolinea ancora il Wef – Collaborare per identificare i minerali critici e le loro catene di approvvigionamento è un primo passo fondamentale per impegnarsi in una collaborazione internazionale significativa”.

Centralità dei paesi in via di sviluppo

Qualsiasi strategia internazionale deve porre al centro gli interessi dei Paesi in via di sviluppo dove si trova gran parte dei minerali critici – l’Africa sub-sahariana detiene il 30% delle riserve minerarie mondial e la sola con la Repubblica Democratica del Congo da sola rappresenta il 70% delle forniture di cobalto – e gli interessi di questi Paesi rischiano di essere messi in ombra dalle priorità geostrategiche ed economiche delle economie più all’avanguardia.

Questa situazione solleva importanti interrogativi sull’impatto che l’estrazione ha sulle popolazioni locali, soprattutto se si tiene conto del fatto che, ad esempio, oltre l’80% dei progetti sul litio e più della metà dei progetti di nichel e rame sono in zone abitate da popolazioni indigene. E l’estrazione di queste risorse potrebbe portare alla migrazione delle popolazioni locali e alla distruzione degli ecosistemi naturali. Ecco perché l’attuazione di standard Esg è fondamentale e proteggere gli ecosistemi fragili e i mezzi di sussistenza di coloro che vi vivono è essenziale”.

“Mentre i responsabili politici elaborano strategie nazionali per i minerali critici, bisogna gettare le basi per un quadro internazionale che consenta di costruire un futuro più sostenibile, equo e sicuro. Solo cooperando i paesi saranno in grado di bilanciare le priorità concorrenti di sicurezza, accessibilità economica e sostenibilità”, conclude il report.

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