Aica: “L’Ict sia un driver per il rilancio dei beni culturali”

Il presidente Bruno Lamborghini: “Serve sostenere il settore individuando professionisti dell’Ict in ambito culturale”

Pubblicato il 05 Nov 2009

Certificare le competenze informatiche per rilanciare i beni
culturali italiani  e, con essi, la competitività del Paese. È
l’appello lanciato in occasione del Congresso nazionale Aica
(Associazione italiana per l’Informatica ed il Calcolo
Automatico)  in corso fino a domani presso l'Università La
Sapienza di Roma.
 
“Perché la tecnologia possa dispiegare in modo completo il suo
potenziale di sviluppo è necessario da un lato assicurarsi risorse
umane dotate di competenze di qualità, in grado di gestire il
cambiamento; dall’altro è essenziale che gli utenti di nuovi
servizi e nuovi progetti basati sulla tecnologia siano in grado di
appropriarsene e di fruirne al meglio, moltiplicando il valore
positivo dell’innovazione – spiega afferma Bruno Lamborghini,
presidente di Aica -. Questo è particolarmente vero per il settore
dei beni culturali, che costituisce risorsa essenziale per il
nostro paese, ma non solo:  sono numerosi gli ambiti che tramite
le tecnologie potrebbero innovarsi in modo radicale.  Tutto ciò
va garantito attraverso adeguate iniziative, che uniscano a
contenuti formativi standardizzati e costantemente aggiornati, una
valenza internazionale –  così da potersi collocare nel contesto
globale che caratterizza la realtà economica e sociale
odierna”.
 
In questo senso la digitalizzazione offre immense opportunità per
creare sinergie, nuove forme di fruizione e di presentazione del
patrimonio culturale, nuove modalità di tutela e forme di gestione
dello stesso.
 “Bisogna lavorare per trasformare il nostro patrimonio
culturale in una risorsa per rilanciare un “nuovo Made in
Italy” per lo sviluppo del paese si deve associare un triplice
impegno – prosegue Lamborghini -. L’individuazione di figure e
competenze professionali specialistiche per l’Ict nei beni
culturali; la  diffusione delle competenze informatiche nel
personale delle amministrazioni, enti, aziende cui fa capo il
patrimonio culturale italiano nel suo insieme; l’azione per
favorire l’ampliamento dell’utenza finale in grado di
apprezzare i nuovi beni culturali “digitali” e fruirne
pienamente. In questo contesto, la disponibilità di modelli
certificati a livello europeo per le competenze informatiche è un
punto di partenza essenziale, su cui costruire nuove
opportunità”. 

Nonostante l’affermazione e la diffusione delle certificazione
informatiche europee (Ecdl ed Eucip) che contribuiscono a
sviluppate Ict skilla, però, Aica  invita a fare di più per
eliminare alla radice l’ignoranza informatica.  Ignoranza che ha
un costo economico e competitivo rilevante per il Paese. A
dimostrarlo anche i numeri delle ricerche annuali “Il Costo
dell’Ignoranza Informatica” realizzate in collaborazione
realizzato con Sda Bocconi: l’ultimo report rileva che il
fardello delle scarse competenze Ict pesa per circa 16 miliardi di
euro.

“Nella sola Pa Centrale si è arrivati a calcolare una perdita di
produttività netta nel lavoro d’ufficio che per  il 35% è
dovuta alla mancata preparazione dell’addetto e per il 65%
all’indisponibilità e al malfunzionamento dei sistemi
informatici – conclude Lamborghini -. Oltre agli utenti, sono
quindi chiamati in causa anche gli specialisti ICT responsabili dei
sistemi: essenziale pertanto raccordare e diffondere insieme
formazione di base e specialistica, attraverso l’utilizzo di
standard riconosciuti. E’ quanto il Cnipa ha fatto, ad esempio,
includendo i profili Eucip nelle linee guida per le forniture Ict
nella pubblica amministrazione”

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