CONCORRENZA

Google costretta allo spezzatino? Negli Usa si apre il dossier



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Lo scorso agosto la sentenza che ha stabilito l’abuso di posizione dominante nel searching. Ora il Dipartimento di Giustizia rincara la dose e in un corposo documento inviato al giudice Amit Mehta apre all’ipotesi di “cambiamenti strutturali” che potrebbe tradursi nella scissione di alcune attività, a partire da Chrome e Android, per riequilibrare il mercato

Pubblicato il 9 ott 2024



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Google deve cambiare il suo modello di business e aprire il suo motore di ricerca alla concorrenza: è la raccomandazione emessa dal Dipartimento di Giustizia americano che fa seguito alla condanna del gigante tecnologico per monopolio arrivata a inizio agosto. In un documento di 30 pagine inviato al giudice federale Amit Mehta a Washington, il Dipartimento di Giustizia Usa (Doj) fa riferimento a possibili cambiamenti “strutturali”, un termine che molti osservatori traducono in una raccomandazione alla scissione delle attività. I rimedi proposti guardano anche al futuro: l’obiettivo è evitare che il “dominio” di Google si estenda al nascente e redditizio settore dell’intelligenza artificiale.

Google e la concorrenza, governo Usa in pressing

Lo stesso magistrato aveva giudicato Google colpevole di pratiche anticoncorrenziali nella gestione e promozione del suo motore di ricerca. La causa aveva messo in evidenza le cifre sbalorditive pagate dalla sussidiaria di Alphabet per garantire l’esclusività di Google Search con i produttori di smartphone e browser internet.

Secondo il sito web StatCounter, Google rappresentava il 90% del mercato globale della ricerca online a settembre e addirittura il 94% per gli smartphone.

Per “rimediare completamente” ai danni arrecati alla concorrenza di mercato, scrive ora il Doj, occorre “non solo porre fine al controllo della distribuzione di Google oggi, ma anche garantire che Google non possa controllare la distribuzione di domani”.

Il Dipartimento di Giustizia potrebbe anche chiedere al tribunale di porre fine ai pagamenti di Google per avere il suo motore di ricerca preinstallato o impostato come predefinito sui nuovi dispositivi.

Il documento pubblicato ora dal Doj è solo una bozza delle raccomandazioni che lo stesso Dipartimento di Giustizia farà al giudice Mehta entro il 20 novembre. Google avrà la possibilità di proporre i propri rimedi entro il 20 dicembre.

Dai rimedi allo spezzatino: le strade per la riforma di Big G

Questa prima versione delinea una serie di strade per la riforma, tra cui l’obbligo per Google di rendere accessibili i dati e i modelli di programmazione utilizzati per generare risultati tramite il suo motore di ricerca.

Il Dipartimento di Giustizia sta anche valutando la possibilità di chiedere al giudice di vietare a Google di utilizzare o conservare i dati che si rifiuta di condividere con società terze.

Il governo degli Stati Uniti sta anche suggerendo la possibilità di impedire al gigante della tecnologia di utilizzare il suo browser Chrome, Google Play Store e il sistema operativo mobile Android per dare un vantaggio al suo motore di ricerca. Questa limitazione delle interconnessioni tra i vari prodotti del gruppo di Mountain View (California) potrebbe comportare cambiamenti “strutturali” – ed è qui che il Doj sembra puntare nella direzione di uno scorporo di attività.

La questione dell’intelligenza artificiale

Le correzioni proposte mirano anche a evitare che il dominio passato di Google si estenda al crescente business dell’intelligenza artificiale, hanno detto i pubblici ministeri.

Il Dipartimento di Giustizia potrebbe, per esempio, cercare di rendere disponibili ai rivali gli indici, i dati e i modelli utilizzati per la ricerca di Google e le funzionalità di ricerca assistita dall’Ai.

Potrebbero anche essere imposti dei paletti alla possibilità che Google stipuli accordi che limitano l’accesso dei concorrenti dell’Ai ai contenuti web. Google potrebbe anche essere costretta a lasciare ai siti web la libertà di fare opt out da Google e utilizzare i loro contenuti per addestrare modelli di intelligenza artificiale.

La replica di Google: Dividere Chrome e Android sarebbe distruttivo

“Dividere Chrome e Android li distruggerebbe e distruggerebbe molte altre cose”, ha detto Google in una dichiarazione pubblicata sul suo sito web. Una separazione forzata “cambierebbe il loro modello di business, aumenterebbe il costo dei dispositivi e minerebbe Android e Google Play nella loro competizione con l’iPhone e l’App Store“, afferma il colosso di Mountain View.

Per quanto riguarda un’eventuale condivisione dei dati di ricerca e dei risultati con altri attori di Internet, ciò “rappresenterebbe un rischio per la protezione dei dati e la sicurezza”, sostiene l’azienda californiana. Per Google, le raccomandazioni del governo degli Stati Uniti “vanno ben oltre le questioni legali affrontate in questo caso”.

Google sostiene che il suo motore di ricerca ha conquistato utenti con la sua qualità e sottolinea che la concorrenza di mercato esiste ed è serrata; inoltre gli utenti possono scegliere altri motori di ricerca come impostazione predefinita.

Sulle proposte relative all’intelligenza artificiale, per Google possono soffocare la crescita del mercato: “Ci sono enormi rischi se il governo interviene in questo settore vitale – limitare gli investimenti e gli incentivi, danneggiare i modelli di business emergenti – proprio nel momento in cui abbiamo bisogno di incoraggiare gli investimenti”, ha detto Google.

La sentenza di agosto e gli altri guai di Google

Google ha agito illegalmente per mantenere un monopolio nel settore della ricerca online. Così la sentenza emessa ad agosto dal giudice federale Amit P. Mehta della Corte distrettuale degli Stati Uniti per il distretto di Columbia: in 277 pagine il magistrato spiega che Google ha abusato di un monopolio nel settore delle ricerche online, dando sostanzialmente ragione al Dipartimento di Giustizia e ad alcuni Stati della Federazione che avevano intentato la causa nel 2020, accusando Google di aver consolidato illegalmente il suo predominio. Ciò sarebbe avvenuto in parte, secondo l’accusa, pagando ad altre aziende, come Apple e Samsung, miliardi di dollari all’anno (sono stati calcolati 26,3 miliardi nel 2021) per far sì che il motore di Mountain View gestisse automaticamente le query di ricerca sui loro smartphone e browser web.

Questi contratti di esclusiva hanno dato a Google la possibilità di bloccare potenziali rivali come Bing e DuckDuckGo di Microsoft. Secondo il giudice quella posizione di potere ha portato a comportamenti anticoncorrenziali, che devono essere fermati. Nello specifico, gli accordi esclusivi di Google con Apple e altri attori chiave nell’ecosistema mobile sono anticoncorrenziali, ha affermato Mehta. Google, ha aggiunto il giudice, ha anche applicato prezzi elevati nella pubblicità associata alla ricerca, che riflettono il suo potere monopolistico nella ricerca.

Alle questioni descritte si aggiunge una sentenza separata, arrivata a inizio settimana, da parte di un giudice degli Stati Uniti che ha stabilito che Google deve aprire il suo redditizio app store, Play, a una maggiore concorrenza, rendendo le app Android disponibili anche da store rivali.

Google sta anche fronteggiando un’altra causa col Dipartimento di Giustizia relativa a un presunto monopolio nella sua attività di pubblicità web.

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