L'OPERAZIONE TELEFONICA

Letta: “Capitali europei potrebbero aiutare Telecom”

Il presidente del Consiglio interviene dopo gli appelli dei sindacati e dei partiti. “Vigileremo sui profili occupazionali e sugli aspetti strategici per l’Italia”. Il ministro dello Sviluppo economico, Zanonato: “Difficile sostenere che TI sia diventata spagnola”

Pubblicato il 24 Set 2013

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Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha promesso che il governo vigilerà “sui profili occupazionali e sugli aspetti strategici per l’Italia” nell’acquisizione di Telecom da parte di Telefonica, ma ha sottolineato che “capitali europei potrebbero aiutare Telecom a essere migliore rispetto a come è stata in questi 15 anni”, ha detto. “Dopo di che vorrei ricordare a tutti coloro che stanno parlando in questo momento che Telecom è stata privatizzata e che di tutte le privatizzazioni italiane credo che non sia stata uno dei più grandi successi. Quindi, anche se arrivassero dei capitali europei credo che questi capitali europei potrebbero aiutare Telecom ad essere migliore di come è stata in questi 15 anni”, ha concluso. Una presa di posizione che giunge solo a fine giornata dopo i numerosi appelli al governo da parte di sindacati e politici. In un primo momento sembrava che l’esecutivo avesse scelto di “chiamarsi fuori”.

Per il ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, è “difficile sostenere” che, con la salita di Telefonica in Telco, “Telecom Italia diventi spagnola”. A margine di un appuntamento nel veneziano, il ministro ha lamentato, riferendosi alle ricostruzioni sui giornali, che “c’è molta confusione su queste cose”. “Telco, che possiede un 20% di Telecom Italia, era già a maggioranza Telefonica, che passerà dal 46 al 61%. Mi pare che sia dura sostenere che Telecom diventa spagnola”, ha detto.

Intanto questa mattina il presidente di Telecom Italia Franco Bernabè ha incontrato in mattinata il viceministro allo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni Antonio Catricalà. Il colloquio e’ avvenuto nella sede del dicastero a Largo di Brazza’.

Secondo l’accordo , raggiunto nella tarda notte, in una prima fase Telefonica sottoscriverà un aumento di capitale per complessivi 324 milioni di euro a 1,09 euro per azione: in cambio verranno emesse azioni di classe C prive del diritto di voto, convertibili in azioni con diritto di voto a determinate condizioni. L’agenzia di rating Moody’s ha annunciato che non ci saranno impatti sulla valutazione del merito di credito da questa operazione.

L’obiettivo è quello di fornire a Telco le risorse per rimborsare una prima parte dell’indebitamento finanziario a scadenza il prossimo novembre, mentre i residui 700 milioni saranno interamente finanziati da Mediobanca e Intesa in parti uguali. A seguito dell’aumento, Telefonica avrà il 66% di Telco, di cui il 46,2% con diritto di voto, Generali il 19,32%, con diritto di voto per il 30,6%, e Intesa e Mediobanca il 7,34% entrambe, con diritto di voto pari all’11,6%. Contestualmente all’aumento, Telefonica acquisterà pro-quota una parte del prestito obbligazionario Telco fino al 70% del totale, in cambio di azioni proprie al valore di 10,86 euro ciascuna.

Telefonica, poi, dopo le autorizzazioni previste dalle Autorità, sottoscriverà un nuovo aumento di capitale di Telco per 117 milioni di euro, sempre senza diritto di voto, convertibile poi in azioni ordinarie con diritto di voto, fino a raggiungere il 70% di Telco. Gli spagnoli potranno salire al 100% della holding a partire dal prossimo anno: l’opzione, però è soggetta all’autorizzazione delle autorità di Brasile e Argentina. Il prezzo fissato per l’ultima tranche è sarà nella parte alta della forchetta compresa tra 1,1 euro e il valore di mercato previsto al momento dell’esercizio. In caso di esercizio dell’opzione di acquisto, Telefonica sarà obbligata ad acquistare a valore nominale anche tutte le quote residue del prestito obbligazionario Telco in mano ai soci italiani. Di fatto, Telefonica verserà 441 milioni cash per i due aumenti di capitali, ai quali si sommano 425 milioni di euro in azioni Telefonica (quelle che trasferirà ai soci italiani in cambio del prestito obbligazionario). Tra carta e contante, l’operazione vale 850 milioni circa.

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