L’offerta – riportata dalla stampa nei giorni scorsi – secondo cui Telefonica sarebbe pronta a offrire 750 milioni euro da parte per salire dal 46,2% al 70% di Telco, preoccupa la politica. L’ipotesi sta infatti suscitando polemiche, dato che andrebbe ad impattare sulla produttività del sistema Paese e determinare – avvertono i sindacati – circa 12mila potenziali esuberi, concentrati soprattutto nell’area commerciale. Secondo il vicemistro all’Economia, Stefano Fassina, si tratta di una cifra insostenibile”. “Il problema Telecom – ha evidenziato – credo che si possa affrontare senza conseguenze così drastiche”.
Preoccupato dei possibili effetti sul sistema Paese anche il senatore Pd, Massimo Mucchetti. ”L’iniziativa spagnola interpella l’Italia intera – dice – Governo e Parlamento devono intervenire. Il Pd non può distrarsi perché ha un congresso alle porte. Il Pdl non può ridursi a pensare solo al destino del suo padrepadrone”.
”La mossa di Telefonica potrà forse interessare i tre soci italiani di Telco – spiega il senatore – ma, allo stato attuale delle informazioni, non mi pare utile per l’azienda, il mercato finanziario e il Paese. Telefonica ha 66,8 miliardi di debiti finanziari e un patrimonio netto tangibile negativo per 22,4. Telecom ha 40 miliardi di debiti e un patrimonio netto tangibile negativo per 17. Sommate hanno un po’ di liquidità, 17 miliardi, ma è posta a garanzia del debito e costa più di quanto rende. Con i debiti che hanno tendono a non guadagnare piu’ abbastanza”. Telefonica insomma vuole Telecom ”per prendersi il mercato italiano, che resta importante, a prezzo vile. Poi venderà Tim Brasil e Argentina per ridurre il debito”. L’Italia invece non può permettersi ”di perdere il controllo sul primo operatore di telefonia dopo averlo perso su Omnitel, Wind, Fastweb e H3g. L’Italia ha poche grandi imprese, non può perderle”.
Mucchetti propone che il numero uno di Telefonica, Cesar Alierta, ”venga ad illustrare i suoi progetti al Parlamento e al governo, il quale – aggiunge – dovrebbe subito completare la normativa sulla golden share a tutela delle risorse strategiche nazionali, comunicazioni comprese”.
Adusbef e Federconsumatori, preoccupate dall’ennesima manovra, che vorrebbe scippare un asset importante di un’azienda strategica come Telecom Italia a prezzi di realizzo, la cui rete è stata finanziata dai consumatori italiani tramite il pagamento del canone e delle bollette telefoniche, “chiedono che il governo intervenga, anche tramite la Cassa Depositi e Prestiti, per impedire che possa diventare una colonia spagnola, in ossequio ai desiderata di Telefonica e alle smodate ambizioni di Cesar Alierta”. Le associazioni chiedono al Governo “di porre il veto così come previsto dalle normative di legge su Telefonica, la cui finalità è stata quella di paralizzare l’azione del cda della Telecom per impedire la concorrenza e di puntare sullo spezzatino per fare di Telecom un’azienda residuale”.
Oggi il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, ha sottolineato che “Telecom Italia ha altri problemi oltre al ruolo della Cassa Depositi e Prestiti”. “Con Cdp il dialogo va avanti su tanti asset, perché Cdp può e deve svolgere un ruolo fondamentale in questo momento in cui stiamo guardando al rilancio del paese e alla crescita del paese nelle infrastrutture – ha spiegato Lupi a margine di un congresso a Milano – Penso al ruolo che può svolgere nelle infrastrutture strategiche che riguardano i collegamenti dell’Italia. Cdp potrà svolgere un ruolo anche su altre infrastrutture, ma credo che il problema di Telecom non sia solo il ruolo di Cdp, mi sembra che abbia altri problemi”.
Secondo indiscrezioni di stampa il piano di Alierta prevede che Telefonica salga subito oltre la maggioranza assoluta in Telco, incrementando la sua partecipazione fino al 70% e i soci italiani aspettano sei mesi, ovvero fino alla naturale scadenza del patto Telco a marzo prossimo, per uscire definitivamente dalla società di tlc.
Nel dettaglio gli spagnoli, che ora controllano il 46,179% della holding, dovrebbero acquistare in maniera proporzionale azioni dai tre soci italiani, nel dettaglio Generali con il 30,67% e Mediobanca e Intesa Sanpaolo con l’11,57% ciascuno. Di fatto acquistando dai soci italiani parte delle azioni Telco acquisterebbero anche del tempo supplementare che consentirebbe loro di guardare al nuovo piano industriale di Telecom e decidere tra aumento di capitale e scorporo della rete quale passaggio sia meglio fare per mettere in sicurezza la società.
Il termine per la disdetta del patto di Telco scade il prossimo 28 settembre, ma è escluso che i soci italiani possano aspettare fino all’ultimo le mosse degli spagnoli. Una decisione, dentro o fuori, dovrebbe essere presa entro la metà della settimana. Quello di cui sono tutti consapevoli, al tavolo delle trattative, è che il protrarsi dello status quo non accompagnato da una road map credibile per il suo cambiamento potrebbe essere dannosissimo per la societa’ e in particolare per le quotazioni del titolo in Borsa.
Sullo sfondo delle trattative per Telco si stagliano i ragionamenti che vengono fatti sul futuro della rete nella consapevolezza che il valore di Telecom Italia senza la sua maggiore infrastruttura sarebbe molto penalizzato e che e’ impensabile che un asset tanto strategico per il Paese possa finire della esclusiva disponibilita’ di un socio straniero.
La quadratura del cerchio sarebbe uno spin-off della rete che consenta al tempo stesso alla Cdp di entrare nel capitale e a Telefonica di deconsolidare parte del debito, incassando anche dei soldi per la cessione di parte delle azioni, senza pero’ far si che la società che conterrà l’infrastruttura esca definitivamente dal perimetro di Telefonica stessa.
Ma il presidente di Cdp, Franco Bassanini oggi è stato chiaro: “Cassa depositi e prestiti non si è mai espressa sull’ipotesi di un investimento in Telecom Italia“.
Intanto in vista del Cda del 3 ottobre, Franco Bernabè continua a lavorare sul progetto di societarizzazione che punta a separare le divisioni retail e business riunendole sotto Telecom Italia Services. Un progetto a cui è vincolato l’aumento di capitale da 3 miliardi chiesto dal presidente esecutivo.
Secondo gli analisti di Intermonte, “un incremento della quota di Telefonica dovrebbe portare a un successivo forzato disimpegno da Tim Brasil e Argentina, o al breakup, per problemi Antitrust e per evitare una ricapitalizzazione. Più favorevole un’ipotesi di aumento di capitale riservato per Cdp, anche se esistono ostacoli legati allo statuto della Cassa e forse divergenze al suo interno”, aggiungono gli esperti.
Per Banca Akros il Cda del 3 ottobre “resta cruciale per capire le intenzioni di Telecom, che con una cristallizzazione dell’attuale struttura dell’azionariato potrebbe annunciare una nuova organizzazione, con nuovi investimenti e potenzialmente un aumento di capitale”. Il congelamento del riassetto di Telco, riportato nei giorni scorsi dalla stampa, “farebbe guadagnare tempo alla società ma non risolve alcuna delle questioni sottostanti, in particolare il rafforzamento patrimoniale per evitare un downgrade del gruppo”, affermano gli esperti, secondo cui “chiaramente ogni possibile scenario coinvolgerà Telefonica e passerà via Telco, senza alcun beneficio diretto sugli azionisti di minoranza”. Un driver per le decisioni degli spagnoli, spiega Akros, potrebbero essere “le implicazioni antitrust in Brasile”. In generale, secondo gli analisti l’azione Telecom I. presenta una debolezza di breve, ma limitati rischi di calo in vista dello scorporo della rete e” di eventuali mosse in Brasile.
Gli esperti di Credit Suisse hanno confermato sul titolo il rating neutral e il target price a 0,75 euro, anche se hanno tagliato le stime “per riflettere i risultati del 2° trimestre, i cambi e il recente andamento del settore”. Si aggiunge poi a questo, continuano gli esperti, “il taglio dei prezzi effettuato dalla società durante il periodo estivo”.