Dal Delaware arriva un ostacolo imprevisto per Vivendi e il suo piano di cessione di Activision Blizzard, il produttore di videogame per computer famoso per titoli come “Call of Duty” e “World of Warcraft”. La Court of Chancery del Delaware ha obbligato Vivendi a rinviare la prevista cessione da 8,2 miliardi di dollari della quota di maggioranza detenuta nel capitale dello sviluppatore di videogiochi californiano.
La cessione di Activision Blizzard era stata annunciata a fine luglio, ma La corte statunitense ha stabilito che la transazione non può essere completata senza il voto, favorevole o meno, dell’assemblea degli azionisti dell’azienda californiana. La corte del Delaware è stata coinvolta in seguito alla presentazione di una querela da parte di un azionista di Activision Blizzard la scorsa settimana contro Vivendi e il consorzio di investitori composto dall’amministratore delegato della stessa Activision, Bobby Kotick, e dal copresidente Brian Kelly.
Vivendi e Activision Blizzard hanno risposto alla sentenza sottolineando il persistente impegno a procedere con l’operazione e in particolare a individuare le modalità migliori per perfezionarla senza ulteriori intoppi.
La cessione, che ridurrebbe la partecipazione di Vivendi nel capitale di Activision dall’attuale 61% al 12% circa, prevede che la società californiana acquisti quasi 429 milioni di azioni in mani francesi ad un prezzo di 13,6 dollari, per un controvalore di 5,93 miliardi di dollari. Parallelamente, il consorzio guidato da Kotick dovrebbe acquistare 172 milioni di ulteriori azioni per circa 2,34 miliardi di dollari.
L’operazione rientra nel piano di dismissioni varato da Vivendi per ridisegnare il proprio perimetro, per concentrarsi sul business dei media e dell’entertainment. La società francese ha inoltre avviato un’analisi interna per verificare le condizioni per procedere con uno scorporo delle attività ancora in portafoglio. Vivendi avrebbe intenzione in particolare di mettere in atto uno spin-off delle attività dei media e dell’entertainment, ossia Universal Music Group e Canal Plus, dalla divisione di telecomunicazioni francese Sfr. Un processo di focalizzazione fortemente voluto dal primo azionsita di Vivendi, il bretone Vincent Bollorè (nella foto).