Nel 2009 l'eCommerce B2c in Italia, inteso come il totale delle
vendite realizzate da siti italiani, è stimato poco sopra ai 5,8
miliardi di euro, dato stabile rispetto al 2008 (+1%). La
recessione gioca a favore dell'e-commerce. Nel 2009 cresce il
numero di ordini (+13%), il fatturato cresce di un solo punto
percentuale, ma si riduce del 10% lo scontrino medio. Più
allineata alla media europea la spesa annua per Web shopper (800
euro) , mentre è ancora basso il numero di consumatori online
(circa 8 milioni) rispetto agli utenti Internet.
In particolare è in forte crescita la vendita online di
Abbigliamento (+42%), l'Editoria, musica ed audiovisivi
registra un +17%, mentre si riduce il Turismo (-3%), che
rappresenta il 51% del valore dell'eCommerce in Italia,
confermandosi il primo settore in assoluto. Rimane comunque
prevalente in Italia la vendita di servizi (66%) rispetto alla
vendita di prodotti (34%), in contro-fase rispetto ai mercati
esteri.
Questa la fotografia tracciata dall'Osservatorio Netcomm –
School of Management del Politecnico di Milano giunto alla nona
edizione, presentata a Milano nel corso di un incontro dal titolo
"eCommerce 2009: segnali positivi, nonostante la crisi"
organizzato dall'Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – School of
Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net).
Durante il Convegno sono stati presentati i risultati della
Ricerca, basata su oltre 200 casi di studio, che fornisce la
valutazione preconsuntiva del mercato italiano
dell'eCommerceB2c nel 2009, oltre al consuntivo del 2008, e
analizza puntualmente tutte le principali evoluzioni strategiche in
atto.
L'eCommerce B2c in Italia, inteso come il totale delle vendite
realizzate da siti italiani, dovrebbe superare di poco i 5,8
miliardi di euro nel 2009 restando sostanzialmente stabile rispetto
al 2008. È la prima volta, a partire dal 1999, che l'eCommerce
B2c nel nostro Paese non cresce con tassi a due cifre. La
sostanziale stabilità del fatturato complessivo è in realtà
l'esito di due fenomeni contrastanti, la crescita nel numero di
ordini (+13%) – e quindi di atti di vendita online – e la
contestuale riduzione del valore medio dello scontrino (-10%). Il
valore aggregato è per altro il risultato di dinamiche molto
diverse tra i singoli operatori. Oltre il 60% dei player analizzati
ha dichiarato un fatturato in crescita nel 2009 e ben due terzi di
questi con tassi superiori al 20%. Solo 1 operatore su 5 presenta
un fatturato in calo e solo nel 4% dei casi la riduzione è
maggiore del 20%.
Disaggregando a livello di macro-aree, le vendite di
"prodotti" B2c – informatica ed elettronica di consumo,
libri, abbigliamento, alimentari – aumenteranno del 17% circa
superando gli 1,1 miliardi di euro, mentre le vendite dei
principali "servizi" – biglietti, viaggi, assicurazioni –
chiuderanno il 2009 a circa 3,5 miliardi di euro, in calo del 2%.
Positivo, sia per i prodotti che per i servizi, è l'andamento
del numero di ordini evasi che cresce del 20% e del 10% circa,
rispettivamente, mentre si riduce del 10% lo scontrino medio nei
servizi. Luci e ombre sull'insieme dei settori minori, in calo
complessivamente del 4% circa rispetto al 2008: vi sono comparti
con andamenti positivi (ad esempio il Made in Italy, le ricariche
telefoniche, il ticketing) e altri che fanno registrare una
flessione (ad esempio le vendite nel canale consumer to consumer).
Se si analizzano più puntualmente l'andamento delle vendite
all'interno dei principali comparti merceologici, quello con il
tasso di crescita più elevato è l'Abbigliamento con un +42%
rispetto al 2008.
"Nonostante la sostanziale stabilità del mercato eCommerce –
ha dichiarato Alessandro Perego, Responsabile Scientifico
dell'Osservatorio eCommerce B2c di Netcomm e School of
Management del Politecnico di Milano – nel 2009 verranno
evasi oltre 21 milioni di ordini, il 13% in più rispetto al 2008.
L'incremento è significativo in tutti i principali comparti,
anche se vi sono sostanziali differenze – si va dal +50% fatto
registrare dall'Abbigliamento, al +17% dell'Editoria,
musica ed audiovisivi, al 10% del Turismo e al 5%
nell'Informatica ed elettronica di consumo. Nel complesso
questo dato dimostra comunque una crescente propensione ed
abitudine da parte del consumatore italiano all'utilizzo del
canale online. Si riduce, però, lo scontrino medio, da circa 240 a
215 euro nel 2009, a dimostrazione di una maggiore attenzione ai
prezzi da parte di venditori e acquirenti. La riduzione è assai
limitata nei comparti di prodotto (-1%) e molto significativa nel
Turismo, da 300 a 250 euro circa.
La spesa media annuale online di un web shopper italiano, non
lontana dagli 800 euro, è inferiore del 15% circa alla media
europea (940 euro), anche se molto al di sotto del valore
registrato in Uk (1.350 euro). I Web shopper in Italia, 8 milioni
circa pari al 19% degli Internet User, sono ancora in numero molto
contenuto se paragonati a quelli di Francia (19 milioni pari al 54%
degli Internet User), UK (28 milioni pari a oltre il 70% di
Internet user) e Germania (33 milioni pari a poco più del 60%
degli Internet user)."
"È sull'internazionalizzazione che si gioca la sfida del
sistema industriale e produttivo del nostro Paese, nella capacità
di fare della qualità che ci contraddistingue sui mercati esteri
la leva verso il successo del nostro sistema imprenditoriale. – ha
commentato Roberto Liscia, Presidente di Netcomm Consorzio
del Commercio Elettronico Italiano – La qualità nella
commercializzazione dei beni e servizi e infine nella capacità di
comunicare i valori del nostro Paese, si traduce in aumento delle
esportazioni e in opportunità di crescita e occupazione nel
sistema economico. Il dato registrato quest'anno dalla Moda è
segnale inequivocabile che va a confermare la strategicità
dell'ecommerce per valorizzare la nostra produzione nel Mondo.
Questo vale nel turismo così come nella moda e in tutti gli altri
campi più propri del "Made in Italy".
Solo che il ritardo italiano contribuisce a far perdere di
competitività alle nostre imprese e comporta che si importino via
web più merci (oltre 1.700 milioni di euro) di quelle che si
esportano (circa 1.000 milioni di euro). Questo saldo negativo di
700 milioni di euro pesa sulla competitività, aggravando un
ritardo che è sia infrastrutturale sia culturale. Le evidenze
dimostrano una diretta correlazione tra diffusione della banda
larga e sviluppo del commercio elettronico e tra questo e
competitività del sistema Paese. Ecco perché serve che in tema di
banda larga venga accolto l'invito formulato dal Ministro
Claudio Scajola di sbloccare i fondi del Cipe previsti dal Governo.
Solo sbloccando questi fondi si può facilitare un ulteriore
sviluppo del commercio elettronico e sanare il disavanzo
commerciale con l'estero, favorendo la competitività e
conseguentemente l'occupazione. È una necessità per lo
sviluppo da cui non si può davvero derogare."
La dinamica del mercato
Stabile a 5,8 miliardi di euro il valore del mercato. In crescita
la vendita di prodotti, stabili o in leggera decrescita la vendita
di servizi e le transazioni consumer to consumer L'eCommerce
B2c in Italia, inteso come il totale delle vendite realizzate da
siti italiani, dovrebbe superare di poco i 5,8 miliardi di euro nel
2009 restando sostanzialmente stabile rispetto al 2008.
È la prima volta, a partire dal 1999, che l'eCommerce B2c nel
nostro Paese non cresce con tassi a due cifre. La sostanziale
stabilità del fatturato complessivo è in realtà l'esito di
due fenomeni contrastanti, la crescita nel numero di ordini (+13%)
– e quindi di atti di vendita online – e la contestuale riduzione
del valore medio dello scontrino (-10%). Oltre il 60% dei player
analizzati (oltre 200) ha dichiarato un fatturato in crescita nel
2009 e ben due terzi di questi con tassi superiori al 20%. Solo 1
operatore su 5 presenta un fatturato in calo e solo nel 4% dei casi
la riduzione è maggiore del 20%. In sintesi, la maggior parte
degli operatori cresce e la sostanziale stabilità del valore
aggregato è principalmente imputabile ad un paio di fallimenti
eclatanti -Todomondo e Myair – e all'integrazione di Airone e
Volareweb in Alitalia (fenomeni che insieme spiegano ben oltre 200
milioni di euro di riduzione) oltre a poche iniziative importanti
che hanno invece sperimentato una contrazione del fatturato.
L'andamento dell'eCommerce B2c nelle principali
macro aree
Disaggregando a livello di macro-aree, le
vendite di "prodotti" B2c – informatica ed elettronica di
consumo, libri, abbigliamento, alimentari – aumenteranno del 17%
circa superando gli 1,1 miliardi di euro, mentre le vendite dei
principali "servizi" – biglietti, viaggi, assicurazioni –
chiuderanno il 2009 a circa 3,5 miliardi di euro, in calo del 2%.
Positivo, sia per i prodotti che per i servizi, è l'andamento
del numero di ordini evasi che cresce del 20% e del 10% circa,
rispettivamente, mentre si riduce del 10% lo scontrino medio nei
servizi. Luci e ombre sull'insieme dei settori minori, in calo
complessivamente del 4% circa rispetto al 2008: vi sono comparti
con andamenti positivi (ad esempio il Made in Italy, le ricariche
telefoniche, il ticketing) e altri che fanno registrare una
flessione (ad esempio le vendite nel canale consumer to
consumer).
I principali comparti merceologici: focus su Turismo e
Abbigliamento
Analizziamo più puntualmente l'andamento delle vendite
all'interno dei principali comparti merceologici. Il comparto
con il tasso di crescita più elevato è l'Abbigliamento con un
+42% rispetto al 2008, seguito dall'Editoria, musica ed
audiovisivi con una crescita del 17%, mentre più distanti – in
termini di crescita percentuale rispetto al 2008 – il Grocery e
l'Informatica ed elettronica di consumo con il 9% e 7%
rispettivamente. Tengono le Assicurazioni, sostanzialmente stabili
rispetto al 2008, mentre è in calo del 3% circa il Turismo così
come l'aggregato di micro comparti e c2c che dovrebbero ridursi
del 4% circa.
L'eCommerce nel Turismo
dovrebbe chiudere il 2009 a circa 3 miliardi di euro, in calo del
3% rispetto al 2008, con un peso pari a circa il 50% del mercato.
La riduzione del fatturato è principalmente legata ad una
significativa riduzione dei prezzi e in parte anche a fenomeni
contingenti come la chiusura di alcune importanti iniziative – ad
esempio Todomondo e Myair – e l'accentramento, a livello
europeo, di alcune iniziative multinazionali del commercio
elettronico che hanno ridotto il presidio diretto sul nostro Paese
– ad esempio Expedia e Venere. Lo scenario economico di crisi ha
spinto gli operatori ad essere particolarmente aggressivi da un
punto di vista commerciale con l'obiettivo di saturare il più
possibile le strutture e i mezzi di trasporto. L'effetto netto
è stata una significativa riduzione dello scontrino medio (-12%)
parzialmente compensato da un buon incremento nel numero di ordini
(+10%).
L'Abbigliamento è il comparto con il tasso di crescita più
elevato – più 42% per oltre 100milioni di euro di fatturato in
più rispetto al 2008 – e consolida così la seconda posizione, per
valore, tra i comparti di prodotto, dopo l'Informatica e
l'elettronica di consumo. Non è un caso che, proprio
nell'Abbigliamento, negli ultimi due anni, si sia assistito ad
un significativo ampliamento dell'offerta con l'entrata nel
mercato online sia di molte delle principali case moda già
presenti offline con boutique o negozi (Armani, Bata, Diesel,
Dolce&Gabbana, Energie, LaPerla, Marni, Meltinpot, Misssixty,
RobediKappa, Stone Island, Valentino), che di molti player che
operano con il modello del club online (Born4shop, BuyVip,
Privalia, Saldi Privati). Un ruolo chiave per lo sviluppo del
settore continua a essere giocato da Yoox che, nella duplice veste
di sito di eCommerce e di service provider, ha letteralmente
trascinato online molti operatori del settore.
Imprese tradizionali e Dot Com
Analizzando la ripartizione delle vendite in funzione della
tipologia di impresa – distinguendo quindi tra imprese Dot Com
ovvero nate per operare su Internet e Imprese Tradizionali
(commerciali, produzione di servizi e produzione di prodotti) – si
nota come la quota delle Dot Com dovrebbe scendere al 44% circa
delle vendite eCommerce, a fronte di un aumento della rilevanza
delle imprese Tradizionali Commerciali e Produttrici. E' questa
la conferma di un trend già iniziato nel 2008. Questa dinamica
dipende dai buoni risultati di alcuni operatori tradizionali nei
diversi comparti di prodotto (sia le case moda
nell'Abbigliamento, che alcuni retailer della Grande
Distribuzione negli altri comparti) e dalle contestuali prestazioni
un po' meno brillanti del passato di eBay e di alcune Dot Com
nel settore del Turismo.
Multicanale e Pure Player
È interessante analizzare anche la ripartizione delle vendite tra
operatori Pure player (operatori che vendono esclusivamente
attraverso il canale online) e Multicanale (operatori che al canale
online affiancano punti di vendita fisici (gli store), la vendita
per corrispondenza o tramite telefono (a distanza) o la
combinazione di questi (Composito). Si nota una riduzione del peso
dei Pure Player di quattro punti percentuali (dal 54 al 50%),
prevalentemente a fronte delle performance non brillanti di molti
operatori Pure Player del Turismo (le agenzie di viaggio in
primis), a beneficio delle imprese Multicanale che complessivamente
raggiungono il 56% delle vendite eCommerce. Cresce moderatamente la
quota degli operatori che combinano il Web con gli Store fisici,
sia a seguito dell'ingresso di nuove insegne (prevalentemente
nell'Abbigliamento, ma anche nell'Informatica ed
elettronica di consumo e nell'Arredamento) che delle
buoneperformance di alcuni operatori già presenti online
(Mediaworld, Esselunga, la Feltrinelli.it). Cresce anche
l'incidenza degli operatori multicanale compositi (che
combinano molteplici canali di vendita) grazie, prevalentemente, ai
buoni risultati di Trenitalia. Gli operatori specializzati nella
vendita a distanza, tra cui le compagnie di assicurazione dirette,
mantengono invece stabile la loro incidenza sul totale delle
vendite.
La presenza online della distribuzione moderna
Uno dei dati che più impressiona è il peso estremamente limitato
delle iniziative promosse da Imprese Tradizionali Commerciali (11%)
e del correlato basso peso che rivestono le iniziative capaci di
coniugare il canale online con i negozi fisici (13%). Decisivo nel
determinare questi risultati è lo scarso coinvolgimento della
distribuzione moderna nell'eCommerce italiano. Come ormai
rileviamo da diversi anni, la distribuzione moderna nei diversi
comparti – alimentare e non alimentare (abbigliamento, informatica
ed elettronica di consumo, arredamento e prodotti per la casa,
articoli sportivi, libri e musica, ecc.) – risulta infatti ancora
fortemente a margine dell'eCommerce B2c italiano.
A onor del vero, abbiamo colto nel 2009 diversi segnali
incoraggianti, soprattutto dagli operatori della distribuzione
moderna non alimentare. Un terzo delle insegne ha oggi un sito di
eCommerce, il doppio circa rispetto a 4 anni fa. Nel 2009 si è
assistito, infatti, all'ingresso di alcuni retailer
nell'Abbigliamento – Cisalfa, Decatlhon, D&G e Furla –
nell'arredamento/design con Artemide e Foppapedretti,
nell'Informatica ed elettronica di consumo con Coeco e Darty
nell'Editoria, musica ed audiovisivi con Libraccio ed, infine,
nella profumeria con the BodyShop. In ambito alimentare, lo
scenario resta invece decisamente meno confortante, con oltre il
90% delle insegne della distribuzione moderna non implicati in
alcun progetto di commercio elettronico.
I sistemi di pagamento
Anche nel 2009 oltre l'80% dei pagamenti sarà effettuato
contestualmente all'acquisto online, tramite carte di credito
(principalmente tradizionali, ma anche prepagate) o con Paypal (il
più diffuso tra i diversi wallet elettronici). A cambiare rispetto
al 2008 è il mix con cui i due strumenti vengono utilizzati: in
leggero calo Paypal a fronte dell'andamento delle vendite c2c
in cui questo strumento è particolarmente diffuso, in lieve
aumento le carte di credito. Incrementa il suo peso percentuale
passando dal 8% al 9% il bonifico bancario, grazie anche alla
diffusione sempre maggiore dell'home banking tra i consumatori
italiani. Stazionario il contrassegno con una quota del 5% circa.
È trascurabile il peso degli altri strumenti di pagamento (vaglia,
finanziamento e altro).
La dinamica dell'export
Le vendite all'estero dei siti di eCommerce italiani – grazie
in particolare alle prenotazioni alberghiere e
all'Abbigliamento – sfioreranno quota 950 milioni di euro, in
crescita del 9% circa rispetto al 2008, con una incidenza del 16%
sulle vendite complessive. I tre mercati principali restano
l'Unione Europea, gli Stati Uniti e il Giappone. Analizzando
l'incidenza delle vendite all'estero, sul totale delle
vendite online, per ciascun comparto merceologico, si nota come
l'export sia un fenomeno significativo solo per un paio di
comparti: l'Abbigliamento, con oltre il 50% di vendite fuori
confine, e il Turismo, con il 18%, settori che generano
rispettivamente il 20 ed il 65% circa del valore complessivo delle
vendite oltreconfine. La restante parte di export è da attribuirsi
ad alcuni micro comparti del made in Italy (enogastronomia,
prodotti artigianali e ticketing per eventi). Tutti gli altri
comparti – Informatica ed elettronica di consumo, Editoria,
Assicurazioni, Grocery – sono essenzialmente mercati domestici.
La domanda in Italia
Oltre alla prospettiva di mercato tipica delle nostre analisi, in
cui si misura il valore delle vendite da parte dei siti italiani a
clienti italiani o stranieri, abbiamo provato, anche
quest'anno, a stimare il valore della domanda di eCommerce in
Italia, intesa come la somma degli acquisti effettuati da clienti
italiani sia su siti italiani che su siti stranieri. Sottraendo al
valore delle vendite dei siti italiani le vendite all'estero e
aggiungendo una ragionevole stima dell'import (ovvero
l'acquistato da parte dei consumatori italiani su siti
stranieri) si ottiene un valore della domanda nel 2009 pari a 6,6
miliardi di euro, sostanzialmente in linea con quanto fatto
registrare nel 2008. L'acquistato da siti stranieri è composto
per quasi tre quarti da biglietteria aerea (Ryanair, EasyJet, ecc.)
e nella restante parte da libri (Amazon) e prodotti di informatica
ed elettronica di consumo (eBay.com e Pixmania.com). Anche se la
"bilancia" import-export sembra pendere in maniera netta
sull'import occorre rilevare che la maggior parte degli
acquisti all'estero è comunque realizzato su siti in lingua
italiana difficilmente distinguibili, per l'utente, dai siti
nazionali. Se si restringe l'ambito ai soli siti in lingua
straniera, il valore dell'acquistato da parte dei consumatori
italiani si riduce di un fattore 10.